LE CATASTROFI DEL PROFITTO… E I PROFITTI DELLE CATASTROFI

I movimenti tettonici hanno fatto tremare la terra d’Abruzzo e trecento persone sono morte sotto le macerie. Tante quante, non dimentichiamolo, una settimana prima erano state inghiottite dal mare nel Canale di Sicilia.
Due tragici eventi che non sono fatalità.
Seicento morti (ci si permetta, fautori della purezza italica o padana, di fare la somma!) che vanno ascritti sul libro nero non del destino ma di questa società capitalistica in cui gli interessi vengono prima della persona umana e della sua vita.
Nel Canale di Sicilia sono le leggi italiane contro l’immigrazione che spingono i disperati della terra a salire sulle carrette del mare; in Abruzzo è responsabile la sistematica violazione, spesso legalizzata, delle leggi.
Forse chi segue le TV di regime (dove tutto è “tragica fatalità” e tranquillizzante efficienza) non se n’è neanche accorto, ma anche questo terremoto è tornato a scoperchiare le stesse vecchie vergogne d’Italia.
Il terremoto abruzzese ci ricorda quanto la penisola italiana sia soggetta alle catastrofi naturali: terremoti, frane, alluvioni ed eruzioni. Ė quindi “normale” che periodicamente alcune zone vengano colpite da un terremoto.
E’ meno normale che in un paese tra i più industrializzati del mondo debbano morire 300 persone per un terremoto di intensità molto inferiore a quelli che in Giappone o in California quasi non fanno vittime.
 
Ciò che suona strano e scandaloso è

che in una zona notoriamente sismica crollino anche le costruzioni più nuove dichiarate "antisismiche",
che l’Ospedale – di recentissima costruzione sia inagibile al 95%,
che i primi soccorsi arrivino su camion da rottamare (i soldi ci sono per gli aiuti ai banchieri e agli industriali, per le spedizioni militari e per le armi, non ci sono per i disoccupati e per i pompieri),
che la villa di un costruttore non abbia nemmeno una crepa mentre quelle vicine sono in macerie:

i costruttori sanno come costruire! Ma perché le case degli altri e gli edifici pubblici li costruiscono senza il ferro e il cemento necessari?
 
Perché in questa società il profitto viene prima di tutto; anche della sicurezza e delle leggi quando ci sono, perché il denaro compra geometri, ingegneri, ispettori, consiglieri, assessori, ministri. Ciò avviene in tutto il mondo perché ovunque il denaro è al potere, ma in Italia in modo particolarmente pervasivo e sfacciato, in quanto lo Stato non è spesso neppure in grado di imporre gli interessi collettivi delle borghesia su quelli privati dei suoi membri, di far applicare le sue leggi.
Sotto la pressioni degli interessi dei palazzinari, forti in tutti i grandi partiti, lo Stato italiano chiude infatti più di un occhio. Se da un lato molte leggi impongono standard antisismici, le proroghe – varate dai governi di destra e di sinistra – hanno spesso permesso di non applicarli, e là dove non bastano le proroghe, arriva la tolleranza delle violazioni da parte di controllori e amministratori locali.
 
Intanto la ricostruzione del dopo-terremoto è già un grande business per quelle stesse imprese che hanno costruito le case che crollano. Il governo Berlusconi ha promesso affari per tutte le province italiane; in tutte le province è iniziata la corsa degli impresari per piazzarsi tra i ricostruttori. Ogni casa-bara, affari d’oro.
Non ci sarà da stupirsi se dalle macerie emergeranno altri morti: dicono che tra le centinaia di immigrati senza documenti che dormivano negli scantinati affittati in nero, non pochi vi abbiano trovato sepoltura. Senza nessuno che ne denunciasse la scomparsa, come nel Canale di Sicilia: senza identità in vita, buoni solo per un lavoro e un affitto in nero, senza identità nella morte.
 
Sono anche loro i “nostri” morti,
che ci spronano per la nostra battaglia per un mondo migliore.

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