L’embargo che
spaventa Teheran
Un rapporto del parlamento iraniano mette in guardia il governo sulla
vulnerabilità economica e sociale dell’IRAN a sanzioni combinate da parte dei
paesi occidentali: blocco importazioni raffinati del petrolio e prodotti
industriali, blocco esportazioni, rappresaglie contro le banche.
La
tentazione e i rischi di un "colpo militare"
Gli USA si preparano a un confronto con l’IRAN, ma le incognite di un
bombardamento sono molte: l’IRAN conserverebbe comunque parte dei siti nucleari
e potrebbe lanciare una rappresaglia; un attacco isolato degli israeliani
sarebbe ancora più difficile; le conseguenze diplomatiche nella regione
sarebbero enormi. Laurent Zecchini
L’embargo che spaventa Teheran
Un rapporto del parlamento iraniano
mette in guardia il governo sulla vulnerabilità economica e sociale dell’IRAN a
sanzioni combinate da parte dei paesi occidentali: blocco importazioni
raffinati del petrolio e prodotti industriali, blocco esportazioni,
rappresaglie contro le banche.
La commissione degli affari esteri
e della difesa del Majlis (parlamento iraniano) ha redatto a inizio settembre
(molto prima del voto del CdS ONU sulle sanzioni) un rapporto sulle eventuali
sanzioni economiche. Frutto di sei mesi di studi di economisti ed esperti
petroliferi, è stato trasmesso solo alle alte autorità iraniane.
Il rapporto segnala la
vulnerabilità dell’economia alle sanzioni, specialmente sul petrolio (l’85%
delle entrate vengono dal petrolio) e raccomanda di evitare con ogni mezzo le
sanzioni, sia con le relazioni economiche sia con la dissuasione militare.
Un embargo indebolirebbe la stabilità economica e il tasso di cambio
scoraggiando gli investimenti privati.
L’Iran dovrebbe usare le
risorse essenziali per impedire una forte caduta del tenore di vita di ampi
settori della popolazione che potrebbero mettere in crisi la stabilità interna. Intanto il governo iraniano
dovrebbe rassicurare la popolazione sull’improbabilità delle sanzioni e sulla
capacità di saperle affrontare, e mettere in guardia l’occidente sul rischio di
un aumento del prezzo del petrolio.
Il rapporto è un avvertimento
mascherato del parlamento verso il regime considerato troppo fragile per
resistere alle pressioni a causa della sua debolezza economica e finanziaria.
La commissione prende le distanze dalla linea dura di AHMADINEJAD, mettendo
in guardia dall’embargo dei prodotti petroliferi verso l’IRAN (che importa il
40% del mezzo milione dei prodotti petroliferi consumati al giorno: 3-4 mln $
annuali), il cui consumo è aumentato del 10% all’anno negli ultimi anni a causa
dell’irrisorio prezzo della benzina, dell’aumento del tenore di vita di una parte
di popolazione, del divieto d’importazione d’auto straniere, dell’aumento del
parco auto. La commissione insiste sulla necessità di diminuire il consumo
di benzina eliminando le auto vecchie o aumentando il prezzo della benzina e
razionandola; ogni tentativo in tal senso è sempre fallito e si è preferito
sovvenzionarla per tutelare la pace sociale. Cambiare politica
danneggerebbe l’immagine sociale del governo (AHMADINEJAD si è fatto eleggere
promettendo aiuti ai più poveri).
Le importazioni dai paesi occidentali:
40% UE (15,4 mld $ nel 2005 di cui 2,39 FRANCIA preceduta da GERMANIA e ITALIA)
e 10% GIAPPONE e SUD-COREA. Oltre il 60% sono attrezzature industriali vitali
per l’economia.
Le sanzioni bloccherebbero
la produzione dopo l’esaurimento delle scorte dei pezzi di ricambio (bastanti
per 3-4 mesi) e le rendite di 1,5-2 mld $ annuali. Potrebbero inoltre colpire
le banche iraniane.
L’embargo petrolifero avrebbe effetto nel tempo, ma effetti sociali maggiori
nel primo anno: bisognerà ritardare ogni misura che possa creare malcontento o
instabilità.
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La tentazione e i rischi di un "colpo
militare"
Gli USA si preparano a un confronto
con l’IRAN, ma le incognite di un bombardamento sono molte: l’IRAN
conserverebbe comunque parte dei siti nucleari e potrebbe lanciare una
rappresaglia; un attacco isolato degli israeliani sarebbe ancora più difficile;
le conseguenze diplomatiche nella regione sarebbero enormi.
Contrariamente a quanto consigliato dal rapporto
Baker-Hamilton, la Casa Bianca si prepara a un duro confronto con l’IRAN:
arresto di iraniani nel Kurdistan iracheno, spostamento delle portaerei Enterprise
e Stennis (dotate di missili anti-missile Patriot) nel golfo. Non
va escluso un colpo forte da Washington, anche nel tentativo di contrapporre
una vittoria sull’IRAN al disastro
iracheno.
Se ISRAELE incita gli USA ad agire, gli esperti militari
sanno che nessun bombardamento potrebbe distruggere completamente le
infrastrutture nucleari iraniane e quindi l’IRAN potrebbe lanciare rappresaglie
contro i villaggi israeliani a base di missili Shahab-3 (1.300 Km di gittata).
Proprio per questo, secondo alcuni esperti, ISRAELE deve
prepararsi subito ad attaccare, visto che le sanzioni non serviranno.
Senza autorizzazione USA, ISRAELE non violerà lo spazio aereo iracheno; dovrà quindi
passare a sud della penisola arabica
rifornendo in volo i suoi F-15, oppure usando lo spazio aereo turco grazie alle
buone relazioni con la turchia.
Ma ai militari israeliani mancano informazioni sia sui siti
nucleari (in buona parte sotterranei) sia sui missili iraniani (Shahab-3 e i 18
BM-25 presi dalla NORD-COREA e forse già operativi).
Inoltre le conseguenze diplomaiche e militari sono
incalcolabili. E’ su questo che contano i dirigenti iraniani.