DIETRO LE QUINTE
BRUXELLES — Il finlandese, Matti Vanhaven,
all’ultimo giorno da presidente di turno della Ue, si avventura sul campo
minato. Il Consiglio europeo di Bruxelles scorre placidamente verso conclusioni
tutto sommato innocue, quando Vanhaven comincia più o meno in questi termini:
cari colleghi, dovremmo tornare sulla questione della «passerella», dobbiamo
discutere se vogliamo rafforzare la nostra cooperazione in materia penale.
Il tema è tanto tecnico quanto politicamente strategico. La «passerella» cui
si riferisce il premier finnico è prevista nei Trattati, nei capitoli su
«giustizia e affari interni». In sostanza i Paesi dell’Unione Europea
potrebbero decidere, fin da subito, di passare dal voto all’unanimità a quello
a maggioranza qualificata nel settore della collaborazione tra magistrature e
polizie europee.Oggi basta il «no» di un solo governo a bloccare qualsiasi
tipo di misura comune. Sono maturi i tempi per un salto di qualità? La risposta
resta sospesa intorno al lungo tavolo ovale solo per pochi minuti. Quanto basta
perché Vanhaven concluda e si accenda il microfono di Tony Blair. Le parole
del premier inglese sono graffianti: passerelle? quali passerelle? Tutto quello
che ricorda la Costituzione europea non è un buon punto di partenza. E così
via. Il leader inglese affossa in pochi minuti il volenteroso tentativo dei
finlandesi. Ma soprattutto manda un messaggio chiaro alla cancelliera tedesca
Angela Merkel, che infatti, osserva in silenzio.
Sul semestre a guida tedesca, al via da gennaio, si stanno caricando enormi
aspettative (forse esagerate). Con l’ingresso di Romania e Bulgaria, l’Europa a
27 va verso una paralisi istituzionale ormai chiara anche ai più ostinati
cultori del «risultato concreto» (tra gli altri il presidente della
Commissione Josè Manuel Durao Barroso). Occorre rimettere mano alla macchina
delle istituzioni, bisogna semplificare il meccanismo delle decisioni in aree
chiave, come, appunto, gli affari giudiziari, la politica estera, l’energia,
eccetera. Gli inglesi, però, questo è il senso dell’intervento secco di Blair,
sono sempre lì, con il piede sul freno.
All’inizio del semestre britannico (1 luglio 2005) e, soprattutto, all’indomani
degli attentati di Londra (7 luglio 2005) sembrava che il Regno Unito volesse
abbandonare la tradizionale «autarchia» istituzionale, aprendo a una
collaborazione più stretta con gli altri governi europei, specie nel contrasto
al terrorismo. Le battute di Blair di ieri sulla «passerella» (lo strumento per
«istituzionalizzare» anche la lotta comune al terrore) cancellano ogni dubbio
sull’atteggiamento britannico. Tanto che il lussemburghese Jean-Claude Juncker,
uno dei più pungenti con il belga Guy Verhofstadt, si è subito allarmato: caro
Tony, ma così rischiamo di affossare tutto.
La Merkel, ieri, si è limitata a pronunciare qualche frase di circostanza.
Man mano che si avvicina il suo «momento europeo», la cancelliera sembra
raddoppiare prudenza e tatticismi. L’intenzione della leadership tedesca è sì
riavviare la discussione in tema istituzionale e costituzionale, ma mantenendo
vivo il dialogo con Londra. Non a caso la Germania tiene il fuoco basso sulla
proposta lanciata dallo spagnolo Josè Luis Rodriguez Zapatero, dallo stesso
Juncker e appoggiata da Romano Prodi: convocare a Madrid a fine gennaio una
riunione tra i leader dei 18 Paesi che hanno già ratificato la Costituzione.