Sudan – Un secondo Ruanda?/Bundeswehr – Dal Congo al Sudan?

Faz          061206

Sudan – Un secondo Ruanda?

Wolfgang Günter Lerch

Tesi Faz, atlantista, contro Cina:

Si sarebbero potuti fare passi più energici per risolvere il
conflitto in Darfur (leggi ONU, UE, USA), se il presidente sudanese non avesse l’appoggio della
Cina
.

La Cina difende i propri interessi nei PVS portando avanti
una politica clientelare, di cui venivano accusati un tempo le potenze
coloniali occidentali.

Dubbi sulla possibilità di governare ordinatamente un paese
come il Sudan così differenziato dal punto di vista climatico e d etnico, che
con una superficie di 2,5 mn. kmè
più grande del Congo.  

–   La costante
di tutti i conflitti in Sudan e nel Chad è la contesa per i proventi
petroliferi.

–   Il conflitto
nel Darfur non è condizionato da contese religiose, gli abitanti sono musulmani
come quelli di Kartoum; da tempo gli scontri interessano anche l’Est del vicino
Chad.

–   in Sud Sudan
di trovano i maggiori giacimenti petroliferi del paese; il conflitto tra la
capitale (nel Nord) e il Sud è complicato anche dalle differenze di religione,
con il Nord arabizzato e musulmano e il Sud cristiano o animista;

–   nonostante i
trattati che hanno posto fine alla guerra civile (con conseguenti accordi di
ripartizione di potere e petrolio N.d.T.) tra Khartoum  e il Sud, lo Stato centrale ora vuole
maggiori partecipazioni alla ricchezza petrolifera.

–  
L’intervento
della Cina a fianco del potere centrale sudanese, ha permesso a Khartoum di non
cedere alle pressioni occidentali

–   Aumentano le
richieste di intervento, per non rischiare un secondo genocidio come per il
Ruanda, dopo il fallimento dei tentativi di pacificazione dell’Unione Africana.

I disordini in Chad
sono collegati anch’essi alla contesa sui proventi del petrolio; vi interviene
la Francia, ex potenza coloniale, a favore del presidente in carica e dei
propri interessi politici ed economici.

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Faz          061206

Bundeswehr – Dal Congo al
Sudan?

Stephan Löwenstein, Berlin

*          Riacceso in Germania il dibattito su
un’altra missione militare in Africa, per la provincia del Darfur, ovest Sudan.

*        Sono sempre stati i socialdemocratici
(SPD) a proporre una nuova missione militari tedesca per porre fine ai massacri
in Darfur, in particolare la ministra per gli aiuti allo sviluppo
Wieczorek-Zeul e il capogruppo SPD, ex ministro della Difesa, Struck; di
recente il ministro Esteri Steinmeier si è detto favorevole a aumentare gli
sforzi militari della Germania.

*          Rispetto a queste posizioni della SPD,
appare moderata quella del ministro Difesa cristiano-democratico (CDU), Jung:
ci sono già due mandati per il Sudan che permettono l’impiego fino a 275
soldati tedeschi. Quando l’ONU, come programmato, riunirà assieme i due mandati
già esistenti per un’operazione complessiva «penso che noi tedeschi non
potremmo sottrarci ad tale richiesta».         

*        Faz: la direzione dell’Union (capogruppo
Kauder) pensa che sia già abbastanza difficile convincere i propri parlamentari
sulla necessità di nuove missioni, occorre portarceli passo per passo, senza
forzare in partenza con dichiarazioni di un consenso parlamentare preventivo
già esistente (come ha fatto il ministro Difesa cristiano-democratico CDU
Jung).

*        Nella CSU, ma anche nella CDU si
sospetta che i 275 soldati richiesti dal ministro Difesa servano un apripista
per una missione militare più ampia, con un scetticismo crescente sulle
prospettive offerte dalla missioni militari tedesche all’estero.

–   Contrario alla missione
in Darfur il capogruppo dell’Union
(cristiano-sociale, CSU e CDU), che richiama all’ordine i ministri che pensano
alla possibilità di una missione per il Darfur; l’Union non si lascia dettare
dalla SPD dove la Bundeswehr debba intervenire ancora all’estero; quando si
porrà il problema l’Union troverà una maggioranza.

–   Contrario ad una missione
tedesca per il Darfur il responsabile CSU per la Difesa, Raidel: bastano i faticosi compiti attuali assunti
con i precedenti impegni, critiche contro il ministro per gli aiuti allo sviluppo,
la socialdemocratica (SPD) Wieczorek-Zeul.

–   Critica dall’SPD Bartels contro
la “falsa retorica della
precipitazione
” del ministro della Difesa CDU Jung;

–   il
responsabile per la Difesa SPD
Kahrs condivide la preoccupazione della CSU che in una missione la Bundeswehr sia una delle “parti in guerra”.

–   Il governo
tedesco ha già deciso la proroga per 6 mesi del mandato AMIS già in corso da
oltre due anni, che consente la missione di 200 soldati per supporto logistico
alla missione Amis in Darfur dell’Unione Africana (AU). Finora gli interventi
tedeschi per Amis sono stati molto limitati.

–   Nel Sud
Sudan partecipano alla missione UNMIS 40 osservatori militari tedeschi,
disarmati, per controllare il rispetto della tregua tra i ribelli locali e il
governo centrale sudanese di Kartoum.

–   È stato
approvato un libro bianco in cui la Bundeswehr è definita come forze armate di
missione;

il Bundestag ha
prorogato di un anno anche la missione in Bosnia, con lo stesso numero di
soldati, 2400.

Faz      061206

Sudan – Ein
zweites Ruanda?

Von Wolfgang Günter
Lerch

Seit drei Jahren
schon wüten arabische Reitermilizen in Darfur

06. Dezember 2006

Immer beunruhigender
klingen die Nachrichten aus den Problemzonen Sudans. Seit drei Jahren vollzieht
sich in der Westprovinz Darfur Schreckliches, sterben Zigtausende entweder durch die Gewalt, die im
Namen der Zentralregierung in Khartum von den arabischen Reitermilizen der
Dschandschawid ausgeübt wird, oder durch Krankheiten in den Flüchtlingslagern.
Längst ist auch das Nachbarland Tschad in Mitleidenschaft gezogen worden, haben
die Kämpfe sporadisch auf dessen Osten übergegriffen
.

–    Immer
lauter werden auch die Stimmen jener, die davor warnen, noch länger die Augen
vor dem Völkermord in Darfur zu verschließen und nichts zu tun
, zumal sich der Westen und auch die
Vereinten Nationen vorgenommen hatten, es niemals mehr zu einem „zweiten
Ruanda“ kommen zu lassen. In diesem kleinen afrikanischen Staat waren unter den Augen der
Weltöffentlichkeit in kurzer Zeit 800.000 Menschen ermordet worden
.

Gegensätze zwischen
den Religionsgemeinschaften

 Die bisherigen Bemühungen der Afrikaner selbst, mit Soldaten einer
Eingreiftruppe Darfur zu befrieden, haben sich als weitgehend erfolglos
erwiesen
.

–    In
Tschad sind es die Franzosen, die ehemalige Kolonialmacht, die dort
Schutzfunktionen ausüben – zugunsten des amtierenden Präsidenten Idriss Déby
und natürlich auch um der eigenen politischen und ökonomischen Interessen
willen
.

–    Wie in so vielen Krisen verbirgt sich auch beim
sudanischen Konflikt hinter den ethnischen und/oder religiösen Spannungen
wirtschaftliches Interesse. In Darfur spielt die Religion keine Rolle, da die
Bewohner dieser Provinz Muslime sind wie die Sudaner in Khartum
.

–    Im
Konflikt mit dem Süden Sudans
, der nach vielen
Jahren eines blutigen Bürgerkrieges beigelegt werden konnte, aber
anscheinend wieder aufzuflammen scheint
, sind es auch Gegensätze zwischen den Religionsgemeinschaften,
die zusätzlich für Feindschaft sorgen, Animositäten zwischen der arabisierten Muslim-Bevölkerung im
Norden
, die das
gesamte Land beherrschen will, und den christlichen Sudanern oder
Naturreligionen huldigenden Bewohnern
des Südens mit ihren
Stammesstrukturen
.

Griff nach den
Einkommen aus dem Ölgeschäft

–    Die Konstante all dieser Konflikte ist in
den vergangenen Jahren mehr und mehr der Kampf um das Öl geworden
. Er hat auch die seit Präsident Numairi aufgebrochenen
Gegensätze verschärft
, doch auch Tschad, eines der ärmsten Länder der
Welt, ist seit einiger Zeit unter die Erdölproduzenten geraten.

–   
Die dortige Unruhe,
Spannungen zwischen dem Regime und der Opposition, die vor einigen Monaten mit
Hilfe der französischen Streitkräfte zugunsten der „Stabilität“, sprich des
Präsidenten Déby fürs
erste
beruhigt werden konnten, haben mit dem Griff nach den Einkommen aus dem Öl
zu tun
.
Aufständische wollten damals das
tschadische Staatsoberhaupt stürzen.

–    In Sudan, das nicht zu den klassischen Erdölstaaten der
Region gehörte, befinden sich die ergiebigsten Ölquellen in jenem
„unbotmäßigen“ Süden des Landes
, der davon auch besonders zu profitieren
hofft. Andererseits wird
auch der Drang des Regimes von Präsident Omar al Baschir in der Hauptstadt Khartum
,
trotz der vertragsmäßigen Beendigung des Bürgerkrieges selbst noch größeren
Zugriff auf dieses Erdöl zu haben, erklärbar.

Chinesische
Klientelpolitik

–    Was die Situation nicht einfacher macht,
ist die Tatsache, daß sich der
Wettkampf um das Erdöl gerade auch in dieser Region durch das Hinzukommen von
neuen Teilnehmern und Konkurrenten intensiviert hat
. Dies gilt besonders
für China, dessen
bevorstehender Aufstieg zur Großmacht, der nur auf der Grundlage einer massiven
Industrialisierung stattfinden kann, nicht zuletzt vom nahöstlichen Erdöl abhängt.

–    Die Beziehungen Pekings zu dem Regime in Khartum sind
denn auch gut und fügen sich in das schon seit
geraumer Zeit laufende wirtschaftliche und politische Engagement der Chinesen
auf dem afrikanischen Kontinent insgesamt
.

–    Möglicherweise hätten schon energischere Schritte zur Beilegung
des Konflikts in Darfur unternommen werden können, wenn Präsident Baschir nicht
die Unterstützung Pekings sicher wäre
.

–    Es zeigt sich, daß China, wenn es um seine ökonomischen
Interessen geht, in den Ländern der Dritten Welt eine ähnliche Klientelpolitik
betreibt
, wie
man das früher den westlichen Kolonialmächten nicht ohne Grund vorwarf
. Nicht
zu unterschätzen
ist freilich auch, daß Sudan mit seinen etwa
zweieinhalb Millionen Quadratkilometern Fläche noch größer ist als Kongo
.

–    Ob
dieser auch geographisch-klimatisch und besonders ethnisch so vielfältige
größte Flächenstaat Afrikas zwischen dem
zweiten Nil-Katarakt im Norden und der Äquatorialregion im Süden überhaupt
einigermaßen ordentlich zu regieren ist, bleibt fraglich
.

Text: Frankfurter
Allgemeine Zeitung

Bildmaterial:
F.A.Z., REUTERS

 Zum Thema

 "Sudan-Einsatz nicht ausweiten"

 Zentralafrikanische Republik: Im Windschatten
von Darfur

 Bundeswehr: Von Kongo nach Sudan?

 UN-Sondergesandter Jan Pronk: „Die AU hat
gute Truppen in Darfur“

 Sudan: Baschir gegen Hybrid-Truppe

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Faz      061206

Bundeswehr – Von
Kongo nach Sudan?

Von Stephan
Löwenstein, Berlin

 Gehören Afrikaeinsätze für die Bundeswehr bald zum Alltag?

01. Dezember 2006

–    Während die deutschen Soldaten in Kongo
und Gabun allmählich ihre Siebensachen packen, ist in Deutschland die
Debatte über einen weiteren Bundeswehreinsatz auf afrikanischem Boden voll
entbrannt.
Nachdem der Vorsitzende der Unionsfraktion, Kauder, „Mitglieder der
Bundesregierung“ schroff in
die Schranken gewiesen hatte, die über einen möglichen Einsatz in Darfur
„spekulieren
“, meldete sich auch das parlamentarische Fußvolk zu Wort.

Der CSU-Verteidigungspolitiker
Raidel
mahnte: „Nicht ständig neue Einsätze herbeireden, nicht täglich
neue Feldherrenhügel besetzen. Es reicht völlig, die bereits vorhandenen strapaziösen Hausaufgaben bei
den eingegangenen Engagements von Auslandseinsätzen zu erfüllen.

„Falsche Rhetorik
der Voreiligkeit“

Münzte Raidel seine
Kritik auf Entwicklungsministerin Wieczorek-Zeul (SPD), so griff der sozialdemokratische Abgeordnete
Bartels Verteidigungsminister Jung (CDU) an,
er betreibe eine „falsche Rhetorik der
Voreiligkeit
“.

–    Der SPD-Verteidigungspolitiker Kahrs
äußerte – ähnlich wie zuvor der CSU-Landesgruppenvorsitzende Ramsauer – die
Sorge, daß die Bundeswehr in einem solchen Einsatz „sofort Kriegspartei wäre“
.

–    Tatsächlich
waren es in erster Linie SPD-Politiker gewesen, die immer wieder einen
deutschen Militäreinsatz ins Spiel brachten
, um zu einem Ende des Mordens in der sudanesischen Provinz Darfur
beizutragen
. Neben
der Entwicklungsministerin war das vor allem der Fraktionsvorsitzende und
frühere Verteidigungsminister Struck
, doch zuletzt sprach auch Außenminister
Steinmeier davon, Deutschland müsse möglicherweise seine Anstrengungen „ausbauen
“.

–    Verglichen damit war geradezu
zurückhaltend, was der Verteidigungsminister
am Dienstag in Dresden
(wo gerade der CDU-Parteitag abgehalten wurde) im Frühstücksfernsehen sagte. Jung wies darauf hin, daß es
bereits zwei Sudan-Mandate gebe
, die den Einsatz von insgesamt 275
Soldaten zulassen
. Wenn die Vereinten Nationen wie geplant die beiden
Mandate zu einer Gesamtoperation zusammenlegten, „dann werden wir uns, denke
ich, einer solchen Anfrage auch nicht verweigern
.“ Über den Umfang, etwa
eine mögliche Ausweitung, zu sprechen, hütete er sich wohlweislich.

„Werden dafür eine
Mehrheit bekommen“

Daß seine Kritik vor
allem als Jung-Kritik wahrgenommen würde, wenn er sie nicht ausdrücklich gegen
andere richtete, darüber wird sich Kauder im klaren gewesen sein. In seiner Parteitagsrede hatte
er sich zuvor noch ausdrücklich gegen die SPD gewandt: Die Union lasse sich von
ihr nicht diktieren, wo die Bundeswehr im Ausland noch zum Einsatz kommen
solle.
Was dann wohl den Ausschlag für das „friendly fire“ gegen Jung
gegeben hat, war dessen Antwort auf die Frage, ob er mit einer Mehrheit im Bundestag
„dafür“ rechne: „Ich denke, wenn sich die Situation so stellt, werden wir dafür
auch eine Mehrheit bekommen.“

–    Es sei ohnehin schon schwierig genug, die eigenen Abgeordneten
von der Notwendigkeit von Einsätzen zu überzeugen
, so wird die
Überlegung der Fraktionsspitze gewesen sein
. Gerade weil es so wichtig sei, die Parlamentarier
Schritt für Schritt an die neue Einsatzwirklichkeit zu führen
, müsse man gegen solche
Äußerungen entschieden vorgehen, die eine Zustimmung des Parlaments von vornherein
als gegeben voraussetzten
.

Abwehrreaktionen
gegen „Türöffner“

–    Am Mittwoch abend beschloß das Bundeskabinett zunächst, das bestehende
„Amis“-Mandat ein weiteres Mal für ein halbes Jahr zu verlängern
. Es läßt
den Einsatz von bis zu 200 Soldaten zu, um der von der Afrikanischen
Union (AU) getragenen „Amis“-Mission in Darfur logistische Hilfe zu leisten
.

Das Mandat läuft seit mehr als zwei Jahren,
doch wurde es nur sehr sporadisch in Anspruch genommen: Insgesamt dreimal wurden Soldaten oder Polizisten
afrikanischer Länder transportiert,
diesen Sommer half ein Treibstofftechniker in El Fascher beim
Aufbau eines Tanklagers
; derzeit befindet sich nach Auskunft des Ministeriums ein Stabsoffizier dort.

–    Im
Süden Sudans
sind derzeit etwa 40 unbewaffnete Militärbeobachter
im Einsatz. Sie sollen im Rahmen der „Unmis“-Mission den fragilen
Waffenstillstand zwischen den dortigen Rebellen und der Regierung in Khartum
überwachen
.

So hat Jung im
Grunde nur die bestehenden Einsätze in Erinnerung gerufen. Besonders in den
Reihen der CSU, aber auch von CDU-Abgeordneten wird aber geargwöhnt, (si
sospetta) daß die bis zu 275 Soldaten einen „Türöffner“ für einen ausgeweiteten
Militäreinsatz darstellen sollen.
Dies ruft in einer Stimmung, in der insgesamt die Erfolgsaussichten
von Bundeswehreinsätzen im Ausland immer skeptischer beurteilt werden
,
die Abwehrreaktionen hervor, die gerade zu besichtigen sind.

Die Bundeswehr als
Einsatzarmee

Der Minister nimmt
das offenkundig wahr, findet aber immer wieder Formulierungen oder Zeitpunkte
für seine Äußerungen, mit denen er das Gegenteil des Gewollten hervorruft. So kündigte er jüngst an, die
internationale, also auch die deutsche Truppenpräsenz in Bosnien-Hercegovina
werde verringert. Wie um die Skepsis in den eigenen parlamentarischen Reihen
aufzunehmen, führte er die starke Auslastung der Bundeswehr an
: „Wir
sind in gewissen Bereichen an Grenzen angekommen
.“

Das wurde aber prompt im Kanzleramt als unglücklich empfunden, hatte man doch gerade erst das
Weißbuch beschlossen, in dem die Bundeswehr als Einsatzarmee definiert wird.

Der Bundestag beschloß übrigens am Donnerstag abend die Verlängerung des
Bosnien-Einsatzes um ein weiteres Jahr – mit unverändert bis zu 2400 Soldaten
.

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