Ma.G.
Il governo Olmert
attribuisce alla milizia sciita la responsabilità delle uccisioni di civili
GERUSALEMME — I documenti dell’esercito contro le
accuse d’aver commesso crimini di guerra. Sotto la pressione dell’opinione
pubblica mondiale per la condotta delle operazioni in Libano, Israele rilascia
video, foto e altro materiale militare per presentare la propria autodifesa.
Ossia, che le morti civili in Libano (almeno metà dei 1.000 uccisi nei 34
giorni del conflitto) sono state causate da una precisa tattica degli
Hezbollah: quella di nascondersi nelle aree urbane, costringendo Israele a una
«guerra cittadina» che avrebbe inevitabilmente fatto salire il numero delle
vittime innocenti, addossando poi la colpa allo Stato ebraico. In altre parole,
di aver combattuto da dietro gli scudi umani.
Il rapporto, realizzato dall’Intelligence and Terrorism Center, guidato dall’ex
colonnello Reuven Erlich, in collaborazione — è evidente dal materiale — con i
vertici militari, è stato pubblicato dal New York Times. Filmati ripresi dai
caccia. Come il camion coi lanciarazzi sul tetto che s’infila in un garage, e
viene bombardato. Il furgone che è una rampa di lancio per katiuscia
parcheggiato tra due case: polverizzato. Ville cogli sparakatiuscia sulle
terrazze.
«Uno studio che spiega il dilemma di Israele — dice Erlich — mentre affronta un
nemico che intenzionalmente opera dalle aree popolate. È la moderna guerra
asimmetrica. Non solo in Libano, ma anche a Gaza e in Iraq». Un ufficiale
degli Hezbollah, nello stesso articolo del New York Times, replica alle accuse:
«Abbiamo cercato di evitare le aree urbane, ma se i soldati d’Israele entravano
nei villaggi, li difendevamo».
Tra la documentazione, gli interrogatori a combattenti Hezbollah catturati.
Mohammed Srour, t-shirt bianca, barba rasata, ammette davanti alla telecamera
«di essere stato addestrato in Iran». «Portavo i razzi sul camion — dice —
sventolando sempre una bandiera bianca». Racconta che mentre la popolazione
fuggiva, consegnava le chiavi delle case agli Hezbollah. «A volte le
usavamo», pur sapendo che così rischiavano di essere demolite, «ma è meglio una
casa che brucia di una nuova occupazione di Israele».
Israele punta decisamente il dito, in questo tentativo di rispondere alle
accuse mosse da organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch
(o agli echi negativi delle scoperte che nel sud del Libano sono state piantate
mine), sull’uso spregiudicato della popolazione da parte degli uomini di
Nasrallah. «Operavano certamente tra una popolazione che li sosteneva —
rileva Erlich —. Ma cinicamente la usavano per i propri scopi». Un ex generale
dell’esercito libanese, Elias Hanna, ha più dubbi: «Hezbollah è responsabile?
Certo che lo è — dice —. Però nel sud, gli Hezbollah sono la società e la società
è gli Hezbollah: non puoi separarli. Se dici a uno di loro: "Tuo figlio è
morto", ti risponde: "No. È un martire"».