Davide
Frattini
A GERUSALEMME
GERUSALEMME — «Quando gli israeliani saranno
pronti a parlare seriamente di pace, possono telefonare alla Casa Bianca. Il
numero è 001-202-456-1414». Così James Baker aveva risposto sprezzante, durante
un’audizione al Congresso. Sono passati sedici anni. Il numero è rimasto lo
stesso e — sono convinti a Gerusalemme — anche l’attitudine dell’allora
segretario di Stato.
Ehud Olmert ha respinto le «raccomandazioni» proposte dal rapporto
Baker-Hamilton. «Abbiamo opinioni diverse», ha commentato. «Non vedo un
legame tra la questione irachena e il conflitto israeliano-palestinese». Il
primo ministro è convinto di avere il presidente George Bush dalla sua parte
(«per quel che so la pensa come me») e non è pronto ad accettare uno dei
suggerimenti diplomatici contenuti nello studio: restituire le alture del Golan
in cambio di un accordo di pace con la Siria.
«Il punto non è che cosa noi possiamo offrire a Damasco, ma che cosa loro
abbiano da offrire a Israele. Il fatto che la Siria destabilizzi il Libano e
appoggi Hamas dimostra quanto scarse siano le possibilità di intavolare
trattative nel prossimo futuro». Olmert vuole invece riaprire il dialogo con i
palestinesi («ci proveremo con tutte le nostre forze») e giudica
positiva l’iniziativa di pace proposta nel 2002 dall’Arabia Saudita
(«Contiene degli elementi interessanti che non vanno ignorati»).
Il premier ha ribadito il suo sostegno alla guerra in Iraq («La
deposizione di Saddam Hussein è stata un grande contributo alla stabilità della
regione») e ha ripetuto di non poter tollerare un Iran dotato della bomba
atomica. Il governo israeliano si è irritato anche con Robert Gates,
neo-ministro della Difesa americano, che aveva citato lo Stato ebraico tra le
potenze fornite di armi atomiche che circondano Teheran. «Israele non
conferma né smentisce di possedere ordigni nucleari — ha replicato il
vicepremier Shimon Peres —. È sufficiente il timore che noi li possiamo avere».
Gli israeliani hanno paura che Baker possa spingere per una svolta
diplomatica con i Paesi arabi, senza venire interpellati. Il Washington Times,
quotidiano legato ai conservatori americani, rivela che l’ex segretario di
Stato starebbe spingendo per una seconda conferenza di Madrid sul Medio Oriente
a cui partecipino anche i siriani e gli iraniani, ma non Israele. «Per come
la vede Baker — racconta una fonte della Casa Bianca — il vertice permetterebbe
agli Stati Uniti di ottenere un accordo, senza pressioni ebraiche».
Così a Gerusalemme ricordano di quando Baker avrebbe commentato, durante la
campagna elettorale del 1992, «vaff… gli ebrei, tanto non votano per noi». O
di quando aveva paragonato gli israeliani a dei tacchini: «Il trucco è farli
andare dove vuoi tu, alle tue condizioni. A quel punto controlli la situazione
e hai due opzioni: tirare il grilletto oppure no», aveva commentato a un
giornalista del settimanale Time, durante una battuta di caccia.