ALBERTO D´ARGENIO
Nel 2050 un terzo della popolazione avrà più di 60 anni
La UE: per sostenere il welfare di fronte
all’invecchiamento della popolazione europea occorre allungare l’età
pensionabile, favorire l’immigrazione e risanare le finanze pubbliche.
BRUXELLES – Allarme invecchiamento per l´Unione
europea. Nel 2050 solo il 23% dei cittadini del Vecchio Continente avrà meno
di 25 anni e un terzo della popolazione sarà costituita da ultrasessantenni. A
lanciare l´allarme è la Commissione Ue che in occasione del primo Forum
dedicato alla sfida demografica, la «bomba» del futuro, ha tracciato la strada
per combattere il fenomeno: allungamento della vita lavorativa, integrazione
degli immigrati e risanamento delle finanze pubbliche. E per Bruxelles la
partita deve essere giocata da subito, visto che in ballo ci sono la tenuta del
mercato del lavoro, del sistema sanitario, previdenziale e urbanistico.D´altra parte i dati resi noti dall´esecutivo comunitario parlano chiaro.
Tra il 2005 e il 2050 la percentuale di cittadini europei ultraottantenni è
destinata a triplicare, passando dal 4 all´11%, mentre gli ultrassessantenni
costituirannno un quarto della popolazione. Il tutto a causa di un significativo
aumento dell´aspettitiva di vita, che per le donne passerà dagli ottanta
agli ottantasei anni, mentre per gli uomini toccherà gli ottantuno anni (oggi
sono settantaquattro). E in Italia il problema dell´invecchiamento sarà
particolarmente sentito, con una media di anziani superiore a quella europea.
Le donne del Belpaese vivranno fino a ottantanove anni, mentre gli uomini fino
a ottantaquattro, portando a 53 milioni la popolazione italiana, di cui ben il
27% sarà di età compresa tra i 60 e i 79 anni. In aumento anche il numero di
ultraottantenni, che saranno il 14% della popolazione, con il simmetrico calo
dei giovani al di sotto dei 25 anni, che saranno solo il 20% della popolazione
(contro il 23 % europeo).
Una serie di dati che fanno gridare all´emergenza per la sostenibilità del
sistema sociale europeo. Anche se, almeno su questo fronte, l´Italia parte da
una situazione migliore rispetto ai partner Ue. Nonostante il 14,2 per cento
del Pil nostrano venga bruciato nelle pensioni, un dato superiore alla media
europea, grazie alle riforme del sistema previdenziale approvate negli ultimi
dieci anni la spesa crescerà solo dello 0,4%, rispetto al 2,2% del resto del
continente. Ragionamento valido anche per le spese relative
all´invecchiamento della popolazione – come quelle per sanità, assistenza agli
anziani, sussidi alla disoccupazione ed istruzione – che in Italia saliranno
dello 0,5% rispetto all´1,1% dell´Ue. Dati positivi ma che certo non vanno
sottovalutati. Ecco perché anche Roma, come le altre capitali europee, viene
richiamata all´ordine sulle politiche chiave per vincere la sfida
dell´invecchiamento.