Mario
Sensini
Il leader Cgil a cena nella residenza privata del
ministro
Venendo incontro ai sindacati, PADOA-SCHIOPPA avrebbe
incassato una loro “cambiale” per la riforma di pensioni e pubblica
amministrazione.
ROMA — Raccontano che Tommaso Padoa- Schioppa sia uscito
sorridendo da Palazzo Chigi, mercoledì della scorsa settimana. Reduce,
diceva, dalla «cena più cara della mia vita», quella con Romano Prodi e i
segretari di Cgil, Cisl e Uil «costata 3 miliardi di euro», ma soddisfatto
perché, aggiungeva, «forse ne vale la pena». Ieri, due giorni dopo
l’approvazione della Finanziaria, il ministro dell’Economia ne era ancora più
convinto. Anche perché, in un Paese dove ci sono due partiti della sinistra
radicale al governo, come ricorda spesso Padoa-Schioppa, il risultato non era
affatto scontato. Ed è toccato proprio a lui, ministro tecnico ed ex banchiere
centrale, con tutto quel di negativo che ciò rappresenta nell’immaginario dei
partiti comunisti, portarli a votare una manovra per loro indigesta.
Per farlo ha dovuto cedere non poco alla politica. La chiusura di una
finestra per le pensioni d’anzianità, saltata per l’opposizione di Paolo
Ferrero, ministro di Rifondazione con il quale Pa- doa-Schioppa ha instaurato
uno stretto rapporto personale. I soldi per il contratto del pubblico impiego,
che non c’erano e che alla fine sono venuti fuori. O i tagli per le Province e
i Comuni, ridotti sabato notte, a Finanziaria già approvata, di 200 milioni.
Dei «suoi» 15 miliardi per correggere il deficit, però, non ha toccato un euro.
Le risorse che i ministri hanno preteso le ha recuperate con altri tagli o
con nuove entrate, affidandosi a Vincenzo Visco. E il giorno del Consiglio
dei ministri ha colto tutti in contropiede. Aveva avuto richieste per 60
miliardi, ma da spendere ne aveva solo 15. E come aveva tagliato la manovra da
35 a 30 miliardi il 28 agosto, accusato dalla maggioranza di aver usato quanto
meno poca tattica, nel giro di un mattino l’ha riportata a quasi a 35. Senza
tattica politica, giocando allo scoperto. «Le scelte si pagano», ha detto
consegnando a tutti il testo della Finanziaria.
Oggi il ministro dell’Economia non fatica ad ammettere che «si poteva fare
di più». Sugli statali, la riforma della pubblica amministrazione, ha ricordato
dopo il Consiglio dei ministri, «abbiamo solo avvicinato il problema». E lo
stesso vale per le pensioni. Anche se Padoa- Schioppa è convinto di aver
incassato, con questa manovra, una specie di cambiale.
Non proprio in bianco, visto quel che è costata, ma da portare subito
all’incasso.
La Finanziaria 2007, per lui, «è un punto di partenza e non di arrivo», che
getta le basi per le riforme vere, solo accennate nella manovra: le pensioni,
la pubblica amministrazione. Rispetto al cammino da fare, il ministro ha molta
fiducia nell’atteggiamento dei sindacati. Nella settimana che ha portato
all’approvazione della manovra ha avuto strettissimi e frequenti contatti con
Guglielmo Epifani, segretario della Cgil. Martedì sera, prima degli incontri
ufficiali decisivi, lo ha invitato a cena nella sua casa romana.
Fatto sta che c’è un protocollo che impegna i sindacati ad una riforma della
previdenza ambiziosa, se il ministro ritiene che debba essere «quella
definitiva», ma anche a discutere nel prossimo contratto del pubblico impiego
non solo di retribuzioni, ma anche della riforma dello Stato, «che deve costare
di meno e rendere servizi più efficienti».
Si vedrà alla fine di marzo, quanto vale quella cambiale. Per il momento
Padoa-Schioppa si accontenta di aver ottenuto un risultato, portare il deficit
al 2,8% in un solo anno, che gli era parso di «difficile portata» come ha
confessato venerdì sera, già a luglio, subito dopo il Dpef. Di aver
allontanato, soprattutto, la sfiducia dei mercati in agguato, «pronti a
scatenarsi quando sentono l’odore del sangue». L’unico vero giudice che il
ministro teme. Perché le agenzie di rating che danno i voti di affidabilità sul
debito, e sulla politica economica dei governi, sbagliano eccome: «Alzano i
voti quando le cose vanno male, poi li abbassano quando cominciano ad andare
bene». Forse succederà anche con l’Italia, nelle prossime settimane. Ma non
sarà la loro reazione tardiva, «a rimorchio dei mercati», a creare scompiglio.
I prossimi passaggi cruciali saranno a Bruxelles, nell’eurogruppo e nell’Ecofin
di metà ottobre. Poi il cammino parlamentare della manovra. «Siamo all’inizio e
non al traguardo» ripete Padoa-Schioppa. Venerdì sera, al termine del Consiglio
dei ministri, davanti all’ascensore che li portava in sala stampa, ha detto a
Romano Prodi: «Allora presidente… Hai la tua legge finanziaria». E giurano
che il ministro, fatto inconsueto per lui, avesse la voce rotta dalla
commozione.