Giuseppe
Sarcina
Nei prossimi giorni il
dossier tornerà all’Onu. Tra i «cinque grandi» ancora qualche differenza
Solana: «Sul nucleare dovremo seguire un’altra strada». Ahmadinejad: «Noi
andiamo avanti»
BRUXELLES — Javier Solana, davanti al Parlamento europeo
a Bruxelles: «Al momento l’Iran non ha preso impegni per sospendere
l’arricchimento dell’uranio. Il dialogo non può durare all’infinito. Dovremo
seguire un’altra strada». Mahmoud Ahmadinejad, in un comizio a Teheran: «Sul
nucleare il popolo iraniano non arretrerà di un millimetro dai suoi diritti e
continuerà su questo sentiero di gloria». Il tempo del dialogo tra
l’inviato Ue per la politica estera e il governo degli ayatollah sembra finito.
Solana è preoccupato, oltre a essere personalmente amareggiato: gli
interlocutori iraniani lo hanno portato a spasso per un mese in Europa
(incontri a Vienna e Berlino) per poi ricondurlo al punto di partenza: nessuna
sospensione del programma che potrebbe portare all’atomica. «In queste
condizioni — riassume l’Alto rappresentante — è impossibile riaprire il
negoziato. Certo per noi la porta rimarrà sempre aperta. Ma ora sta agli
iraniani».
In realtà Solana, prima di intervenire a Bruxelles, davanti alla
Commissione esteri dell’Europarlamento, ha presentato un rapporto
dettagliato ai ministri degli Esteri dei cinque membri permanenti del Consiglio
di sicurezza dell’Onu, cioè Stati Uniti, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia,
nonché al capo della diplomazia della Germania (i «cinque più uno», la
cabina di regia della trattativa). Il percorso, a questo punto, appare segnato:
nei prossimi giorni il «dossier Iran» approderà al Palazzo di Vetro, a New
York. Del resto il lavoro su una nuova risoluzione, questa volta contenente
sanzioni contro Teheran, non parte da zero. Le diplomazie dei «cinque più
uno» hanno seguito, specie nell’ultimo mese, un approccio a due livelli con il
Paese degli ayatollah. Il doppio binario ha marciato in parallelo per
settimane: il 7 settembre scorso a Berlino gli «esperti» delle superpotenze
hanno cominciato a studiare eventuali «misure punitive». Ma nel frattempo le
cancellerie, specie quelle europee, puntavano sulla pazienza di Solana per
riportare la controparte Ali Larjiani al tavolo delle trattative (primo
incontro «esplorativo» il 12 settembre a Vienna).
Tra i «big» del Consiglio di sicurezza restano ancora differenze di
approccio. Gli Stati Uniti sono pronti con la bacchetta in mano. Ieri,
parlando dal Cairo, il segretario di Stato Condoleezza Rice si è sovrapposta
alle parole di Solana: «Il tempo stringe per la comunità internazionale se non
vuole perdere la sua credibilità». La Russia, riferiscono a Bruxelles, si
starebbe convincendo che non ci sono alternative alle sanzioni. I cinesi,
invece, resistono, ma potrebbe essere questione di poco. In ogni caso i
«cinque più uno» si muoveranno con gradualità. Sono all’esame restrizioni che
non «danneggeranno la popolazione». Niente embarghi o pesanti sanzioni
economiche, quindi. Ma, piuttosto, via libera a penalizzazioni per le forniture
militari destinate all’Iran. Questo nella prima fase, poi si vedrà. A Bruxelles
ormai rifiutano di fare previsioni: il governo di Ahmadinejad ha capovolto in
pochi giorni le aspettative di inizio settembre. Solana spera ancora in un
«secondo round», ma «sta agli iraniani decidere».