Germania, economia, Libano German
Foreign Policy 06-08-16
Guerra Civile
+ Intervista con il prof. Abdel-Raouf Sinno
(Abdel-Raouf Sinno storico, insegna all’Université Libanaise di
Beirut; scritti: “Gli interessi tedeschi in Siria e Libano 1841-1898”, Berlino
1982; “Il Libano oggi”, Trier 2000; studi sulle influenze esterne in Libano,
tra cui “La visita dell’imperatore in Oriente come riportata sui giornali arabi
contemporanei”; “Il conflitto dei due Stati tedeschi durante la Guerra Fredda”
1953-1972 in Libano;…
GFP: I tedeschi hanno degli interessi particolari da
perseguire in Libano?
A-R Sinno: Durante
la Prima e la Seconda Guerra Mondiale i tedeschi godevano di molto prestigio presso
gli arabi e i libanesi, questo tanto per la forza militare che per
l’importanza della scienza e della tecnica tedesche.
Una prima ondata espansiva tedesca in MO avvenne con
Guglielmo II; prima del 1871 erano solo le chiese tedesche a perseguire i loro
interessi in Palestina e Siria, ma gli scambi commerciali rimasero deboli;
venne accelerata la ricerca di nuovi mercati per i prodotti dell’industria
tedesca solo dagli ambienti economici del giovane impero tedesco, con
l’intensificazione del commercio tedesco in MO; la concorrenza tra i paesi
europei non si intensificò.
Con la creazione nel 1897 della Banca tedesca per la
Palestina (Deutschen
Palästinabank), appoggiata dal ministero degli Esteri, gli
ambienti economici tedeschi cercarono di offrire una migliore protezione agli
interessi tedeschi in Oriente. La Palästinabank riuscì presto ad imporsi contro
la Banque Impériale Ottomane e il Francese Crédit Lyonnais, ma la posizione
economica tedesca in Siria e Palestina rimase debole rispetto a quella di altre
potenze europee.
Il crescente conflitto tra Berlino e Parigi di metà anni
1880 si riflettè anche in Siria: le navi da
guerra tedesche perlustrarono dal 1887 le coste siriane, nel decennio
1890 si giunse a scontri con la Francia sulla difesa dei cattolici che vivevano
nel MO.
Scriveva nel 1898 il segretario agli Esteri tedesco: è
«utile in generale appoggiare tutto ciò che da una parte può danneggiare il
prestigio francese nel Levante e dall’altra mantenere vivo il nuovo antagonismo
dei cattolici tedeschi contro quelli francesi negli affari d’Oriente».
Il viaggio in Oriente di Guglielmo II nel 1898 rafforzò le
relazioni economiche tedesche e portò, tra l’altro, alla assegnazione della costruzione
della ferrovia di Baghdad a imprese tedesche.
Ad un anno dallo scoppio della Prima guerra mondiale, sulla
stampa tedesca (Kölnische Zeitung 16.07.1913): «Non si deve negare che lo stato
attuale della situazione assicura alla Francia una posizione superiore in Siria
e Palestina».
Dopo la Prima Guerra Mondiale, gli interessi all’export
della repubblica di Weimar portarono a
una nuova espansione in MO; in seguito ad un trattato commerciale con la GB, la
Germania divenne il secondo maggior partner commerciale della Palestina. Nel
Mediterraneo orientale Berlino rivendicava soprattutto la partecipazione allo
sfruttamento delle risorse petrolifere (1940). 1942: Scopo della nostra
avanzata nell’area araba oltre all’occupazione di Irak, Siria, Palestina, sarà
i canale di Suez e il Golfo Persico. Deve essere preparata la conquista di
impianti petroliferi nei vari territori di Arabia e Iran (Kirkuk, Khanekin,
Abadan, Kuwait, Bahrein).
Dopo la
Seconda GM la maggior parte dei libanesi fu favorevole alla RDT, sia per
gli aiuti economici che per la sua forza economica; nel conflitto tra Germania
Est e Ovest, la RFT ha rafforzato i propri interessi commerciali ed economici
in Libano, anche grazie alle relazioni culturali. Vennero infatti fondati a Beirut il Goethe Institut, il Deutsche
Orient-Institut e la deutsche Schule (Scuola tedesca).
–
Dalla Dichiarazione di Venezia della CEE del
1980, la Germania ha iniziato ad avere un
ruolo politico attivo nel conflitto MO; il Libano era solo ai margini,
l’attenzione era rivolta alla Palestina.
GFP: Il suo giudizio sulla politica estera tedesca verso il
Libano?
Sinno: Nell’aggressione
israeliana in corso la Germania della Merkel ha accolto la posizione americana,
incolpando Hezbollah… Con il governo Schröder la Germania ha avuto il ruolo di
mediatrice, un ruolo importante nello scambio dei prigionieri di Hezbollah con
quelli di Israele.
GFP: I progetti tedeschi di mediazione
con il coinvolgimento della Siria sono stati respinti da quest’ultima, che
intende mantenere una posizione autonoma (dichiarazioni del presidente siriano al ministro
Esteri tedesco steinmeier poco prima di un progettato incontro a Damasco, di
conseguenza annullato). Questi progetti incontrano anche l’opposizione della
Francia. Il fatto che le potenze che attuano una comune strategia verso
il MO non riescano a andare d’accordo e cerchino ognuna il proprio interesse
porta l’intera regione sull’orlo del caos, il cui programma è rappresentato dal
progetto Onu per un «Grande Medio Oriente», la nuova vittima è il Libano.
GFP: Quali settori economici attraggono in particolare le
imprese tedesche in Libano?
Sinno: Gli interessi economici e il commercio si concentrano
su prodotti come auto, elettronica, alimentari, articoli sportivi e per la
casa, abbigliamento, cosmetica, farmacologia, profumeria, etc.
GFP: Gli interessi francesi e tedeschi sono in concorrenza
in Libano? Quali i più forti?
Sinno: Dal punto di vista politico i tedeschi sono meno
forti dei francesi, cause: sviluppo storico del Libano e sue relazioni con la
Germania. A mio parere nella
strategia della Germania il Libano non occupa una parte importante del MO. I
tedeschi vogliono coinvolgere la Siria nella crisi attuale, i francesi no.
Continua la competizione franco-tedesca nel Mediterraneo orientale da quando le
imprese tedesche hano iniziato ad espandersi con forza in quest’area.
GFP: (La proposta tedesca alla Conferenza di NY è di
attività di ricognizione e sorveglianza, in particolare con navi da guerra
nelle acque libanesi, con unità di polizia tedesca ai confini libanese-siriani;
offerte anche unità della THW, Organizzazione Protezione Civile.) Ci sono
relazioni privilegiate siriano-tedesche che Berlino intende aggiornare?
Sinno: Ufficialmente
gli americani rifiutano un nuovo ruolo della Siria in Libano, mentre il governo
tedesco (Merkel e Steinmeier) è ufficialmente favorevole ad un ruolo attivo della
Siria nella crisi libanese. Non è però chiaro quale ruolo possa avere la Siria secondo la Germania.
Il dispiegamento di truppe tedesche e di altri paesi può avvenire solo con il
consenso del Libano, cioè di Hezbollah, di Siria ed Iran. La Germania vuole
presentarsi come mediatrice, ma Hezbollah non accetta di farsi disarmare. …
Io stesso
non sono favorevole ad una
missione militare tedesca in Libano, perché getterebbe il paese in una guerra
civile, sia perché Hezbollah non vuole farsi disarmare, sia perché il debole
governo libanese vuole farlo con la forza. La situazione è critica
riguardo al disarmo di Hezbollah, tanto più che Siria e Iran utilizzano
Hezbollah per i propri interessi. L’intervento tedesco non è in grado di neutralizzare
questo mix esplosivo tra gli interessi occidentali, arabi e iraniani. … Le
potenze europee, che pensano di averla vinta in Libano, saranno sconfitte.
German
Foreign Policy 06-08-16
Interview mit Prof. Abdel-Raouf Sinno
16.08.2006
BEIRUT
Über den
bevorstehenden Bundeswehreinsatz im Libanon sprach german-foreign-policy.com
mit Prof. Dr. Abdel-Raouf
Sinno.
–
Prof. Sinno ist Historiker und lehrt an der Université
Libanaise in Beirut. Seit seiner Promotion (Deutsche
Interessen in Syrien und Palästina 1841-1898, Berlin 1982) sind die
deutsch-libanesischen Beziehungen ein Schwerpunkt seiner Forschungen. Prof. Sinno ist Mitherausgeber des
Bandes "Der Libanon heute" (Trier 2000) und Autor zahlreicher
Studien über äußere Einflussnahme in dem nahöstlichen Land, darunter "The
Emperor’s Visit to the East as Reflected in Contemporary Arabic
Journalism" (in: Helene Sader, Thomas Scheffler und Angelika Neuwirth
(Hg.): Image and Monument 1898-1998, Beirut 1998), "Der Konflikt der beiden deutschen Staaten
während des Kalten Krieges 1953-1972 im Libanon" (in: Beiruter
Blätter 6-7, 1998/1999) und "Noch keine Verschmelzung, sondern
zerbrechliche Koexistenz. Der Libanon zu Anfang des 21. Jahrhunderts" (in:
Libanon – Brüche und Aufbrüche in einer multireligiösen Gesellschaft. Tagung
vom 25.-27.10.2002 in der Ev. Akademie Bad Boll).
german-foreign-policy.com:
Deutsche Militär- und Polizeieinheiten sollen auf libanesischem Territorium
stationiert werden – angeblich zur Friedenssicherung. Hat die deutsche Seite vielleicht sehr eigene
Interessen, die sie im Libanon verfolgt?
–
Prof. Abdel-Raouf Sinno: Während des Ersten und des Zweiten Weltkriegs hatten die Deutschen bei den Arabern
und Libanesen ein sehr hohes Prestige. Das hatte seine Ursache in der
militärischen Stärke Deutschlands, aber auch in der Bedeutung der deutschen
Wissenschaft und Technik.
–
Nach dem Zweiten Weltkrieg waren die meisten
Libanesen auf der Seite der BRD – wegen deren Wirtschaftshilfe
sowie wegen ihrer ökonomischen
Stärke. Im Rahmen des Konflikts zwischen den beiden
deutschen Staaten konnte die
BRD ihre Handels- und Wirtschaftsinteressen im Libanon ausbauen.
Kulturelle Beziehungen waren untrennbarer Teil der deutschen Bestrebungen. So wurden in Beirut etwa ein Goethe-Institut, das Deutsche
Orient-Institut und die deutsche Schule gegründet.
–
Seit der EG-Deklaration von Venedig 1980 begann
Deutschland eine aktive Politik im Nahost-Konflikt zu spielen. Der Libanon
stand dabei leider nur am Rande, das Augenmerk richtete sich vor allem auf Palästina.
gfp.com: Wie
beurteilen Sie die gegenwärtige deutsche Außenpolitik gegenüber dem Libanon?
Sinno: Während der
aktuellen israelischen Aggression übernahm Deutschland die amerikanische
Haltung und beschuldigte die Hizbollah wegen ihrer Politik gegen Israel. Man
kann unterscheiden zwischen der Regierung Schröder und der heutigen Regierung
Merkel. Bemerkenswert war die Rolle der Regierung Schröder beim Austausch von
Gefangenen der Hizbollah mit israelischen Gefangenen. Deutschland spielte die
Rolle eines Vermittlers.
gfp.com: Welche
Geschäftsfelder sind für die deutschen Firmen im Libanon besonders attraktiv?
Sinno: Die Wirtschaftsinteressen sowie der
Handel konzentrieren sich auf deutsche Industrieprodukte wie Autos, elektrische
und elektronische Waren, Lebensmittel, Haushalts- und Sportwaren, Bekleidung,
Kosmetik, Pharmakologie, Parfümerie usw. Wenn man ein gutes Auto kaufen
möchte, dann kauft man einen Mercedes oder einen Golf. Dasselbe trifft auf
elektrische und elektronische Waren aus Deutschland zu.
gfp.com:
Konkurrieren im Libanon französische und deutsche Interessen? Wer ist stärker?
Sinno: Politisch kann man nicht sagen, dass
die Deutschen so stark sind wie die Franzosen. Das hat seinen Grund in
der historischen Entwicklung des Libanon und seiner Beziehungen zu Deutschland.
Meiner Ansicht nach wertet die
deutsche Strategie den Libanon nicht als einen wichtigen Teil des Nahen Ostens.
Die Deutschen wollen, dass Syrien in die aktuelle Krise eingeschaltet wird, während
die Franzosen dies ablehnen.
gfp.com: Deutsche
Polizeieinheiten sollen an der libanesisch-syrischen Grenze zum Einsatz kommen.
Gibt es priviligierte deutsch-syrische Beziehungen, die Berlin jetzt
aktualisieren will? Spielt der Libanon dabei die Rolle
eines Sprungbretts?
Sinno: Während die Amerikaner offiziell jede neue
Rolle Syriens im Libanon ablehnen, hat die deutsche Regierung (Merkel und
Steinmeier) es offiziell begrüßt, Syrien aktiv in die Lösung der libanesischen
Krise einzubeziehen. Es ist aber
unklar, welche Rolle Syrien – nach deutscher Ansicht – spielen kann. Die Stationierung deutscher Truppen
sowie auch anderer ausländischer Truppen soll auf jeden Fall in Übereinstimmung
mit dem Libanon bzw. der Hizbollah, Syrien und Iran geschehen. Deutschland will
erneut als Mittler auftreten. Inzwischen lehnt es aber die Hizbollah ab,
sich entwaffnen zu lassen. Ich glaube, dass es sich in dieser Situation jeder
Staat gut überlegen sollte, ob er seine Truppen in den Libanon schicken will.
Auch Deutschland.
gfp.com: Israel
befürwortet die deutsche Truppenstationierung. Auch in der arabischen Welt hält
man ein deutsches Expeditionskorps für hinnehmbar…
Sinno: Ich selbst befürworte nicht, dass
Deutschland seine Truppen in den Libanon schickt. Dies wird den Libanon in
einen Bürgerkrieg stürzen – sei es, dass die Hizbollah es ablehnt, sich
entwaffen zu lassen, sei es, dass die schwache libanesische Regierung
dies mit Gewalt versucht. Die Lage scheint mir vor allem wegen der Entwaffnung der Hizbollah sehr kritisch
zu sein, zumal die Syrer sowie die Iraner den Libanon für ihre eigenen Interessen
benutzen. Eine deutsche
Militärintervention wird dieses explosive Gemisch nicht neutralisieren können.
Die europäischen Mächte, die hier zu gewinnen glauben, werden verlieren.
German Foreign Policy 06-08-16
Bürgerkrieg
BEIRUT/BERLIN
(Eigener Bericht) –
Vor der Entsendung von Bundeswehreinheiten in den Nahen Osten warnen
libanesische Kritiker vor einem neuen Bürgerkrieg. Auch eine deutsche Militärintervention werde das "explosive
Gemisch" aus westlichen, arabischen und iranischen Interessen "nicht
neutralisieren können", urteilt der Beiruter Historiker Prof. Abdel-Raouf
Sinno im Gespräch mit german-foreign-policy.com.
–
Während
in Berlin verschiedene Szenarien über die Truppengattungen kursieren, die im
Libanon intervenieren sollen, verweist
Sinno auf die Fortdauer der deutsch-französischen Konkurrenz, von der das
östliche Mittelmeergebiet betroffen ist, seit deutsche Unternehmen dort in
großem Maßstab zu expandieren begannen.
–
Im
"Greater Middle East", dem US-Entwurf einer arabischen Ressourcenkolonie,
entfalten sich innerwestliche Widersprüche und führen zu einer zunehmenden
Destabilisierung der gesamten Region.
Wie es in Berlin
heißt, wird
Verteidigungsminister Franz Josef Jung am morgigen Donnerstag auf einer
Truppenstellerkonferenz in New York das deutsche Angebot für die westliche
Libanon-Intervention vorstellen.
–
Nach
wie vor gilt die Übernahme von
Aufklärungs- und Überwachungstätigkeiten durch die Bundeswehr als möglich,
Militärpolitiker plädieren insbesondere für den Einsatz von Kriegsschiffen zur
Kontrolle libanesischer Hoheitsgewässer.
Auch könne die Bundespolizei die
libanesisch-syrische Grenze überwachen; ebenso sei das Technische Hilfswerk (THW) als
Ersatzeinheit geeignet, verlautet aus Regierungskreisen.
–
All
diese Vorschläge stoßen im Libanon auf Kritik. Er "befürworte nicht, dass Deutschland
seine Truppen in den Libanon schickt", erklärt der libanesische Historiker
Abdel-Raouf Sinno im Gespräch mit german-foreign-policy.com. Sinno ist Spezialist für die Geschichte
der deutsch-libanesischen Beziehungen und hält im Falle einer westlichen
Militärintervention einen neuen Bürgerkrieg für möglich – "sei es, dass
die Hizbollah es ablehnt, sich entwaffen zu lassen, sei es, dass die schwache
libanesische Regierung dies mit Gewalt versucht."[1]
Rückschlag
–
Wie
Sinno urteilt, versucht Berlin
seine Position im Nahen Osten erneut durch die Übernahme von
Vermittlungsfunktionen zu stärken und verfolge dabei eigennützige Ziele.
Die Bundesregierung wolle die
Truppenstationierung "auf jeden Fall in Übereinstimmung mit dem Libanon
bzw. der Hizbollah, Syrien und Iran" durchführen, beobachtet Sinno:
"Deutschland will erneut
als Mittler auftreten."
–
Bei diesen Versuchen erlitt die deutsche
Außenpolitik gestern einen Rückschlag. Der syrische Präsident
machte kurz vor einem vereinbarten Treffen mit dem deutschen
Außenminister klar, dass sich
sein Land in die Vermittlungspläne nicht einbinden lasse und auf einer
unabhängigen Position bestehe. Daraufhin musste Außenminister Steinmeier sein
Besuchsvorhaben in Damaskus absagen.
Konkurrenz
–
Das deutsche Mittlergebaren stößt auch in Paris auf
Widerspruch. Streitpunkt ist
der angemaßte deutsche
Anspruch auf Ordnungsbemühungen in der früheren französischen Kolonialsphäre.
Paris, das vormals über weite Teile des heutigen Libanon und Syriens herrschte,
verfügt in Beirut über erheblichen Einfluss. Dass der deutsche Außenminister
jetzt in Damaskus gescheitert ist, dürfte in Frankreich nicht ohne Genugtuung
zur Kenntnis genommen werden.
–
Seit deutsche Unternehmen in großem Maßstab zu
expandieren begannen, um sich neue Absatzgebiete zu erschließen, werden im
östlichen Mittelmeer deutsch-französische Konkurrenzkämpfe ausgetragen. Ziel ist es, bei der geopolitischen
Besetzung und Ausplünderung der arabischen Staaten eine führende Position einzunehmen.
Entsprechende Vorarbeiten
leistete die deutsche Außenpolitik lange vor ihren heutigen Schutzbehauptungen,
sie wolle das Existenzrecht Israels sichern.
Nationaler Rückhalt
Einen ersten bedeutenden Aufschwung nahm die deutsche
Nahost-Politik während der Herrschaft Wilhelms II. Vor
1871 verfolgten lediglich die deutschen Kirchen umfassende Interessen im
damaligen Palästina und in Syrien; der bilaterale Warenaustausch blieb
trotz einiger Handelsabkommen schwach. Erst die Wirtschaftskrisen des frühen
Kaiserreichs forcierten die Suche
nach neuen Absatzmärkten für die Produkte der deutschen Industrie und
intensivierten auch den deutschen Nahost-Handel. Eine Verschärfung der
innereuropäischen Konkurrenz blieb nicht aus.
–
Mit der Gründung der vom Auswärtigen
Amt unterstützten Deutschen Palästinabank im Jahr 1897 suchten Finanzkreise "den deutschen
Interessen im Orient einen besseren Rückhalt an einem nationalen Bankinstitute
zu bieten".[2] Während
es der Bank rasch gelang, sich gegenüber der Banque Impériale Ottomane und dem
französischen Crédit Lyonnais zu behaupten, blieb die deutsche Wirtschaftsposition in Syrien und
Palästina trotz eines spürbaren Aufschwungs im Vergleich zu anderen
europäischen Mächten relativ schwach.
"Frankreich
Abbruch tun"
Auch mit politischen
Einflussnahmen gelang es nicht, die europäischen Konkurrenten in Syrien und
Palästina abzudrängen. Die Mitte
der 1880er Jahre zunehmenden Konflikte zwischen Berlin und Paris
spiegelten sich auch in Syrien wider: Seit 1887 besuchten gelegentlich deutsche Kriegsschiffe
die syrische Küste, in den 1890er
Jahren kam es zu Auseinandersetzungen mit Frankreich um die
Schutzfunktion für im Nahen Osten lebende deutsche Katholiken. Es sei "im allgemeinen nützlich", schrieb der damalige
Staatssekretär im Auswärtigen Amt im Juni 1898, "alles zu unterstützen,
was einerseits dem französischen Prestige in der Levante Abbruch tun und anderseits
den neuerdings mehr hervortretenden Antagonismus der deutschen gegen die
französischen Katholiken in Orientangelegenheiten wachhalten kann".[3]
Die Orientreise
Wilhelms II. im Herbst 1898
stärkte die deutschen Wirtschaftsbeziehungen und führte unter anderem zum Bau
der Bagdad-Bahn durch deutsche Unternehmen. Dennoch resümierte die deutsche
Presse ein Jahr vor Beginn des Ersten
Weltkriegs: "Die Tatsache ist (…) nicht wegzuleugnen, daß der
heutige Stand der Lage Frankreich immer noch eine überlegene politische
Stellung in Syrien und Palästina sichert."[4]
Besetzung
–
Trotz des Zusammenbruchs am
Ende des Ersten Weltkriegs führten
Exportinteressen in der Weimarer Republik zu einer erneuten Nahost-Expansion.
–
Nach dem Abschluss eines Handelsabkommens mit
der Mandatsmacht Großbritannien entwickelte sich Deutschland schon bald
zum zweitwichtigsten Wirtschaftspartner Palästinas. Im östlichen Mittelmeer
verfolge Berlin vor allem "Ansprüche auf die Beteiligung an der Ausbeutung
von Ölquellen", erklärte das Auswärtige Amt im August 1940. "Diese Richtlinien
werden jedoch vertraulich zu behandeln sein", hieß es in einem
Rundschreiben des Ministeriums im Blick auf mit NS-Deutschland kollaborierende
Teile der arabischen Eliten: "Insbesondere dürfen sie nicht arabischen
Persönlichkeiten mitgeteilt werden."[5] Anfang 1942 konkretisierte eine für das Auswärtige Amt
erstellte Denkschrift die deutschen Nahost-Interessen: "Das Ziel unseres
Vormarsches im arabischen Raum wird neben der Besetzung der Länder Irak, Syrien
und Palästina der Suez-Kanal und der Persische Golf sein. (…) Vorbereitet
werden muss die Übernahme der Erdölanlagen in den verschiedenen Gebieten
Arabiens und Irans (Kerkuk,
Khanekin, Abadan,
Koweit, Bahrein)".[6]
Chaos
Die damals geplante Okkupation weiter Teile des Nahen
Ostens ist inzwischen gelungen oder steht bevor – durch eine Koalition der vormals verfeindeten Industriestaaten inklusive
ihres deutschen Konkurrenten. Da
sich die Beteiligten auf eine einheitliche Strategie nicht verständigen können
und ihre jeweiligen Vorteile suchen, gerät die gesamte Region an den Rand
des Chaos, dessen Blaupause der US-Entwurf für einen "Greater Middle
East" ist. Der Libanon ist das jüngste Opfer. "Die europäischen
Mächte, die hier zu gewinnen glauben, werden verlieren", urteilt Prof.
Sinno im Interview mit dieser Redaktion.
Das Interview mit
Prof. Abdel-Raouf Sinno finden Sie hier. Weitere Informationen über die
deutsche Libanon-Politik finden Sie in folgenden Texten: Kriegserklärung, Der Ermittler,
Dummy Foundations, Der Weg nach Damaskus und Der Vermittler
Bitte lesen Sie
morgen: Metamorphosen. Die deutsche Israel-Politik und ihr Nutzen
[1] Lesen Sie dazu
unser Interview mit Prof. Abdel-Raouf Sinno
[2] Karl Strasser:
Die deutschen Banken im Ausland, München 1925
[3] Abdel-Raouf
Sinno: Deutsche Interessen in Syrien und Palästina 1841-1898; Berlin 1982
[4] Kölnische
Zeitung 16.07.1913
[5] Rundschreiben
des Auswärtigen Amts vom 20. August 1940, zitiert nach: Rheinisches
JournalistInnenbüro (Hg.): "Unsere Opfer zählen nicht". Die Dritte
Welt im Zweiten Weltkrieg, Berlin 2005
[6] Zum Kaukasus,
zum Ural und weiter… Der deutsche Überfall auf die Sowjetunion am 22. Juni
1941; junge Welt 22.06.2001