ANGELO PANEBIANCO
Il Vecchio Continente e la sicurezza di Israele
La parte di EUROPA (nell’opinione pubblica e nei governi)
che attacca ISRAELE che si difende da Hezbollah preferisce i buoni rapporti col
Medio Oriente alla sopravvivenza di ISRAELE.
È stata una singolare doppietta. Il ministro degli
Esteri francese, Philippe Douste-Blazy, aveva appena lodato l’Iran esaltandone
il «ruolo di stabilizzazione nella regione» e subito il presidente dello stesso
Iran, Ahmadinejad, ha ricambiato la cortesia spiegando al mondo che la migliore
soluzione possibile della crisi libanese è la distruzione di Israele. E
Ahmadinejad, naturalmente, sa di che parla visto che l’Iran arma e manovra
quell’Hezbollah che all’impresa (distruggere Israele) è da sempre votato. Le
goffe avances dei governanti francesi all’Iran ben rappresentano
l’atteggiamento cinico di una parte dell’Europa e ci ricordano che esiste,
più subdolo e più ipocrita del «rifiuto arabo» (di Israele), anche un «rifiuto
europeo», o qualcosa che gli si avvicina molto. È proprio di chi in Europa non
manca mai di premettere che, certo, per carità, Israele ha diritto di vivere in
sicurezza ma poi smentisce con i comportamenti quanto affermato a parole.
Lo abbiamo visto al momento del bombardamento su Cana. I mass media
europei e fior di commentatori si sono tuffati sulla notizia dando degli
assassini, non a Hezbollah che lancia missili su Israele facendosi scudo di
civili cui impedisce di lasciare la zona degli scontri, ma agli israeliani. I
quali, aggrediti da Hezbollah (i cui mandanti sono siriani e iraniani), stanno
cercando di eliminare la minaccia. Se non ci fosse di mezzo il rifiuto
europeo nessuno potrebbe negare che se c’è un caso a cui è lecito applicare
l’antico concetto di «guerra giusta» questo è proprio il caso dell’intervento
israeliano in Libano.
Il rifiuto europeo si nutre di una sinergia fra atteggiamenti di settori dell’opinione
pubblica e calcoli di classi dirigenti. Per una parte dell’opinione pubblica
europea Israele è, più o meno, un avamposto dell’imperialismo americano in
Medio Oriente (come per il mondo arabo). È inoltre un fatto, ben presente alle
classi dirigenti, che l’Europa ha rapporti più vitali, di ordine geo-economico,
con arabi e persiani di quanti non ne abbia con Israele. Se un giorno Israele
venisse cancellato dalla carta geografica, una parte degli europei lo
considererebbe un dramma (e un colpo mortale inferto a tutto l’Occidente) ma
un’altra parte penserebbe, senza dirlo, che un ostacolo alle armoniose
relazioni fra Europa e Medio Oriente è stato tolto di mezzo. Sarebbe dire
il falso sostenere che questo sia l’atteggiamento prevalente in Europa. È però
un atteggiamento presente con il quale bisognerebbe fare i conti apertamente,
date le sue continue ricadute politiche.
Lo si vede anche in questa crisi. Chi non si preoccupa per la sicurezza di
Israele vuole, nella sostanza, un cessate il fuoco che sia preludio alla
ricostituzione dello status quo precedente alla crisi (che sarebbe una minaccia
mortale per Israele, amplificata dal fatto che Hezbollah uscirebbe vincente
dalla partita). Chi invece ha a cuore la sicurezza di Israele vuole radicali
cambiamenti, a cominciare dall’applicazione della risoluzione Onu 1559 sul
disarmo di Hezbollah.
C’è un’Europa per la quale la sicurezza di Israele viene molto dopo, nella
scala delle priorità, dei buoni rapporti, quale che ne sia il prezzo, con il
mondo islamico mediorientale, Stati canaglia compresi. C’è però, per fortuna,
anche un’altra Europa, diversa dalla prima. Forse, non resta che attendere i
risultati delle elezioni presidenziali francesi di primavera. Sperando che
indeboliscano il fronte del rifiuto europeo.