Via libera bipartisan su Kabul Quattro ribelli, Prc in difficoltà

Giuliano Gallo

L’amarezza di Giordano: privilegiati. E Paolo Cacciari
lascia la Camera

PRODI OTTIMISTA «A Palazzo
Madama non ci saranno problemi nella coalizione»

ROMA – A guardare i numeri, parrebbe un plebiscito: 549
voti a favore, solo 4 i contrari. Maggioranza e opposizione, di fatto uniti dopo
mesi di divisioni anche feroci, hanno votato insieme. Un plebiscito, appunto. E
invece il rifinanziamento delle missioni italiane all’estero, approvato ieri
dalla Camera dopo un dibattito durato un giorno intero, ha prodotto una
lacerazione profonda nella maggioranza, ma soprattutto in uno dei suoi tasselli
più importanti, Rifondazione Comunista. I quattro «no» infatti vengono tutti
dalle sue file. Un quinto deputato, Paolo Cacciari, ha addirittura preferito le
dimissioni in diretta ad un voto che non condivideva
. Romano Prodi si dice
«soddisfatto» della votazione, e assicura «di non essere preoccupato» per il
voto del Senato, dove la maggioranza è assai più esile che alla Camera. 

Ma ai
vertici di Rifondazione invece nessuno riesce a nascondere la rabbia. «È stata
una volontà di lesione in virtù di un privilegio, quello di sedere in un’aula
parlamentare, hanno violato un percorso democratico e partecipato seguito dal
partito», tuona il segretario di Rifondazione Franco Giordano
. Che comunque
assicura: «Al Senato non andrà così». Gennaro Migliore, che di Rifondazione
è il capogruppo, se possibile è ancora più duro. «Si rompe una comunità
politica», sentenzia lapidario. «I quattro deputati hanno provocato un grave
danno al partito»
. E allora, cosa può accadere al Senato? «Al Senato penso
che ci possa essere un ripensamento, anche perché oggi si è fatto un danno al
partito, domani si potrebbe fare un danno al Paese». Ma poche ore dopo, a
sera inoltrata, dal Senato arriva la notizia che l’aula ha respinto le dimissioni
dell’ex capogruppo Gigi Malabarba, che avrebbe dovuto cedere il posto a Haidi
Giuliani, la madre del ragazzo ucciso a Genova durante gli scontri del G8.
Malabarba è uno dei più tenaci assertori del «no» al rifinanziamento delle
missioni. Mettendoci anche un altro «no» annunciato, quello di Francesco
Cossiga, il margine di vantaggio della maggioranza sembra a questo punto
ridotto all’osso
. Ma c’è ancora tempo, prima della fatidica votazione,
prevista per mercoledì prossimo.
È stata una lunga giornata, quella di ieri. Aperta ancora una volta dal
ministro degli Esteri Massimo D’Alema, che ha affrontato fin dall’inizio il
problema delle divergenze all’interno della maggioranza: «Nessuno ha mai
nascosto che c’era dissenso sull’Afghanistan. C’è stato, alla luce del sole un
dibattito parlamentare, ed è naturale che chi si assume una responsabilità di
governo debba cercare un punto di sintesi con le altre forze politiche».
Nel dibattito hanno preso la parola praticamente tutti i leader, da Fassino a
Berlusconi. Il segretario dei Ds nel suo intervento è tornato sul tema del
Medio Oriente, precisando che «chi richiama il criterio di proporzionalità
nell’uso della forza non lo fa per pregiudizio anti ebraico o sottovalutando i
rischi a cui è sottoposto Israele». Mentre Marina Sereni, vice capogruppo
dell’Ulivo, preferisce parlare più in generale della politica estera. Con una
puntualizzazione importante: «Un cambio di segno nella maggioranza che governa
non deve necessariamente comportare un cambio nella politica estera del nostro
Paese». Ed è proprio in nome di questa continuità, replicheranno
dall’opposizione, che anche dal centrodestra arriva un fiume di «sì»
.

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