MARCO ANSALDO
Cina e Russia bloccano le
sanzioni sulla crisi dei missili
Il lancio di 7 ordigni nel Mar del Giappone rilancia la sfida nucleare
Il Giappone ha presentato una risoluzione di condanna
Bush considera quella nord-coreana "una nuova sfida al mondo"
Sette missili nordcoreani lanciati sul Mar del Giappone
preoccupano l´intera diplomazia internazionale, provocano l´unanime condanna
della comunità mondiale (eccetto il governo del Venezuela), ma le
sanzioni contro Pyongyang non scattano. Tutt´alpiù, nei prossimi giorni e se si
troverà il consenso necessario, ci sarà una risoluzione delle Nazioni Unite,
con l´augurio che la Corea del Nord torni presto al tavolo del negoziato,
abbandonato a novembre.
Il Consiglio di Sicurezza si è riunito ieri d´urgenza a New York, dopo i
lanci nella notte dei sette vettori – il temibile missile intercontinentale
a lungo raggio Taepodong 2 (capace di trasportare una testata nucleare), e
altri sei razzi di medio e corto raggio – sulle stesse rotte di una decina
di voli di linea che stavano atterrando negli aeroporti nipponici.
Il Giappone, appoggiato dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna oltre che
dalla Francia, ha premuto per l´applicazione di una serie di sanzioni,
scontrandosi però con il diritto di veto opposto dai due maggiori alleati del
Regno eremita di Kim Jong Il, Russia e Cina. Il progetto di risoluzione
presentato da Tokyo chiedeva il congelamento di fondi, beni e tecnologie che
la Corea del Nord potrebbe sfruttare per i suoi programmi missilistici. Un
testo che condanna ovviamente i lanci missilistici delle ultime ore e chiede a
Pyongyang di tornare al tavolo dei negoziati dei cosiddetti ‘Sei´ (le due
Coree, Usa, Cina, Giappone e Russia) sul nucleare, ma che rischia di essere
modificato in modo significativo. Dopo gli ambasciatori toccherà agli
esperti delle varie missioni diplomatiche lavorare per trovare un linguaggio
comune. Con Washington che sembra arrendersi a un´impasse, visto che
l´ambasciatore americano John Bolton, senza indicare scadenze, ha detto
semplicemente di sperare in un accordo nei prossimi giorni. «Sono incoraggiato
dalle prime discussioni – ha spiegato – perchè nessuno ha difeso la Corea del
Nord. È importante andare avanti in maniera prudente verso l´approvazione di un
documento che invii un segnale chiaro a Pyongyang. Lo spero possibile nei
prossimi giorni».
Gli americani si sono mostrati duri a parole. Il presidente George W.
Bush ha definito la decisione di lanciare una pioggia di missili «una
provocazione e una sfida alla comunità internazionale che ha finito per isolare
la Corea del Nord ulteriormente». Ma gli Usa non vogliono che la crisi dei
missili sfoci in un confronto bilaterale tra Washington e Pyongyang, e
insistono perchè Pyongyang torni al tavolo dei negoziati. «C´è un accordo –
ha affermato il presidente di turno del Consiglio, l´ambasciatore francese Jean-Marc
de la Sabliere – per reagire in maniera decisa e ferma». Mosca e Pechino
prediligono una morbida Dichiarazione della Presidenza, documento che richiede
l´unanimità, ma non è affatto vincolante.
Gli Stati Uniti preferiscono piuttosto premere sulla Cina, il vero protettore
della Corea del Nord, l´unico ieri a reagire consigliando a tutti solo di
«mantenere la calma». Ma Pechino, dice Washington, deve essere «molto, molto
ferma» con Pyongyang. «Abbiamo bisogno della Cina – ha detto Christopher
Hill, il capo della delegazione Usa nei negoziati a sei – come partecipe delle
trattative, e forse, ancora più importante, come guida del processo negoziale».
In Colorado intanto, nella base del Norad, il centro nevralgico della Difesa
Usa, a 730 metri sotto il granito di una montagna, gli Stati Uniti hanno posto
in stato di allerta i missili intercettori dispiegati in Alaska e California. «Ogni
lancio – ha commentato Bryan Withman, portavoce del Pentagono – è stato
individuato e monitorato». È la prima volta che lo scudo antimissile americano
– operativo dal 2004 – è attivato rispetto a una minaccia percepita.