Hamas pensa a una tregua di 50 anni "La pace la potranno fare i nostri figli"

ISRAELE, MEDIO ORIENTE

REPUBBLICA Giov.15/6/2006   Alberto Stabile
L´idea avanzata da un consigliere di Haniyeh. Annan: inchiesta internazionale
sulla strage della spiaggia

"Il futuro dirà se
Israele vuol stare in pace con noi"

GERUSALEMME – Alle pressioni interne e
internazionali di riconoscere Israele, Hamas risponde offrendo una tregua di
50-60 anni, e la possibilità di un accordo di pace in un futuro più lontano
,
se Isreale accetterà di ritirarsi dai territori occupati con la guerra del ‘67.
La proposta viene da una fonte autorevole, Ahmed Yussef, forse il principale
consigliere politico del premier palestinese Ismail Haniyeh, e non è senza
significato che l´esponente integralista abbia scelto un autorevole giornale
israeliano, come Haaretz, per lanciarla
.

È una sorta di periodo di prova quello che, in sostanza, suggerisce Yusef. «Noi
– dice – non pensiamo di riconoscere Israele, visto che Israele non riconosce i
nostri diritti»
. Tuttavia: «Se raggiungiamo una tregua di lungo periodo,
il futuro dirà se Israele vuole vivere in pace coi palestinesi»
. L´accordo
vero e proprio, frutto di un negoziato, può attendere. «Possiamo lasciare la
questione alle future generazioni». Mentre, a giudizio del consigliere di
Haniyeh, indubbi sono i vantaggi della tregua: «Voi – dice
all´intervistatore israeliano – avrete la pace cui siete interessati mentre noi
potremo risolvere i nostri problemi interni»
.
La prima cosa che salta agli occhi è la relativa importanza che l´esponente di
Hamas dà alla pace, come se fosse un valore che interessi soprattutto gli
israeliani e non anche il popolo palestinese. La seconda, è la profonda
differenza rispetto alla strategia perseguita del presidente dell´Autorità
palestinese, Mahmud Abbas (Abu Mazen), il quale, fiducioso che si possa
raggiungere la pace in tre anni
, non fa che sollecitare il governo
israeliano ad impegnarsi in un negoziato finale.
Latore di un messaggio dai toni moderati, Ahmed Yusef, s´è spinto anche a
ipotizzare che in futuro ministri del governo guidato da Hamas possano
negoziare con Israele, ovviamente su questioni pratiche, «a condizione che
serva gli interessi palestinesi». Rassicurante, almeno nelle intenzioni, Yusef
ha escluso che il governo palestinese abbia un ruolo nella decisione di
rinnovare gli attacchi terroristici contro Israele. «Rinnovare gli attentati
suicidi non serve gli interessi del nostro governo»
.
Come interpretare questa sortita? È probabile che Hamas abbia voluto
rilanciare la proposta di tregua per allentare la pressione sia della comunità
internazionale che dello stesso Abu Mazen
. Il movimento islamico rischia,
infatti, di uscire logorato dalla sua stessa intransigenza. Al boicottaggio
economico non ha saputo contrapporre una risposta politica
. Il risultato è
che, mentre centinaia di dipendenti dell´Autorità palestinese, senza stipendi
dal mese di febbraio, irrompevano nella sede del parlamento a Ramallah,
interrompendo i lavori, il ministro degli Esteri, Mahmud Zahar, varcava il
confine tra Gaza e l´Egitto con 12 valigie contenenti 25 milioni di dollari in
contanti, raccolti nel suo recente viaggio a caccia di sostegni tra i paesi
islamici. Venticinque milioni di dollari non basterebbero neanche a pagare un
mese di arretrati ai 165 mila dipendenti
.
Anche la recente offensiva israeliana contro i missili Qassam finisce con il
colpire la credibilità del governo integralista. Ieri, dopo che l´esercito
israeliano ha stabilito di non aver avuto alcuna responsabilità nella strage
sulla spiaggia, il segretario delle Nazioni Unite, Kofi Annan, giudicando
«strani» i risultati dell´inchiesta israeliana, ha chiesto un´indagine
internazionale.

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