ITALIA, CONFINDUSTRIA, POLITICA
CORRIERE Giov. 4/5/2006
Enrico Marro
ROMA – Qual è la prima cosa che il governo Prodi
dovrebbe fare? «Tagliare di 5 punti il cuneo fiscale sul lavoro in
questo primo anno e di altri 5 punti nel corso della legislatura», risponde il
vicepresidente della Confindustria, Alberto Bombassei.
Dieci punti saranno difficili da ottenere, soprattutto se il governo
dovesse mettere mano a una manovra bis di risanamento dei conti pubblici.
«La riduzione del cuneo fiscale e contributivo, che tra l’altro lo stesso
Prodi ha promesso, serve per riportare le aziende italiane in linea con quanto
pagano i nostri concorrenti. Fatto cento il salario netto, in Italia
l’impresa sopporta un costo di 184, contro 177 in Olanda, 161 in Spagna, 158 in
Norvegia, 131 in Irlanda. Certo, se ci tagliano cinque punti, ma ci aumentano
le tasse da un’altra parte, non ha senso. Qui si tratta di dare una spinta alla
competitività e di cogliere quei primi segnali di ripresa che si manifestano».
Ma non c’è il rischio che il taglio del cuneo sia come le svalutazioni
della lira che davano una boccata d’ossigeno alle imprese senza risolvere i
problemi strutturali?
«Confindustria sa che il taglio del costo del lavoro da solo non basta e per
questo ha indicato dove intervenire per cambiare le condizioni di fondo,
dalla liberalizzazione dei mercati al costo dell’energia, dalla formazione
all’innovazione».
I sindacati dicono che lo sconto andrebbe diviso a metà tra aziende e
lavoratori, in modo da far aumentare il salario netto.
«Anche noi diciamo che può esserci un beneficio per le retribuzioni, ma se
la manovra è fatta per migliorare la competitività delle imprese allora la gran
parte del taglio deve andare a loro, almeno i due terzi».
Se si tratta di spingere la competitività, lo sconto dovrebbe allora essere
limitato alle aziende che esportano.
«Sarebbe meglio concentrare il beneficio sulle imprese esposte alla
concorrenza, ma credo che in pratica sarà difficile fare una distinzione».
Col nuovo quadro politico i sindacati manifestano una gran voglia di
tornare alla concertazione. Anche la Confindustria?
«Pensiamo che il governo Prodi debba subito aprire una trattativa
con imprese e sindacati per il rilancio dell’economia. La Confindustria è
pronta e auspica che anche la Cgil, visto che ha vinto uno schieramento
"amico", sia disponibile».
Intanto due ex sindacalisti sono già saliti alla presidenza di Camera e
Senato. Che effetto le fa?
«Beh, adesso, visto che Ciampi non vuole essere rieletto, è il turno di
Angeletti! Battute a parte, Franco Marini e Fausto Bertinotti, hanno tutto il
nostro rispetto e siamo sicuri che interpreteranno al meglio il loro ruolo.
Certo, se ancora mi dicono che i sindacalisti non aspirano a far politica…».
Bertinotti ha esordito da presidente della Camera dicendo che la precarietà
è una condizione insostenibile. Ed è noto che vuole la cancellazione della
legge Biagi.
«Anche Confindustria è contro la precarietà, abbiamo sempre richiesto la
flessibilità governata ed è per questo che vogliamo il completamento della
legge Biagi con gli ammortizzatori sociali. Speriamo che Bertinotti sia il
presidente di tutti. Nell’industria il 95% degli occupati è a tempo
indeterminato. Se ci sono abusi in altri settori, con contratti a termine che
vengono ripetuti all’infinito, si sanzionino questi abusi ma non si cancelli
tutto quello che di buono c’è nella legge».
Molto dipenderà anche da chi sarà il ministro del Lavoro. Chi le piacerebbe?
«Preferisco non fare nomi, basta che sia un moderato e conosca i problemi».
E dell’ipotesi di Tommaso Padoa Schioppa al timone dell’Economia che ne
dice?
«Spero che nella squadra di Prodi ci siano molte persone di questo livello».
A proposito di economia. È vero che c’è la ripresa e che in questi anni c’è
stato un processo di ristrutturazione del sistema produttivo oppure, nonostante
qualche segnale di miglioramento, siamo ancora in declino?
«Sono vere entrambe le cose. L’Italia beneficia in parte della ripresa
europea. Molte aziende si sono innovate trovando nuovi sbocchi sul mercato, ma
restano ancora settori maturi in sofferenza. Per questo, ripeto, la congiuntura
favorevole è un’occasione che non possiamo permetterci di sprecare».