I partiti dell’Unione hanno trasformato questo 25 Aprile
nella loro kermesse, per festeggiare la risicata vittoria elettorale e la fine
dell’era Berlusconi. Per chi mira a gestire l’ordine sociale esistente per
conto dei padroni del vapore, è più che legittimo.La Resistenza che ha vinto nel 1945 è stata quella dei
Togliatti, dei Pertini e dei Saragat, dei La Malfa e dei Mattei: quella che
avrebbe garantito la continuità del sistema economico e sociale italiano,
nonostante la sconfitta militare, cambiandone solo la facciata politica. Quella
che avrebbe garantito alla borghesia la conservazione del monopolio dei mezzi
di produzione, nella repubblica democratica come nella monarchia fascista.
Questa resistenza borghese ha utilizzato la resistenza della classe lavoratrice italiana, fatta non solo di scontri armati
in montagna e in città, ma anche di scioperi e mobilitazioni nelle fabbriche,
mossa dalla ribellione alla guerra, ai razionamenti, ai bombardamenti e a tutte
le conseguenze della rovinosa avventura militare dell’imperialismo italiano. I
lavoratori non erano quindi animati da uno slancio patriottico ma
dall’aspirazione per una realtà migliore e una società più equa.
La
resistenza che facciamo nostra è quella di moltissimi comunisti che concepivano
la lotta partigiana come l’inizio della rivoluzione sociale, che combattevano non solo per la
fine del fascismo ma anche per eliminare il sistema capitalista che aveva
prodotto il fascismo e la guerra. Furono diverse le formazioni rivoluzionarie
che tentarono di dare un indirizzo comunista rivoluzionario alla lotta
antifascista: Stella Rossa (Torino), Bandiera Rossa (Roma), Il Lavoratore (alto
milanese)…
Furono
schiacciate dalla repressione non solo e non tanto del fascismo quanto da
quella del partito stalinista che con la svolta di Salerno (1944), aveva deciso di
collaborare col grande capitale italiano alla ricostruzione nazionale dove i
lavoratori continuavano a subire lo sfruttamento e i capitalisti ad ammucchiare
i profitti.
In questo 25 aprile che prelude al nuovo governo Prodi non
è possibile avvertire, e non vi può essere, odore di cambiamento reale; tant’è
che la coalizione di centro-sinistra è stata appoggiata dalla Confindustria e
da tanta grande stampa borghese.
Che l’antifascismo
ufficiale sia solo di maniera è dimostrato dal fatto che non ritiene opportuno denunciare le sue atrocità fasciste
commesse in Libia e in Etiopia, e sui massacri di oltre mezzo milione di serbi
commessi durante la Seconda guerra mondiale, per avvalorare la favola degli
“italiani brava gente” e coprire gli interessi dell’imperialismo italiano di
ieri e di oggi.
Per questo l’Unione ha taciuto in campagna sul ritiro
delle truppe d’occupazione italiane in Irak, di fatto acconsentendo – del resto
fu il governo D’Alema a partecipare alla guerra contro la Serbia per il
Cossovo.
Oggi è indispensabile riprendere il filo dell’antifascismo di classe,
di una tradizione di lotta non per gli interessi nazionali della borghesia ma
per una società senza sfruttamento e senza frontiere; è indispensabile
ricollegarsi alle lotte dei lavoratori non solo in Italia ma nel resto del
mondo, rifiutando ogni solidarietà patriottica e denunciando innanzitutto
l’imperialismo del proprio paese.
I
lavoratori non hanno patria, il nemico
storico è il capitalismo, oggi in forma
democratica, ieri in forma fascista.