L’annuncio-choc di Teheran «Siamo nel club del nucleare»

IRAN, NUCLEARE

CORRIERE Mer. 12/4/2006  
Cecilia Zecchinelli

Il presidente Ahmadinejad: «Compiuto il volere di tutto
il popolo iraniano»

Realizzato con successo
l’arricchimento dell’uranio

Aveva preannunciato che ieri sarebbe arrivata una «buona
notizia» per la Repubblica Islamica, il discusso presidente iraniano Mahmoud
Ahmadinejad. E anche se l’effetto sorpresa non c’è stato – il tema nucleare era
ovvio, e il suo ex rivale alle presidenziali, Hashemi Rafsanjani, aveva già
«bruciato» la notizia nel pomeriggio – le parole di Ahmadinejad in prime-time
alla tv nazionale sono state comunque una bomba. «Annuncio ufficialmente che
l’Iran ha raggiunto il club dei Paesi che hanno la tecnologia nucleare. E
questo è il risultato della resistenza della nazione iraniana»
, ha detto il
presidente dalla città santa di Mashhad, in una cerimonia solenne con le
massime cariche dello Stato e numerosi ambasciatori di Paesi vicini, a quindici
giorni dallo scadere del termine posto all’Iran dal Consiglio di Sicurezza
dell’Onu per congelare il programma di arricchimento dell’uranio. «Per la
prima volta – è stata la sfida di Ahmadinejad, tra urla di "Allah
Akbar"
– il 9 aprile siamo riusciti a produrre uranio arricchito sopra
la soglia del 3,5%», ovvero quanto basta per alimentare centrali atomiche. Ma
anche, come teme gran parte del mondo, per dotarsi col tempo, e ulteriori
potenziamenti degli impianti, di armi nucleari
.
Una produzione per ora limitata, che il presidente vuole rafforzare al più
presto: «In base alle normative internazionali – ha detto – continueremo il
nostro cammino fino a produrre uranio arricchito su scala industriale
. E
chiedo a tutti gli scienziati iraniani di continuare, anzi di accelerare questo
processo. Chiedo a tutti gli iraniani, dentro i confini nazionali o residenti
all’estero, di prostrarsi davanti ad Allah perché i nostri scienziati possano
al più presto garantire al Paese l’accesso all’energia nucleare».

LA PRODUZIONEPoche ore prima, in Kuwait, era stato l’ex presidente
Rafsanjani (battuto un anno fa dal più radicale e antioccidentale Ahmadinejad)
a rivelare che «nell’impianto di Natanz abbiamo attivato la prima unità
costituita da 164 centrifughe, è stato immesso il gas e ne è uscito il prodotto
industriale
. Dobbiamo estendere l’operatività di queste apparecchiature per
trasformarle in unità pienamente industriali e per questo abbiamo bisogno di
decine di apparati», aveva spiegato l’attuale capo del Consiglio consultivo,
l’organo che media tra il Parlamento e il Consiglio dei guardiani. Secondo i
calcoli più allarmistici di alcuni esperti, basterebbero 1.500 centrifughe a
cascata, al lavoro a pieno regime per un anno, per costruire una bomba.
Eventualità che Teheran respinge, dichiarandosi inoltre disposta ad accettare
la supervisione dell’Agenzia internazionale per l’agenzia atomica (Aiea)
secondo la quale, finora, Teheran era riuscita a far funzionare in sequenza
solo 20 centrifughe
.
Ulteriori dettagli sono poi arrivati da Golam Aqadazeh, presidente dell’Agenzia
nucleare iraniana: entro il marzo del 2007, fine dell’anno iraniano,
verranno installate 3 mila centrifughe a Natanz. E nell’impianto di Isfahan
sono state prodotte finora 110 tonnellate di Ucf6, il gas ricavato dal minerale
di uranio, destinato a essere immesso nelle centrifughe. Tale risultato, ha
sottolineato Aqadazeh, pone l’Iran «tra i primi otto Paesi al mondo» per lo
sviluppo di questa tecnologia
. Un annuncio che per la Repubblica Islamica è
forse una «buona notizia», come sostiene il suo presidente, ma che aumenta
l’allarme già alto nel resto del mondo.
ALLARMEImmediata è stata infatti la reazione di Washington: «Se il
regime continua a muoversi nell’attuale direzione dovremo consultarci con gli
altri membri del Consiglio di sicurezza e con la Germania su come procedere»,
ha detto il portavoce della Casa Bianca
, Scott McClellan, a bordo dell’Air
Force One con il presidente Bush. Una reazione allarmata, ma ben poca cosa
rispetto a quanto rivelato negli scorsi giorni dal famoso giornalista americano
Seymour Hersh. Il Pentagono – aveva scritto Hersh sul New Yorker e altri
media Usa avevano poi confermato – sta studiando un’azione militare anche con
armi nucleari contro gli ayatollah, con il duplice obiettivo di bloccarne i
programmi atomici e rovesciarne il regime. Le smentite dello stesso presidente
americano, dei suoi più stretti collaboratori tra cui il segretario alla Difesa
Donald Rumsfeld («pura fantasia»), del ministro della Difesa britannico Jack
Straw («un simile attacco sarebbe folle») non hanno convinto tutti. Ancora ieri
l’economista-politologo liberal Paul Krugman, sull’ Herald Tribune ,
si diceva convinto che Bush stia pensando davvero a una guerra in Iran per
«redimersi» da quella, ovviamente fallimentare, dell’Iraq. E se così fosse,
Teheran non sta certo facendo niente per evitare lo scontro. «Non ci
crediamo, è solo guerra psicologica: se Bush pensasse davvero a colpirci lo
terrebbe segreto», aveva detto il governo iraniano lunedì. Ma è indubbio che
Ahmadinejad sta giocando col fuoco.
L’AIEA – La sfida è lanciata non solo agli Stati Uniti, al Grande
Satana che il presidente iraniano ha invitato «a non ripetere le amare
esperienze del passato e a rispettare il diritto del popolo iraniano al
nucleare». Proprio oggi è atteso a Teheran il direttore generale dell’Aiea,
Mohammed ElBaradei, che ha già fissato da tempo vari colloqui con le autorità
iraniane. Scopo dichiarato, almeno fino a ieri: cercare di convincerle ad
accettare l’invito del Consiglio di Sicurezza e dalla stessa Aiea a sospendere
il programma nucleare, fare piena chiarezza su cosa sta avvenendo negli
impianti. Ma adesso, ha anticipato Rafsanjani, «ElBaradei si troverà di fronte
una situazione nuova arrivando in Iran». Una situazione decisamente più
delicata.
Le risposte che il capo dell’agenzia atomica dell’Onu troverà alle sue domande
sono prevedibili. Saranno le stesse frasi già risuonate ieri sera alla tv di
Stato iraniana nel discorso di Ahmadinejad: «La Repubblica Islamica per
mostrare la sua potenza non ha bisogno di armi di distruzione di massa
, la
sua forza viene dall’Islam». Prevedibile, però, è anche che ElBaradei e
l’Occidente saranno poco disposti a crederci.

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