Kirchner e Co., i populisti vincenti del Sudamerica[SERGIO ROMANO]

AMERICA LATINA

CORRIERE Lun. 10/4/2006  
SERGIO ROMANO

(2 – la puntata precedente è stata pubblicata il 31 marzo
)

A Buenos Aires non c’è lo stile tribunizio di Chávez,
però dal Sud al Nord sta emergendo il vecchio patriottismo anti-yankee

 

In America Latina si afferma un populismo polemico non solo e non tanto
contro gli USA quanto contro FMI e le sue riforme liberiste.


La politica dei nuovi governi populisti:


– aumento (con risultati inaspettatamente buoni) l’intervento statale


– riduce lo spazio d’azione degli USA


– scredita l’FMI.


BUENOS AIRES – A poco più di un chilometro dalla Boca, la
maestosa avenida che esce dal centro di Buenos Aires verso il fiume si
restringe e gli edifici rimpiccioliscono: casupole su due o tre piani, negozi,
trattorie, officine meccaniche, insegne di negozi disegnate su un pezzo di
legno, bambini che giocano sulla strada, facciate ricoperte di scritte. Quelle
più diffuse sono «boicottate la carne» e «Kirchner, resisti». Mi spiegano che
il presidente della Repubblica, Nestor Kirchner, ha lanciato una campagna
contro l’alto prezzo della carne venduta dai grandi haciendados del
Paese e ha chiesto ai suoi connazionali di boicottarla
. Il 16 marzo Oscar
Parrilli, segretario della presidenza, ha inviato un memorandum alle maggiori
autorità dello Stato (ministri, segretari, sottosegretari, direttori nazionali,
direttori generali e responsabili degli enti che dipendono dall’esecutivo
nazionale) con cui le sollecita ad «astenersi dal comprare carne rossa» per
le mense dei loro uffici e ministeri, «salvo i casi di estrema necessità o
quelli in cui sia impossibile surrogare con altri prodotti»
. Secondo il
quotidiano Clarín , i menu dei refettori pubblici comprendono ormai
soltanto minestre, riso, omelette, pesce e maiale
: per gli impiegati
statali, divoratori di bife , l’ ukaz della Casa Rosada ha
imposto una specie di quaresima a tempo indeterminato. Chi voglia immaginare le
loro reazioni pensi agli italiani privati di caffè, ai francesi senza
camembert, ai tedeschi interdetti di birra e salsicce. Vi sono state altre
circostanze in passato in cui qualcuno ha cercato di convincere i propri
connazionali a non comperare un prodotto di largo consumo (per esempio, i
sigari della Regia austriaca a Milano durante il Risorgimento) ma è più
difficile ricordare il caso di un boicottaggio sollecitato dal capo di uno
Stato democratico contro le grandi aziende agricole del suo Paese.
Questo è soltanto un esempio dello stile populista con cui Nestor Kirchner
sta cercando di controllare i prezzi e combattere l’inflazione
. Ne
conosciamo altri in vicende economiche e finanziarie che concernono i rapporti
dell’Argentina con il mondo. Non abbiamo dimenticato la sbrigativa offerta con
cui il presidente ha liquidato i 400-450 mila proprietari italiani di bond argentini
(30% del valore nominale). Qualche tempo dopo toccò al progetto di George W.
Bush per la creazione di una grande zona di libero scambio panamericana che
Kirchner affossò bruscamente durante il vertice di Mar del Plata nel novembre
2005. Più recentemente è toccato ai francesi. Qualche giorno fa il governo
di Buenos Aires ha annunciato la rescissione del contratto con Aguas
Argentinas, una concessionaria per i servizi idraulici di una larga parte del
Paese controllata dalla società francese Suez
. La misura è in realtà una
nazionalizzazione e ha contributo a creare un curioso intreccio internazionale.
Mentre il governo di Parigi si propone di fondere Suez con Gaz de France per
sottrarre la prima alle ambizioni di Enel, quello di Buenos Aires si appropria
dei beni di Suez in Argentina
.
Si potrebbe sostenere, quindi, che gli argentini stiano facendo alla Francia
quello che i francesi stanno facendo a Enel. Ma l’osservazione sarebbe
ingiustamente maliziosa. Mentre Francia e Italia litigano, magari duramente,
con gli strumenti e gli argomenti dell’economia, Francia e Argentina sono ai
ferri corti. La crisi è scoppiata, infatti, quando Kirchner ha accusato
Suez, tra l’altro, di negligenza per non avere impedito l’inquinamento delle
acque in alcune zone del Paese
. Irritato, Chirac ha cancellato il viaggio
che avrebbe dovuto fare a Buenos Aires. Piccato, Kirchner ha risposto
polemicamente che non vuole bajar la vista (abbassare gli occhi,
umiliarsi) pur di accogliere il capo dello Stato francese a Buenos Aires e non
intende tollerare l’inquinamento delle acque bevute dagli argentini.
Questo non è ancora lo stile tribunizio e roboante del presidente
venezuelano Hugo Chávez, ma è certamente la versione argentina del nuovo tono
dei leader che si stanno affermando in America Latina. Con una eccezione
(quella di Chávez), l’accusa di antiamericanismo indirizzata ai capi di Stato
emersi dalle elezioni degli ultimi anni, è spesso impropria.
Vi è in queste prese di posizioni molto vecchio patriottismo anti-yankee, ma il
principale bersaglio della loro rabbia è il Fondo monetario internazionale. I
governi popolari e populisti dell’America Latina gli rimproverano di avere
imposto al Continente una ortodossia astratta
(deregolamentazione, guerra
all’inflazione, diminuzione della spesa pubblica, privatizzazioni) che hanno
giovato ai ricchi, nuociuto ai poveri, precipitato molti Paesi in alcune delle
loro peggiori crisi della storia e privato i governi degli strumenti per una
ridistribuzione sociale della ricchezza.
L’architetto della grande riforma liberista in Argentina, Domingo Cavallo, è
stato incriminato per complicità in un traffico illecito di armi, ha insegnato
per tre anni in due grandi università americane (Harvard e New York University)
e non rinuncia alla speranza di tornare al potere. Ma il vento, intanto, ha
cambiato direzione. E i governi si stanno riprendendo, con nazionalizzazioni e
politiche dirigiste, le redini del potere economico.

Vi è una grande differenza fra lo stile socialdemocratico della presidente
cilena Michelle Bachelet e quello di Evo Morales, presidente «indigenista»
della Bolivia, fra il sindacalismo brasiliano di Luiz Inacio Lula da Silva e il
socialismo di Tabaré Vasquez, presidente dell’Uruguay, fra il caudillo Chávez e
il libertador comunista Castro. Ma le maggiori conseguenze della
svolta sono quasi ovunque le stesse. In primo luogo il Fondo monetario
internazionale è ormai, a Sud di Panama, un oracolo screditato che Kirchner,
con fierezza spagnola, ha punito restituendogli nello scorso dicembre gli otto
miliardi di dollari di cui l’Argentina era debitrice. In secondo luogo gli
Stati Uniti hanno perduto quasi tutti i loro vecchi amici del Continente
meridionale. In terzo luogo la svolta antiliberista sta producendo, contro ogni
ragionevole previsione, risultati eccellenti. L’Argentina registra un tasso di
crescita, rispetto ai dati dell’anno scorso, del 9,1%, il Cile del 5,2%, il
Venezuela (grazie al prezzo del petrolio) del 10,2% e il Brasile, se riuscirà a
superare una fase di stanchezza, potrebbe chiudere l’anno al 3,8%. Sappiamo che
l’America Latina ci ha già abituato in passato all’andamento sussultorio dei
suoi dati economici. Ma i risultati, per il momento, sono molto positivi e
l’Argentina, in particolare, ha incassato qualche giorno fa il passaggio da B-
a B del voto in pagella assegnato ai suoi titoli di debito pubblico dall’agenzia
di rating americana Standard & Poor’s
.
Nestor Kirchner, nel frattempo, approfitta della prosperità e della popolarità
per saldare qualche vecchio conto e per consolidare il proprio sistema
politico. Militante da ragazzo nelle file del peronismo di sinistra e, secondo
alcuni, dei montoneros, ha brillantemente cavalcato il movimento delle
madri e delle nonne della piazza di Maggio chiedendo alla magistratura di
revocare l’indulto, con cui il presidente Carlos Menem aveva cercato di mettere
una pietra sulla tomba delle indagini giudiziarie contro i generali golpisti.
Qualche giorno fa, in occasione del 30° Anniversario del colpo di Stato, ha
chiuso gli uffici, ha decretato una festa nazionale, ha pronunciato un discorso
all’Accademia militare di Palomar, ha chiesto al Teatro Colon di solennizzare
l’avvenimento con un concerto e ha inviato il suo ministro degli Esteri alla
Escuela Mecanica de l’Armada per mostrare ai diplomatici stranieri la scuola
della Marina dove i detenuti venivano interrogati, torturati, drogati e
trasferiti sull’Atlantico per il loro ultimo volo. Il quotidiano spagnolo El
País
, negli scorsi giorni, ha osservato che Kirchner ha un ambizioso
disegno politico: affermare la prevalenza della società civile in un Paese dove
i generali, buoni e cattivi, hanno esercitato un ruolo dominante nella vita
nazionale. E’ probabile che siano queste in effetti le intenzioni del
presidente argentino. Ma è certo che accanto a questa ambizione ne ha un’altra:
essere rieletto alle prossime presidenziali
. Sono previste per il 2007, ma
il pronostico sarebbe ancora più favorevole se si tenessero nel corso del 2006:
e Kirchner, a quanto pare, vorrebbe anticiparle.

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