UCRAINA, RUSSIA
CORRIERE Lun. 27/3/2006
Elisabetta Rosaspina
Una lunga scheda ribattezzata «l’asciugamano» per 45
liste. Un’elettrice: «Sono dovuta tornare tre volte per votare, troppe code e
confusione»
Successo di Yanukovich. Terzo il
partito del presidente Yushchenko, leader della rivoluzione arancione
KIEV – Buona la prima. L’Ucraina ha votato e,
questa volta, non ci saranno rivolte, non ci saranno accuse di brogli (non
troppe) e la piazza non pretenderà nuove elezioni. Anzi, molto probabilmente
gli osservatori internazionali certificheranno già oggi la piena regolarità
delle consultazioni, terminate alle 22 di ieri. Il responso delle urne ha
gelato la primavera ucraina: il vincitore acclamato dagli exit poll è Viktor
Yanukovich, per la gioia di Mosca, dell’ex presidente Leonid Kuchma e, in
generale, di chi pensa che il futuro del Paese stia a Est e non a Ovest. Ma
quale governo guiderà il Paese è un mistero che potrebbe sciogliersi soltanto
tra un paio di mesi, quando scadrà il termine massimo per la formazione della
maggioranza.
I «Pomarancevi», i vittoriosi «arancioni» dell’inverno 2004, caldeggiano la
più attesa riconciliazione della nuova era democratica ucraina, quella tra il
presidente Viktor Yushchenko e l’irresistibile Yulia Timoshenko: l’angelo
biondo dall’aureola intrecciata pare ben decisa a riprendersi il posto di primo
ministro, dopo l’idillio e la successiva, burrascosa separazione dalla sua metà
politica, il butterato Yushchenko. «Se il presidente rifiuterà di conferirmi
l’incarico – ha detto la Timoshenko – allora dovrà accettare come primo ministro
Yanukovich».
A riunirli dunque non sarebbe tanto un ritorno di fiamma rivoluzionaria,
quanto la spaventosa scoperta di aver ceduto il passo, con le loro baruffe,
proprio al comune avversario: il filorusso Yanukovich, che ha ben speso
questi 15 mesi dalla sua bruciante sconfitta alle scorse presidenziali,
approfittando della zizzania germogliata in casa «arancione» e addebitando
interamente ai rivali la pericolosa deriva economica dell’Ucraina. Ieri, nella
celebre e celebrata piazza dell’Indipendenza, nel centro di Kiev, il colore
della protesta mancava completamente: tra venditori di birra, maxischermi con
spot pubblicitari e ragazzi in skateboard , nemmeno una sciarpa o un
berretto si richiamavano alla tinta che aveva acceso animi e speranze alla fine
del 2004.
Ma che queste siano state elezioni speciali, lo si è capito fin dalle code ai
seggi di buon mattino: «È la terza volta che torno – Kristina esce finalmente
soddisfatta dalla sezione 72, collegio 218, della via Pushkin -, questa volta
ho aspettato soltanto 20 minuti. Prima avevo dovuto rinunciare. Troppi partiti,
troppe liste, la gente non capisce più nulla. Però nessuno si arrende, si resta
in fila». Fino alla morte, in almeno quattro casi: un elettore di 47 anni e uno
di 88 nella regione di Lugansk, un pensionato nella regione mineraria di
Donetsk, un altro 71enne in Crimea. Morti prima di riuscire a imbucare
nell’urna l’«asciugamano», come è stata ribattezzata la scheda elettorale
viola, lunga 78 centimetri. Quanto necessario, insomma, per ospitare ben 45
liste, con 7.599 candidati ai 450 posti in parlamento.
Dei 37 milioni di elettori, oltre la metà, il 58,81 per cento, si è
presentata ai seggi, sotto gli occhi di 2.077 osservatori stranieri.
Già dalla vigilia si capiva che per i leader della rivoluzione arancione si
stava mettendo male. La rivincita di Yanukovich, presidente nel 2004 per il
breve spazio della Camera di consiglio della Corte Suprema, che aveva
condannato i brogli e i risultati, era nell’aria. Ma i risultati, non ancora
definitivi, della notte lasciano intendere che soltanto un rinnovato
sodalizio arancione, tra il partito del presidente Yushchenko, l’ex alleata
Yulia e i socialisti, può scongiurare un governo guidato da Yanukovich, il cui
Partito delle Regioni, secondo gli exit poll, avrebbe ottenuto oltre il 33 per
cento delle preferenze popolari.
A tallonarlo non c’è la lista di riferimento di Yushchenko, Nostra Ucraina, ma
il 22,7 per cento del Blocco di Yulia Timoshenko che, comunque, aveva fatto
sapere di essere disposta a tutto, fuorché a un compromesso con il nemico
storico. Comprensibile la delusione di Yushchenko, il cui
schieramento invece non aveva affatto escluso a priori un patto con l’ex
avversario e ora dispone di un magro 13,5 per cento, insufficienti a
garantire alla nuova, ipotetica coppia la maggioranza assoluta. Il
presidente manda segnali concilianti alla corrucciata Yulia, facendole
sapere di avere nostalgia dei bei tempi arancioni e di essere disposto a
riprovare una convivenza, con l’aiuto dei socialisti e del loro 5,4 per cento.
Le consultazioni, ha annunciato Yushchenko, inizieranno subito, fin da questa
mattina. Quel che non dice, ma sa, è che le trattative vedranno i suoi uomini
in posizione di debolezza rispetto alla squadra dell’agguerrita Yulia e, forse
per questo, il suo portavoce esorta la controparte a non eccedere con le
pretese e «a mettere da parte gli egoismi».
D’altra parte il fronte filooccidentale ed europeista, costretto a scegliere
tra il presidente e l’oppositrice, ha largamente preferito la seconda, se i
risultati finali confermeranno le tendenze dei primi scrutini. E Yulia
Timoshenko, a questo punto, può alzare il prezzo.