Segue il volantino diffuso alla manifestazione del 18/3/06 a Roma contro la guerra
Tre anni dall’invasione dell’Irak, tre anni di occupazione armata, tre anni di guerra e di massacri quotidiani,
decine di migliaia di morti.
In questa giornata internazionale di lotta, per chi vuole opporsi alla guerra qui in Italia è fondamentale
denunciare il ruolo dell’imperialismo italiano. Con oltre 8 mila uomini armati in 28 missioni militari, dai Balcani al Medio Oriente all’Africa all’Asia, l’imperialismo italiano è tornato ad essere tra i più interventisti, di nuovo a caccia di un “posto al sole” anche se oggi sotto gli ombrelli ONU, NATO, UE.
Dietro le “missioni di pace”, come dietro i pretesti delle inesistenti “armi di distruzione di massa”, della “lotta al terrorismo”, dell’esportazione de lla democrazia le potenze imperialistiche nascondono interessi concreti economici e strategici. Hanno invaso l’Irak per mettere sotto la loro tutela giacimenti di petrolio secondi al mondo per riserve, ma anche per controllare strategicamente l’area nevralgica del Golfo onde condizionare le potenze grandi e piccole per le quali l’importazione di idrocarburi è vitale.
Le multinazionali di Francia, Italia, Russia e Cina avevano trattato con Saddam concessioni petrolifere, puntando sulla fine dell’embargo ONU. Stati Uniti e Gran Bretagna con la guerra hanno scombinato il loro gioco. Ma mentre Francia, Russia e Germania hanno reagito cavalcando l’opposizione pacifista alla guerra (un pacifismo imperialista), l’imperialismo italiano ha scelto di saltare sul carro di guerra americano sperando di ottenere con l’occupazione ciò che Saddam aveva già concesso: la partecipazione dell’ENI allo sfruttamento dei giacimenti di Nassiriya. Per questo a Nassiriya il governo ha voluto stazionare le sue truppe, per assicurare con la combinazione di denaro, diplomazia e armi il favore dei governi locali verso gli interessi italiani. Per questo hanno suscitato reazioni nazionaliste, compreso un sanguinoso attacco terrorista, e hanno condotto azioni repressive.
Su questi interessi e manovre i media italiani, tesi a far passare l’immagine degli “italiani brava gente”, hanno steso una complice cortina di silenzio. Se a Nassiriya i soldati italiani stanno consegnati in caserma, rinunciando alla diplomazia delle caramelle, è perché la popolazione locale farebbe volentieri a meno della loro presenza. La favola ad uso interno degli “italiani brava gente” non è creduta neppure a Bengasi, dove la provocazione becera di un ministro leghista ha contribuito a risvegliare la memoria delle decine di migliaia di libici trucidati dai colonialisti italiani.
Su questa giornata di lotta contro la guerra calano gli avvoltoi elettorali del centro-sinistra, nonostante abbiano di fatto cancellato la guerra dalla loro campagna elettorale. Cercano di spaccia re una loro verginità pacifista, di far dimenticare che è stato il governo D’Alema a partecipare ai bombardamenti sulla Serbia. Gli fa da sponda sinistra un Bertinotti che si è ormai meritato dalla stampa borghese i galloni dell’affidabilità nazionale con l’epurazione delle sue liste elettorali.
Dalla Margherita ai DS a Rifondazione nessuna denuncia dell’imperialismo italiano, tutti hanno cercato di farsi schermo dietro l’ONU – il “covo di briganti” che ben due volte ha “legittimato” l’occupazione militare.
Le varie correnti del centro-sinistra non sono contro l’imperialismo. Anch’esse, come i partiti del centro-destra, sono per gli interessi della borghesia italiana, dei gruppi industriali e finanziari proiettati sul mercato internazionale, dove già sfruttano direttamente 1,2 milioni di lavoratori. Solamente, sono un po’ meno vicine all’imperialismo americano e un po’ più agli imperialismi tedesco e francese (salvo risentirsi quando questo sbarra il passo all’ENEL), che nella loro storia non hanno sparso meno sangue degli yankee, e che ora faticosamente lavorano per costruire una potenza europea capace di contendere, coi capitali e con le armi, il mondo al rivale americano. In attesa di poter rientrare nella spartizione mediorientale, gli imperialismi europei assumono crescenti ruoli militari in Afghanistan, nei Balcani e in Africa.
Oggi scendiamo in piazza contro tutti gli imperialismi, contro quello americano come contro quelli europei, e in primo luogo contro quello di casa nostra e i gruppi capitalistici che lo esprimono. La lotta contro la guerra è inseparabile dalla lotta per l’abbattimento del capitalismo che la genera, per la società senza classi.
Via le truppe italiane dall’Irak, dall’Afghanistan, e da tutte le aree del mondo!
Internazionalismo proletario!
Su queste parole d’ordine tutti i comunisti si devono impegnare.
E necessario lavorare per un collegamento tra le forze schierate sulle posizioni internazionaliste.