ITALIA, POLITICA
CORRIERE Ven. 17/3/2006
ERNESTO GALLI DELLA LOGGIA
La proporzionale danneggia chi l’ha voluta
Il proporzionale, voluto da BERLUSCONI per dividere
l’Unione, danneggia più a chi lo ha inventato che ai suoi avversari.
Per la CdL la nuova legge elettorale, voluta per
scompaginare lo schieramento disomogeneo degli avversari, è stato un clamoroso
errore: non solo aumenta le rivalità interne al polo, ma costringe BERLUSCONI a
improvvisarsi capo-partito (ruolo che gli è poco congeniale) per favorire FI
rispetto agli alleati e favorisce PRODI che non ha un partito e può presentarsi
al di sopra degli alleati.
Ha ragione il ministro Calderoli a definire «una
porcata» la legge elettorale con cui voteremo tra un mese. Non per questo,
tuttavia, ci chiederemo come possa parlare a questo modo proprio chi a quella
legge ha dato mano: pietosamente addebiteremo la contraddizione ai misteri
dell’animo leghista. In realtà si è trattato più che di una «porcata». Per
la Destra è stato un macroscopico errore. Un errore voluto per interessi di
bottega dall’Udc, ma alla fine voluto anche da Berlusconi, convinto di gettare
così lo scompiglio nel più disomogeneo schieramento avversario e inoltre di
limitarne la portata di una eventuale vittoria. Si dà il caso, invece, che la
nuova legge proporzionale stia facendo danni soprattutto a destra, come
stiamo vedendo proprio in questi giorni. Cancellando il maggioritario,
infatti, e dunque obbligando i partiti della stessa parte politica a competere
tra di loro, essa colpisce al cuore il senso e l’immagine stessi della
leadership di ogni schieramento. Lo si vede per l’appunto oggi, nel caso di
Berlusconi. Dal momento che il suo successo personale, oltre che il suo
avvenire di capo della coalizione, dipendono in misura rilevante proprio da
ciò, egli è costretto a ottenere più voti possibili per il suo partito, per
Forza Italia. Ma è precisamente questo che lo costringe a suscitare le gelosie
e i sospetti dei suoi alleati, i quali inevitabilmente lo ripagano con
altrettanti sospetti e gelosie, e con un’aperta rivalità competitiva che
invano tenta di misurare perlomeno i termini delle parole.
La conseguenza è che in questa campagna elettorale il presidente del Consiglio
– per giunta già gravato dai risultati non proprio lusinghieri del suo governo
– ha difficoltà a presentarsi come il capo di un grande schieramento, di un
«popolo», del popolo della destra tutta quanta; come l’alfiere di una
trascinante «idea» collettiva, di un «sogno», secondo quello che un autentico
leader politico deve per l’appunto sempre sforzarsi di essere. La camicia di
forza della proporzionale lo obbliga, invece, a fare la parte – a lui, tra
l’altro, poco congeniale data la sua così evidente natura antipolitica – del
capopartito. Per Berlusconi la conseguenza è quanto mai negativa: vuol dire
non riuscire più ad essere l’uomo degli annunci mirabolanti e un po’ visionari,
degli entusiasmi ingenui ma a loro modo contagiosi, entrambi fatti apposta per
lo schermo televisivo. Insomma vuol dire non riuscire più ad essere Berlusconi.
Ma non finisce qui il danno per la Destra. Infatti, la nuova legge
elettorale mentre contribuisce oggettivamente a deprimere il ruolo di
Berlusconi esalta, viceversa, quello di Prodi. Per una ragione semplicissima: e
cioè che Prodi non ha alle spalle alcuna formazione politica sua, non è in
alcun modo un capopartito. Con maggiore verosimiglianza dunque, e soprattutto
con maggiore libertà di movimento, egli può fare la parte del capo di tutto il
suo schieramento, dare al suo ruolo il tono e i colori della leadership.
Sta accadendo insomma un rovesciamento paradossale della situazione esistente
fino a ieri. Il maggioritario, infatti, tendeva in entrambi gli schieramenti a
rafforzare la gerarchia partitica determinata dal rispettivo peso elettorale e
con ciò a dare implicitamente il comando della coalizione al più forte,
svuotando di significato e di autorevolezza ogni eventuale leadership esterna.
Il proporzionale di coalizione, invece, proprio perché ogni partito si presenta
in lizza da solo, agisce in senso contrario: lascia libero uno spazio politico
autonomo per una leadership esterna ai partiti quale si presenta per l’appunto
quella di Prodi. Forse sarà uno svantaggio quando si tratterà di governare:
oggi però è un vantaggio non indifferente.