Per disinnescare il pericolo serve la democrazia

Iran, Nucleare, Usa

CORRIERE Mar. 7/3/2006
SHIRIN
EBADI – MOHAMMAD SAHIMI (Traduz. Monica Levy)

SHIRIN EBADI Avvocato, attivista per
i diritti umani, Premio Nobel per la Pace 2003
MOHAMMAD SAHIMI Insegna Ingegneria Chimica all’University of
South California
Gli
Stati Uniti hanno demonizzato la Repubblica islamica, invece dovrebbero
sostenere le riforme. Inutili le minacce di sanzioni


Invece che minacciare azioni militari o sanzioni,
l’occidente dovrebbe spingere l’IRAN a rispettare i diritti umani e la democrazia,
miglior deterrente all’uso militare del nucleare.
Nella levata di scudi internazionale contro il
programma nucleare dell’Iran e le deplorabili affermazioni del presidente
Mahmoud Ahmadinejad su Israele, si è perso un elemento centrale: il rispetto
dei diritti umani e un sistema politico democratico sono il deterrente più
efficace contro la minaccia che qualsiasi aspirante potenza nucleare, Iran
compresa, possa porre al mondo. Negli anni Settanta, gli Usa e i loro alleati
hanno incoraggiato lo Scià ad avviare il programma nucleare iraniano e hanno
contribuito così a creare quel Frankestein oggi diventato così controverso
.
I piani atomici hanno subito un’accelerazione attorno al ’97, quando il
riformatore Mohammad Khatami è stato eletto presidente. I riformisti
appoggiavano il programma nucleare, ma lo volevano trasparente e conforme agli
impegni internazionali
. Erano segnali rassicuranti. Ma anziché sostenere
il neonato movimento democratico iraniano, gli Stati Uniti gli hanno tagliato
le gambe demonizzando il Paese
. Nonostante l’aiuto prestato agli Usa da
Khatami in Afghanistan, il Presidente Bush inseriva l’Iran fra i Paesi
dell’«asse del male». Nel 2003, quand’era ormai chiaro lo stallo delle riforme
di Khatami, il mondo ha cominciato a interessarsi più da vicino al programma
nucleare iraniano. Allora, che cos’aveva ottenuto la demonizzazione dell’Iran?
Gli Stati Uniti non risolveranno il problema nucleare minacciando attacchi
militari o trascinando l’Iran davanti al Consiglio di Sicurezza Onu.
La
maggioranza degli iraniani disprezza i duri del regime e ne vorrebbe la caduta,
ma nello stesso tempo è favorevole al programma nucleare perché è diventato
fonte d’orgoglio. Un attacco militare non farebbe che infiammare i
sentimenti dei nazionalisti
. L’Iran non è l’Iraq. Qualsiasi mossa militare
provocherebbe una reazione che risucchierebbe l’intera regione, finendo per
provocare un numero incalcolabile di vittime e la distruzione dell’economia
mondiale. Altrettanto controproducente sarebbe imporre all’Iran le sanzioni
dell’Onu
: spingerebbe Tehran ad abbandonare il Trattato di non
proliferazione nucleare e il suo «protocollo aggiuntivo».
Allora, che cosa può fare l’Occidente? I Paesi occidentali dovrebbero
aiutare l’Onu a nominare un responsabile al monitoraggio dei diritti umani per
l’Iran
. Servirebbe a ricordare annualmente all’Assemblea Generale lo stato
dei diritti umani in Iran, e a condannarlo con forza se la condizione continua
a peggiorare. I religiosi iraniani, contrariamente a quanto generalmente si
pensi, sono sensibili alle critiche esterne. La Banca Mondiale dovrebbe
smettere di concedere crediti all’Iran e lavorare, invece, con le
organizzazioni non governative e il settore privato per rafforzare la società
civile. L’Occidente dovrebbe sostenere chi si batte per i diritti umani e la
democrazia, anche dal carcere
. I Paesi occidentali dovrebbero ridurre le
relazioni diplomatiche se l’Iran continua a violare i diritti fondamentali.
Secondo le stime, all’Iran mancano fra i 6 e i 10 anni prima di arrivare
all’atomica. Ci sono tutti i margini di tempo per una riforma politica. Nel
frattempo, l’Occidente dovrebbe consentire all’Iran un limitato programma di
arricchimento dell’uranio
(come da Trattato di non proliferazione) sotto
stretta sorveglianza dell’Aiea. Ma solo quando Teheran avvierà riforme
significative, fra cui la scarcerazione dei prigionieri politici e libere
elezioni. Infine, gli Stati Uniti e l’Iran dovrebbero intraprendere negoziati
diretti
.
Sarà la democrazia alla fine a fare da argine fondamentale al disastro
nucleare: un Iran autenticamente democratico, appoggiato da una maggioranza di
iraniani, si sentirà sufficientemente sicuro da non impegnarsi in pericolose
avventure militari.

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