REPUBBLICA Giov. 23/2/2006 ALBERTO MATTONE
Secondo alcuni analisti il regime è in difficoltà per
l´offensiva dei gruppi islamici e dei dissidenti
A Bengasi in azione i
Fratelli musulmani ed ex combattenti dell´Afghanistan
ROMA – Nessuno sa cosa stia succedendo a Bengasi,
in queste ore. Ma tutti sanno quello che il regime libico non avrebbe mai
voluto che apparisse in mondovisione: l´assalto dei giovani contro il
consolato italiano, che si è trasformato poi anche in una rivolta contro i
palazzi del potere, simboli della Jamahiriya. E dunque, in un tentativo di
insurrezione contro Gheddafi.
Non è un caso che, alle dichiarazioni di Fini («all´ira per la t-shirt
anti-Islam di Calderoli si è unito a Bengasi il tentativo di destabilizzare il
regime libico»), Tripoli abbia reagito con una replica stizzita. Ma le
parole del ministro degli Esteri, poi in parte ridimensionate, rivelano ciò che
sta accadendo in Libia. Lo show dell´ex ministro leghista è stato il
pretesto che gli oppositori di Gheddafi attendevano per scendere in piazza. La
dissidenza, pur se schiacciata da anni di sanguinosa e silenziosa repressione,
sta provando a riorganizzarsi. E ha eretto a sua capitale proprio Bengasi, in
Cirenaica, la terra di re Idriss, emiro della confraternita islamica dei
senussi cacciato dal Colonnello nel 1969.
«Dall´Egitto – spiega Roberto Cajati, esperto di Libia e analista
dell´Isiao – si sono infiltrati esponenti dei Fratelli musulmani, che stanno
tentando di mettere in piedi un "network" dell´opposizione, facendo
anche leva sul diffuso malcontento sociale». Il tentativo a Bengasi è
riuscito. A un cenno, in migliaia sono scesi in piazza. Tanto che il governo,
sabato scorso, ha bloccato il servizio di sms della compagnia statale per
impedire che i messaggi venissero usati per organizzare altre manifestazioni.
Le sigle più importanti della "rete" sono al Islamiya al Libya e
Harekat al Shuhada, che ha tra i militanti ex combattenti in Afghanistan. Ma
Gheddafi deve fare i conti anche con la dissidenza nell´esercito, legata ad
alcune tribù. Mentre a Londra, da qualche mese si riuniscono regolarmente
nazionalisti, liberali, islamici moderati in esilio. Da soli non ce l´hanno
fatta a cacciare il Colonnello. «Ma a Washington – spiega Cajaiti – l´intelligence
americana ha una convinzione: questi gruppi hanno deciso di unirsi agli
attivisti musulmani della Cirenaica. Per tentare di dare una spallata al
regime».