ROBERTO MANIA
Lo strappo di Epifani:
"Nella Cgil non ci siete solo voi"
Le tute blu guardano al movimento
mondiale anti-liberista. Ma c´è chi dice: "Dobbiamo tornare a imparare a
leggere le buste paga"
Il segretario confederale: "Sì al piano di Prodi sul costo del lavoro, ma
una parte dei soldi deve tornare direttamente negli stipendi"
MONTE SILVANO – Guglielmo Epifani infrange quasi un tabù
quando, proprio davanti ai settecentotrenta delegati metalmeccanici al
ventiquattresimo congresso, dice che «nella Cgil non c´è solo la Fiom».
Certo, di per sé è un´affermazione ovvia, «una banalità», dirà qualcuno più
tardi. Ma non è vero. Quella del leader della Cgil, nonostante i toni bassi,
come nel suo stile, è apparsa una sfida alla "diversità" della
Fiom. Quella "diversità" tanto orgogliosamente coltivata dai suoi
dirigenti, e così spesso vissuta con malcelato fastidio dalle altre categorie
del sindacato. «Dove – insiste Epifani – sono cresciute altre esperienze e
altre identità. Dove altre categorie hanno sviluppato processi contrattuali
straordinari, come gli edili, il commercio, la scuola. Io mi sono battuto per
evitare, anche al nostro interno, l´isolamento della Fiom. La Cgil – aggiunge –
è un grande meticcio e ora tutti dobbiamo lavorare per questo». La mitica
Fiom, dunque, la scuola d´eccellenza dei grandi leader sindacali trattata come
– o quasi – le altre categorie. D´altra parte, da un paio d´anni ha perso
anche il primato degli iscritti a vantaggio della funzione pubblica.
Lo strappo di Epifani finisce così per scoperchiare le tensioni tenute
sopite nel dibattito congressuale (quello della Cgil si terrà a Rimini dal
1 al 4 marzo) grazie alla presentazione di una sola mozione emendata in un
paio di questioni-chiave (la riforma dei contratti e la rappresentanza
sindacale). Da tesi alternative. Il cui primo firmatario, però, e in due casi
su tre proprio il leader della Fiom, Gianni Rinaldini. Tesi, quindi, che
sono diventate automaticamente quelle della Fiom. Rinaldini ha ottenuto
circa il 15% dei voti. Lo scontro è proprio su come tradurre questo consenso
nella composizione dei gruppi dirigenti. «Ma – secondo Epifani – se c´è un
accordo vero sulla linea politica, non ci può essere divisione sugli apparati.
Altrimenti prima o poi ci vorrà un chiarimento».
L´appuntamento è a Rimini. Ma intanto Epifani ricorda che se non si fosse
alzato dal tavolo con la Confindustria, quel famoso 14 luglio 2004, cosa che
non aveva mai fatto prima, «oggi saremmo in un vicolo cieco: senza il nuovo
contratto dei metalmeccanici e senza le nuove regole della contrattazione».
Rinaldini non l´ha presa bene. Oggi risponderà dal palco, concludendo i lavori
del congresso. Intanto dice che il "cortocircuito" non nasce dalla
presentazione di tesi alternative («l´auspicio di Bruno Trentin era sempre
stato quello di congressi per tesi e non per mozioni contrapposte») bensì
dal patto tra i dodici membri della segreteria nazionale con cui si sono
"garantiti" i posti alle vecchie aree programmatiche, che si erano
sostituite alle correnti di partito. «Una spartizione preventiva a tavolino»,
la chiama il suo alleato e compagno di segreteria Giorgio Cremaschi.
Una lotta politica difficile da spiegare perché tipica della complessità e
delle tortuosità della Fiom. Che dalla fine degli anni Novanta, con la
leadership di Claudio Sabattini, ha intrapreso un cammino inedito: quello
dell´"indipendenza" dalla Cgil e quello di essere parte del movimento
mondiale anti-liberista. «Nel luglio del 2001 – ricorda Rinaldini – la Fiom
era a Genova, con i no global. La Cgil no». E poi le grandi manifestazioni
contro la guerra in Iraq per la pace. Oggi è all´interno del movimento no
Tav. Giorgio Airaudo è il segretario della Fiom di Torino, lui non è
d´accordo con chi ha tentato di bloccare il cammino della fiaccola olimpica ma
non esita a dire che «la fiaccola è un business e che è figlia di questa
globalizzazione». Questa è la Fiom, un mix di tradizione operaista e
neo-antagonismo sociale. Che, nella sua maggioranza, sembra esaltare il
conflitto contro le compatibilità. Ma che spesso rischia di perdere di
vista la sua funzione se il segretario nazionale Fausto Durante
(espressione della sparuta ma combattiva area dei cosiddetti riformisti) si
becca un sacco di applausi quando sostiene: «Stiamo diventando dei grandi
teorici, ma perdiamo colpi nella pratica. Dobbiamo rilanciare la formazione per
imparare a leggere le buste paga». Un paradosso, ma detto da un
sindacalista… Questo è anche il sindacato che prova a corteggiare Fausto
Bertinotti, non a caso presente martedì scorso all´apertura del congresso.
«Un segno di attenzione importante», secondo Rinaldini, iscritto ai Ds e vicino
all´area di Cesare Salvi.
Anche la Fiom aspetta il prossimo congresso. Si spera, di
centrosinistra. Nell´attesa, la linea è quella di Epifani che riceve
oltre dieci applausi dai delegati. Nessun nuovo patto sociale dai confini
incerti e nel quale non sono più possibili scambi; ma un patto fiscale per
riportare equità nella distribuzione dei redditi, con la restituzione del
fiscal drag, il ripristino della tassa di successione sulle grandi eredità, il
riequilibro delle aliquote sulle rendite. Questo propone Epifani e chiede
al prossimo governo di accettarlo formalmente «perché fidarsi è bene, ma non
fidarsi è meglio». La Cgil dice sì al piano di riduzione del costo del
lavoro lanciato da Romano Prodi ma – avverte – «dev´essere esplicito che una
parte deve andare direttamente ai redditi da lavoro dipendente». Poi torna
l´orgoglio della Fiom: «Perché sia chiaro – dice Sandro Bianchi, coordinatore
nazionale per la cantieristica – la vera differenza tra le politiche economiche
e sociali di un governo di centrodestra e uno di centrosinistra, la dobbiamo
fare noi». E allora Rinaldini chiede una "rottura" rispetto
all´epoca berlusconiana che vuol dire anche abrogazione della legge Biagi
perché «se Prodi pensa ad alcune modifiche, queste sarebbero insufficienti».