Il Forum economico del Mediterraneo discute di affari.
Montezemolo: "Così combattiamo la violenza"
Al meeting di Palermo
imprenditori cristiani ebrei e musulmani di tredici Paesi
PALERMO – Archiviare l´"affaire
Calderoli". Il volto e soprattutto la maglietta dell´ex ministro leghista
aleggiano nel Palazzo dei Normanni di Palermo, simbolo stesso dell´integrazione
tra culture. Riuniti, con il ministro degli Esteri Gianfranco Fini e il
leader della Confindustria Luca Montezemolo, ci sono più di 300 imprenditori
italiani e quasi 250 dei tredici Paesi dei Mediterraneo. Sono musulmani, ebrei,
cristiani.
Ci sono i rappresentanti della Libia, anche se qualcuno dopo i morti di Bengasi
si è sfilato. C´è la Lafico, già azionista della Fiat e cassaforte finanziaria
del Paese; c´è la Marine Services, che appartiene ad uno dei figli del
colonnello Gheddafi; c´è pure un giornalista del Tripoli Post, l´unico
quotidiano libico in inglese, nato solo qualche mese fa, cioè da quando non è
più vietato pubblicare in una lingua straniera. Segnali di cambiamento, che,
questa volta, servono anche a voltare pagina, a chiudere al più presto la
tensione con Tripoli.
Si parla di business al Forum economico del Mediterraneo, organizzato dalla
Confindustria, con l´Abi (l´associazione delle banche italiane) e l´Ice
(l´Istituto per il commercio estero). Due giorni (ieri e oggi) per fare
affari. Perché i Paesi della costa meridionale del Mediterraneo
(dall´Algeria all´Egitto, da Israele all´Anp, dalla Tunisia alla Turchia) stanno
crescendo velocemente in un contesto di sostanziale stabilità. Si prevede che
nei prossimi cinque anni sarà questa una delle regioni più dinamiche del mondo.
Il petrolio, e ora anche il gas, permettono di avere tanta liquidità. Ma quasi
sempre manca il know how. Le privatizzazioni stanno decollando dopo i primi
timidi passi compiuti all´inizio degli anni Novanta. Le banche italiane –
annuncia il presidente dell´Abi, Maurizio Sella – hanno messo a disposizione
delle imprese che intendono investire nel Mediterraneo oltre otto miliardi di
euro. E in diversi di quei Paesi la struttura industriale è solo accennata.
Ecco perché Montezemolo, come il ministro delle Attività produttive, Claudio
Scajola, è convinto «nella maniera più assoluta» che la crisi di questi giorni
non avrà alcuna ripercussione né nei rapporti economici con la Libia né con gli
altri Paesi arabi. Con loro le imprese italiane vogliono fare affari, anche
perché l´interscambio potenziale è quattro volte superiore a quello reale,
che già supera quello con Cina e India. Di più: «Da imprenditore – spiega
Montenzemolo – ritengo che per reggere la sfida dell´America e dell´Asia,
l´Europa debba riuscire a svolgere verso il Mediterraneo la stessa azione di
integrazione che sta svolgendo nei Balcani e nell´Europa centro-orientale». E´
in questa chiave che va letta la decisione della Confindustria italiana di
aderire, da sola e per prima tra le consorelle europee, all´Umce,
l´associazione degli industriali del Mediterraneo. «Questo – dice
Montezemolo – è quello che possono fare gli imprenditori per «isolare l´intolleranza,
la violenza e gli estremismi».
Ma per Fini non basta. Il ministro degli Esteri, mentre conferma che è in
atto la ricucitura con la Libia, dice che ci vuole un «ulteriore sforzo»: dopo
aver puntato sullo sviluppo economico e sociale, si deve puntare su una lotta
all´ignoranza. Da lì viene la «vera» minaccia.