I silenzi di fronte agli attacchi islamismi
L’EUROPA, che molti si illudevano che
potesse bilanciare gli USA nella guida del mondo, non sa o non vuole rispondere
alle aggressioni islamiche.
Bisognava
aspettare che parlasse Benedetto XVI per sentire le parole ferme e chiare che i
timorosi leader politici europei non sanno pronunciare. Il Papa ha deplorato la
mancanza di rispetto per i simboli religiosi, ma ha anche dichiarato totalmente
inaccettabile la violenza in nome della fede. Confrontate le parole del Papa
con l’inerzia delle capitali europee di fronte alla selvaggia violenza
scatenata nel mondo islamico col pretesto delle vignette satiriche. Sarebbe
questa la «potenza civile», quella che, secondo certi involontari umoristi,
avrebbe dovuto, niente meno, «bilanciare» la potenza americana, e imporre la
propria autonoma influenza sui destini del mondo? Assalti alle ambasciate
europee anche nei Paesi ove niente avviene se i tiranni non lo ordinano,
l’uccisione di un sacerdote cattolico, i cristiani trucidati in Nigeria, gli
assalti alle chiese in Pakistan, le manifestazioni antioccidentali dette «spontanee»,
organizzate da religiosi estremisti ovunque. E l’Europa sa solo balbettare «ci
vuole il dialogo». Quando il regime siriano ordinò l’assalto alle ambasciate
danese e norvegese, quando una squadraccia assaltò la sede dell’Unione europea
in Palestina, l’Europa non reagì sentendosi colpita tutta, non reagì contro
quegli atti di guerra chiarendo che non se ne sarebbero tollerati altri. Ogni
giorno che passa l’Europa (come ha scritto Galli della Loggia su questo
giornale) trasmette il senso della propria nullità politica e manda un
chiaro messaggio a quel vasto mondo fondamentalista, di cui il terrorismo
jihadista è l’appendice armata: potete esercitare contro di noi qualunque
prepotenza avendo la certezza che noi cederemo. D’accordo, sono fanatici,
pericolosissimi, e ci fanno paura. Ma non è mai accaduto nella storia che si
subisse la prepotenza altrui senza ricavarne grandi disgrazie.
Non si è sentito neanche un leader europeo di peso, da quando è cominciata
l’orchestrata sollevazione contro le vignette, dire al mondo islamico quanto
andava detto, ossia che quelle vignette erano di pessimo gusto, ma anche che il
cattivo gusto è un prezzo che noi paghiamo per la libertà, e che essi non
devono osare mettersi contro le nostre libertà. Non si è sentito un leader
europeo, ad esempio, dire ai governanti musulmani che pretendiamo che si
dissocino da quei fanatici pronti a pagare a peso d’oro l’assassinio dei
disegnatori danesi.
La vicenda italiana è parte di questa latitanza europea. Ha ben detto Magdi
Allam sul Corriere di ieri: va bene che Calderoli venga licenziato ma non per
ordine di Gheddafi. Ma sia da parte del premier che da parte del suo oppositore
Prodi, abbiamo sentito parole di eccessiva comprensione per il tiranno di
Tripoli. Somiglia alla sindrome di Stoccolma. La stessa che vediamo in
azione nei tribunali che non riescono a colpire i jihadisti (e non si è capito
se sono sbagliate le leggi o le prassi giudiziarie). La stessa che dopo l’11
settembre ha spinto tanti a prendersela con Oriana Fallaci piuttosto che con i
fondamentalisti (la prima non fa paura, i secondi sì). La stessa che ci fa
scandalizzare più per ogni pagliuzza nei nostri occhi che per le travi negli
occhi loro.
Tenere la schiena dritta quando altri ti scatenano addosso una guerra di civiltà
che non avresti mai voluto combattere è difficile. Ma piegare la schiena
significa la rovina sicura.