Il Senato ha approvato una
legge che dà concessioni quarantennali sulla foresta alle imprese private
ROMA – Ha resistito per 65 anni tra il sertão, la
savana arida raccontata da Amado, e la foresta pluviale. È sopravvissuto a
incidenti aerei disastrosi e a spedizioni di oltre un anno in terre
sconosciute. È stato definito l´ultimo degli esploratori dal National
Geographic che gli ha dedicato una copertina. Nel 2001 ha vinto il premio
delle Nazioni Unite riservato agli «eroi sconosciuti del dialogo». Ora Sidney
Possuelo, coordinatore degli indios isolados del Funai, la Fondazione nazionale
per gli indios, è caduto su una frase. Il presidente del Funai, Mercio Pereira
Gomes, aveva sostenuto che gli indios stanno esagerando e «pretendono troppe
terre». Lui ha ribattuto: «I diritti degli indios vanno rispettati». E da un
giorno all´altro è stato licenziato.
Una decisione che ha creato un´ondata di proteste. I cinque antropologi
presenti all´interno del Consiglio indigenista di Brasilia hanno abbandonato
l´incarico, mentre l´Associazione degli antropologi brasiliani faceva sapere
che non li rimpiazzerà. E ieri, con una conferenza stampa organizzata dal
coordinatore dei Verdi Angelo Bonelli, il caso Possuelo è ufficialmente
sbarcato in Europa: Verdi, Legambiente e Wwf sono stati i primi firmatari di un
appello a Brasilia perché riveda la sua decisione evitando di creare una
continuità d´immagine in campo ambientale tra il governo Lula e la stagione buia
della mancanza dei diritti civili.
«Sono passati 500 anni dall´inizio della colonizzazione e ancora non abbiamo
trovato un modo per convivere con i popoli autoctoni», ha ricordato Possuelo,
che nonostante il siluramento continua a presentarsi con il distintivo del
dipartimento per le tribù isolate del Funai sulla camicia kaki. «E´ un
peccato perché avevamo grandi attese per la presidenza Lula. Ma siamo arrivati
a meno di un anno dalla conclusione del mandato e mi sembra che le ragioni
dell´agroindustria pesino più di quelle degli indios e delle fasce più povere
della popolazione, che non traggono vantaggi dal massacro della foresta».
«Bisogna trovare una via internazionale per riconoscere il valore anche
economico della conservazione dei grandi santuari della natura», ha aggiunto
Bonelli. «E infatti, nel quadro della negoziazione sul clima, si sta studiando
un sistema che premi i paesi non solo per la riforestazione ma per la
salvaguardia dei grandi patrimoni verdi. Non è però tollerabile che, mentre si
discute, la dote verde del pianeta venga divorata. Non conviene a nessuno:
nemmeno ai brasiliani che dopo aver spinto centinaia di migliaia di contadini
ad assaltare la foresta se li sono visti tornare indietro, quando i campi si
sono seccati, sotto forma di abitanti delle favelas».
Intanto la strage continua: dei cinque milioni di indios che vivevano in
Amazzonia all´arrivo dei portoghesi e degli spagnoli ne restano meno di un
decimo. Il biennio 1991-92 aveva rappresentato la speranza di un´inversione di
tendenza. Possuelo era stato nominato presidente del Funai e in pochi mesi,
sulle ali dello spirito dell´Earth Summit che aveva emozionato Rio de Janeiro,
era riuscito a raddoppiare le terre assegnate agli indios. Poi il pendolo è
tornato a oscillare nell´altra direzione. Nel 1999 è stato lanciato il piano
«Avanti Brasile» che prometteva posti di lavoro e sviluppo economico per tutti
a spese dell´Amazzonia.
E il primo febbraio scorso il Senato brasiliano ha approvato una legge che
«affitta» l´Amazzonia alle imprese private. La nuova legge, chiamata «per
la gestione delle foreste pubbliche», prevede concessioni quarantennali e ha
come obiettivo moltiplicare per cinque il tasso di sfruttamento del polmone
verde del pianeta. Non è poco se si pensa che già ora non si scherza: all´attuale
ritmo di 25 mila chilometri quadrati all´anno di foresta distrutta (un´area
grande come la Sicilia) nel giro di pochi decenni tre quarti dell´Amazzonia
pluviale si trasformeranno in savana semi arida.
«Quando leggiamo che in Nuova Guinea è stato scoperto un paradiso terrestre ci
emozioniamo», commenta Gaetano Benedetto, direttore delle politiche
istituzionali del Wwf. «Ma di quelle scoperte potremmo farne migliaia:
basterebbe volerlo. Il Rio delle Amazzoni è lungo 6.800 chilometri, la distanza
che separa Berlino da New York. È un ambiente ancora pochissimo conosciuto. E
di questo passo non lo conosceremo mai».