Accontentati i rapitori di Jill Libere le detenute irachene

Washington: «Trattativa? No, coincidenza»

Dopo dinieghi e no comment, intruppate tra altri 400
detenuti, ieri gli americani hanno davvero liberato cinque prigioniere irachene
sospettate di terrorismo. «Come chiedevano i rapitori della reporter Jill
Carroll», ha sottolineato da Bagdad l’agenzia Associated Press . E la linea
della fermezza sempre sbandierata da Washington? Nella Green Zone un ufficiale
parla di «semplice coincidenza». Ma «a questo punto credo che sia stato fatto
tutto il possibile per salvarla», è la reazione del senatore John Warner. Il
generale Kamal, capo dell’intelligence del ministero degli Interni iracheno, ha
detto che Jill sarà presto libera. E che «la scarcerazione delle detenute è
d’aiuto». Solo «una coincidenza» dunque? Certo ad Abu Ghraib rimangono altre
quattro irachene (ma secondo un viceministro della Giustizia potrebbero uscire
presto). Certo, se di cedimento si tratta, può apparire tardivo: l’ultimatum di
72 ore a cui «la Brigata della Vendetta» ha appeso la vita di Jill Carroll,
ventottenne reporter del Christian Science Monitor , è scaduto il 20 gennaio.
«Liberate le detenute irachene o la uccideremo», questa la minaccia fatta
pervenire alla tv araba Al Jazira con una videocassetta di 20 secondi (senza
audio): così il volto da ragazzina di Jill, con i capelli sciolti e le guance
asciutte, arriva nei tg americani. La guerra in Iraq è già abbastanza
impopolare. Ci manca l’incubo della giovane freelance tra i tagliatore di
teste. Il 19 gennaio interviene la Casa Bianca. Oltre all’intransigenza di rito
c’è un’apertura sorprendente: «Il rilascio di Jill Carroll è una priorità
dell’amministrazione». Che significa?

Il portavoce Scott McClellan si trincera
dietro un «no comment» dovuto alla sacrosanta «delicatezza del caso».
A Bagdad l’ambasciatore Usa incontra diversi politici sunniti che potrebbero
mediare. Nella casa di uno di loro sono state consegnate ieri le cinque
detenute. La vicenda di Jill si intreccia alle trattative sul nuovo governo,
che vedono gli americani sponsorizzare l’inclusione dei sunniti. Salvare
l’ostaggio è sempre «una priorità»? Quando l’Italia si muoveva per salvare i
nostri tre bodyguards , nell’aprile 2004 l’allora Segretario di Stato Powell ci
ammoniva: «Non date l’impressione di cercare il compromesso, altrimenti i
terroristi penseranno che il sequestro dà frutti».
Liberare cinque detenute non significa pagare 10 milioni di dollari per la vita
di una giornalista. Ma non è già un compromesso? Cos’è cambiato? L’America è
più stanca, Jill è così giovane, i sunniti vogliono andare al governo. Nel
settembre 2004 due ingegneri cinquantenni, Eugene Armstrong e Kack Hensey,
furono decapitati in Iraq. Non erano «una priorità». La richiesta era la stessa
fatta dagli aguzzini di Jill: «Liberate le prigioniere». La reazione di Bush
allora fu diversa: «Se pensano di scuotere la nostra volontà, si sbagliano».

Michele Farina

Sequestro e ultimatum

LA REPORTER Jill Carroll, 28 anni, collaboratrice del
Christian Science Monitor . Rapita a Bagdad il 7 gennaio
IL VIDEO Venti secondi senza audio sulla tv Al Jazira. L’ultimatum dei rapitori
della «Brigata della Vendetta» agli americani: «Rilasciate le prigioniere
irachene o uccidiamo la reporter»
LE DONNE La questione delle donne prigioniere degli Usa è molto sentita in Iraq
per motivi culturali. Si ritiene che vengano molestate dai soldati. Spesso sono
ripudiate
dalle famiglie

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