<102836128"> Germania Economia – Est Europa
<102836129"> Die Welt 05-05-02 <102836130">“Il bilancio appare molto buono” Stefan von Borstel Intervista a Anton Börner, presidente della associazione datori di lavoro tedeschi ( Bga ). Il bilancio dopo un anno dall’integrazione dei paesi dell’Est Europa appare ancora migliore di quanto atteso: il surplus commerciale ammonta a €3mn.; la crescita [degli scambi?] è a due cifre.
Gli affari fatti con i nuovi paesi dell’Est sono nel loro insieme già più importanti di quelli con gli Usa .
Verso la sola Polonia la Germania esporta quasi quanto verso la Cina.
Occupazione: non ci sono dati affidabili; si calcola che grazie alle relazioni d’affari con l’Est vengano creati 500mila posti di lavoro netti in Germania; non si tratta solo di posti di lavoro ad alta qualifica, ma anche di lavori poco qualificati nella logistica, immagazzinamento e stoccaggio.
Altri esempi: il commercio all’ingrosso dei materiali edili e le imprese edili hanno avuto forti crescite sul mercato ceco, senza il quale alcune non esisterebbero più.
Le tirate populistiche di Müntefering contro la crescita anti-sociale del capitalismo sono dettate dalla necessità di raccogliere voti per le elezioni nel Nord-Reno-Wesfalia; vogliono illudere la gente che la Germania potrebbe abbandonare la globalizzazione e il mercato internazionale; è sol un modo per far allontanare gli investitori creando un clima economico negativo.
Invece l’economia tedesca va bene, stanno bene i lavoratori e le imprese, se non fosse così non avremmo i successi che abbiamo sul mercato mondiale.
La Germania deve affrontare la questione della concorrenza salariale; occorrono anche riforme del mercato del lavoro, nel sistema fiscale e nella previdenza sociale, affinché le imprese tedesche possano affermarsi nella concorrenza globale.
La legge sul salario minimo e sulla validità del contratto per i lavoratori stranieri è una risposta sbagliata, è un mostro burocratico, uno strumento della lotta di classe; lo Stato deve ritrarsi e consentire alle imprese di posizionarsi nella competizione internazionale. <102836128"> Germania Economia – Est Europa
<102836129"> Die Welt 05-05-02 <102836130">“Il bilancio appare molto buono” Stefan von Borstel Intervista a Anton Börner, presidente della associazione datori di lavoro tedeschi ( Bga ). Il bilancio dopo un anno dall’integrazione dei paesi dell’Est Europa appare ancora migliore di quanto atteso: il surplus commerciale ammonta a €3mn.; la crescita [degli scambi?] è a due cifre.
Gli affari fatti con i nuovi paesi dell’Est sono nel loro insieme già più importanti di quelli con gli Usa .
Verso la sola Polonia la Germania esporta quasi quanto verso la Cina.
Occupazione: non ci sono dati affidabili; si calcola che grazie alle relazioni d’affari con l’Est vengano creati 500mila posti di lavoro netti in Germania; non si tratta solo di posti di lavoro ad alta qualifica, ma anche di lavori poco qualificati nella logistica, immagazzinamento e stoccaggio.
Altri esempi: il commercio all’ingrosso dei materiali edili e le imprese edili hanno avuto forti crescite sul mercato ceco, senza il quale alcune non esisterebbero più.
Le tirate populistiche di Müntefering contro la crescita anti-sociale del capitalismo sono dettate dalla necessità di raccogliere voti per le elezioni nel Nord-Reno-Wesfalia; vogliono illudere la gente che la Germania potrebbe abbandonare la globalizzazione e il mercato internazionale; è sol un modo per far allontanare gli investitori creando un clima economico negativo.
Invece l’economia tedesca va bene, stanno bene i lavoratori e le imprese, se non fosse così non avremmo i successi che abbiamo sul mercato mondiale.
La Germania deve affrontare la questione della concorrenza salariale; occorrono anche riforme del mercato del lavoro, nel sistema fiscale e nella previdenza sociale, affinché le imprese tedesche possano affermarsi nella concorrenza globale.
La legge sul salario minimo e sulla validità del contratto per i lavoratori stranieri è una risposta sbagliata, è un mostro burocratico, uno strumento della lotta di classe; lo Stato deve ritrarsi e consentire alle imprese di posizionarsi nella competizione internazionale.
<102836128"> Germania Economia – Est Europa
<102836129"> Die Welt 05-05-02
<102836130">“Il bilancio appare molto buono”
Stefan von Borstel
Intervista a Anton Börner, presidente della associazione datori di lavoro tedeschi ( Bga ).
Il bilancio dopo un anno dall’integrazione dei paesi dell’Est Europa appare ancora migliore di quanto atteso: il surplus commerciale ammonta a €3mn.; la crescita [degli scambi?] è a due cifre.
Gli affari fatti con i nuovi paesi dell’Est sono nel loro insieme già più importanti di quelli con gli Usa .
Verso la sola Polonia la Germania esporta quasi quanto verso la Cina.
Occupazione: non ci sono dati affidabili; si calcola che grazie alle relazioni d’affari con l’Est vengano creati 500mila posti di lavoro netti in Germania; non si tratta solo di posti di lavoro ad alta qualifica, ma anche di lavori poco qualificati nella logistica, immagazzinamento e stoccaggio.
Altri esempi: il commercio all’ingrosso dei materiali edili e le imprese edili hanno avuto forti crescite sul mercato ceco, senza il quale alcune non esisterebbero più.
Le tirate populistiche di Müntefering contro la crescita anti-sociale del capitalismo sono dettate dalla necessità di raccogliere voti per le elezioni nel Nord-Reno-Wesfalia; vogliono illudere la gente che la Germania potrebbe abbandonare la globalizzazione e il mercato internazionale; è sol un modo per far allontanare gli investitori creando un clima economico negativo.
Invece l’economia tedesca va bene, stanno bene i lavoratori e le imprese, se non fosse così non avremmo i successi che abbiamo sul mercato mondiale.
La Germania deve affrontare la questione della concorrenza salariale; occorrono anche riforme del mercato del lavoro, nel sistema fiscale e nella previdenza sociale, affinché le imprese tedesche possano affermarsi nella concorrenza globale.
La legge sul salario minimo e sulla validità del contratto per i lavoratori stranieri è una risposta sbagliata, è un mostro burocratico, uno strumento della lotta di classe; lo Stato deve ritrarsi e consentire alle imprese di posizionarsi nella competizione internazionale.
Die Welt 05-05-02
“Die Bilanz sieht sehr gut aus”
BGA-Präsident Anton F. Börner sieht die deutsche Wirtschaft als Gewinner der EU-Osterweiterung
von Stefan von Borstel
DIE WELT: Herr Börner, vor einem Jahr si
nd die mittel- und osteuropäischen Länder der Europäischen Union beigetreten. Was hat die Erweiterung der deutschen Wirtschaft gebracht?
Anton F. Börner: Die Bilanz sieht sehr gut aus, für Deutschland noch besser als erwartet. Der Außenhandelsbilanzüberschuß beträgt drei Milliarden Euro. Wir wachsen zweistellig und das wird auch in den nächsten Jahren so weiter gehen. Die Beitrittsländer sind zusammen bereits so wichtig wie das USA-Geschäft. Wir exportieren allein nach Polen fast soviel wie nach China. Es ist eine Gewinnerspirale für beiden Seiten: Die Beitrittsländer wachsen, kommen zu Geld und die Nachfrage steigt. Das kommt der deutschen Wirtschaft zugute, weil wir von der Nachfrage nach unseren qualitativ hochwertigen Produkten profitieren. Ein reicher Kunde ist für Deutschland besser als ein armer Kunde. Wir sind da auf einem guten Weg. Was mich besonders überrascht hat, sind die starken Zuwächse im hochpreisigen Konsumgüterbereich, etwa bei Lederwaren.
DIE WELT: Das ist schön für die Unternehmen, aber wie sieht die Bilanz für die Arbeitnehmer aus? Wieviel Arbeitsplätze hat die Ost-Erweiterung gebracht?
Börner: Darüber gibt es keine verläßlichen Zahlen. Wir schätzen, daß aufgrund des Ostgeschäfts pro Jahr netto 50 000 Arbeitsplätze in Deutschland geschaffen werden. Das sind nicht nur hochqualifizierte Arbeitsplätze, das sind auch einfachere Jobs in der Logistik, im Lagerwesen und im Warenwirtschaftswesen.
DIE WELT: In der öffentlichen Wahrnehmung sieht das anders aus. Die deutschen Arbeitnehmer fürchten um ihre Arbeitsplätze. Die Angst vor Fleischern und Fliesenlegern aus Osteuropa geht um.
Börner: Aber das ist doch nur ein winziger Teil der Wirtschaft. Die Bundesrepublik Deutschland ist eine der stärksten Volkswirtschaften der Welt. Es gibt doch auch genügend Gegenbeispiele: Von Baustoffgroßhändlern und Bauunternehmern an der tschechischen Grenze weiß ich, daß sie große Zuwächse auf dem tschechischen Markt haben. Ohne diesen Markt könnten sie oft gar nicht mehr existieren. Unterm Strich profitiert Deutschland mehr als jedes andere Land von der EU-Osterweiterung.
DIE WELT: In der SPD warnen immer mehr vor unsozialen Auswüchsen des Kapitalismus und der Globalisierung.
Börner: Das ist populistisches Angstschüren. Herr Müntefering hat das vom Zaun gebrochen, weil der SPD nichts mehr einfällt. Vor der Landtagswahl in Nordrhein-Westfalen sollen Wähler rekrutiert werden, indem sie den Leuten vorgaukeln, man könnte sich in Deutschland von der Globalisierung und den internationalen Märkten verabschieden. Ich kann nur davor warnen, dem Getöse jetzt auch noch Taten folgen zu lassen. Die Verunsicherung richtet schon genug Schaden an. Man kann nicht einfach eine nationale Wirtschaftspolitik machen, losgelöst von dem was um uns herum vor sich geht. Letztlich schadet das den Unternehmen und ihren Mitarbeitern.
DIE WELT: Wie das?
Börner: Wir vertreiben damit noch die letzten Investoren und tragen zum negativen Wirtschaftsklima bei. Sehr viele Unternehmer sagen, jetzt warte ich erst mal ab und schaue, wo die Fahrt hingeht. Wenn diese Saat aufgeht, dann haben wir nicht fünf Millionen Arbeitslose sondern sechs oder sieben Millionen. Die Investitionsentscheidung ist direkt abhängig von der subjektiven Bewertung der Zukunft. Letztlich bewegen wir uns in einer von der Politik verschuldeten Negativspirale nach unten. Es glaubt keiner an den Aufschwung, und weil keiner dran glaubt, wird nicht investiert. Die Unternehmen bauen Kapazitäten und Beschäftigung ab, die Arbeitnehmer fürchten um ihren Arbeitsplatz und konsumieren immer weniger.
DIE WELT: Wie kommen wir aus dieser Negativspirale hinaus?
Börner: Der gordische Knoten muß durchschlagen werden. Die deutsche Wirtschaft ist gut, die Mitarbeiter sind gut und die Unternehmen sind gut. Sonst hätten wir ja die Erfolge auf den Weltmärkten nicht. Doch wir stehen uns selbst im Wege. Und die Politik macht das Verkehrte. Die Öffnung der internationalen Märkte hat unendlich vielen Menschen in Entwicklungs- und Schwellenländern Wohlstand gebracht und könnte auch unseren Lebensstandard erhöhen. Unser Problem ist, daß die Politik ökonomische Grundregeln mißachtet und den Strukturwandel in Deutschland hin zur Wissens- und Dienstleistungsgesellschaft damit behindert. Nur wer sich an die Spielregeln hält, der steigert den Wohlstand der gesamten Gesellschaft und damit auch den Verteilungsspielraum für die Politik. Wenn man sich aber permanent gegen den Markt stemmt und solche Tiraden wie Herr Müntefering losläßt, braucht man sich nicht zu wundern, daß die Spirale weiter nach unten geht. Deutschland muß sich der Lohnkonkurrenz stellen. Wir brauchen gleichzeitige Reformen am Arbeitsmarkt, im Steuersystem und in den Sozialversicherungen, damit sich die deutschen Unternehmen im globalisierten Wettbewerb behaupten können.
DIE WELT: Die Politik antwortet mit einer Ausweitung des Entsendegesetzes und Mindestlöhnen auf die Befürchtungen in der Bevölkerung.
Börner: Das ist genau die falsche Antwort. Damit werden die wahren Probleme unseres Landes vertuscht. Der Staat muß sich zurücknehmen und den Unternehmen den Freiraum verschaffen, sich im weltweiten Wettbewerb zu positionieren. Die bisherigen Reformschritte haben den übermächtigen und trägen Staat gerade mal um anderthalb bis zwei Prozent zurückgestutzt, noch immer haben wir eine Staatsquote von fast 50 Prozent. Übrigens: Egal ob Staat, Gewerkschaften oder die Kirche, sie sind immer wieder als Unternehmer gescheitert. Wirtschaft ist ein Kampf um den Auftrag. Da gibt es keinen zweiten oder dritten Sieger. Da muß ich zwingend erster werden. Alles was das behindert, ist kontraproduktiv, führt zu Attentismus und Zweifeln. Der Mindestlohn ist ein bürokratisches Monster, das ist ein Instrument des Klassenkampfs. Würden an Politiker die gleichen Maßstäbe wie jetzt an Unternehmer und Manager angelegt, gehörten sie längst davongejagt.
Artikel erschienen am Mo, 2. Mai 2005
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