Riprendiamo da Peoples Dispatch del 5 gennaio (nella traduzione di Giulia Luzzi) un articolo di Tanupriya Singh relativo all’accordo India-Israele per l’importazione di lavoratori indiani, soprattutto per i settori edile e dell’assistenza, in sostituzione di loro compagni di classe palestinesi, ai quali il governo sionista ultrareazionario e razzista di Israele ha revocato il permesso di lavoro. L’accordo è stato concluso qualche mese fa, ma la sua accelerata messa in opera è stata effettuata dopo il 7 ottobre.
La Confederazione sindacale degli edili indiani (CWFI) denuncia l’accordo come una “bieca manovra” che, offrendo condizioni salariali decisamente migliori di quelle esistenti in India, cerca di attrarre i lavoratori indiani utilizzandoli contro i loro compagni di classe palestinesi espulsi da Israele, rimasti senza fonte di reddito, e – se abitanti nella striscia di Gaza – ricacciati sotto i bombardamenti israeliani.
Ma questi lavoratori indiani candidati all’immigrazione in Israele – sottolinea la CFWI – finirebbero a svolgere lavori pesanti in un settore, quello dell’edilizia, in cui ci sono alti tassi di mortalità dei lavoratori palestinesi, anche quelli aventi cittadinanza israeliana. A ciò si aggiunge che i loro salari sarebbero trattenuti dalle ditte che li impiegano fino al termine del contratto [un tipo di rapporto che fa tornare alla mente le condizioni dei coolies.].
L‘operazione in corso costituisce senza alcun dubbio una forma di sostegno del governo indiano al genocidio che lo stato sionista sta attuando a Gaza. Ed ecco a voi un’istantanea del mondo migliore, se non proprio meraviglioso, che secondo certi impostori “rosso”-bruni preparerebbero i Brics.
Apprezziamo molto questa presa di posizione del sindacato indiano, che ha chiamato i suoi aderenti a protestare contro questo accordo, anche se la CWFI continua a coltivare l’illusione che l’oppressione secolare del popolo palestinese, il pluridecennale assedio sionista di Gaza e Cisgiordania, e l’orribile strage in corso possano essere risolte dall’intervento dell’ONU, più impotente che mai ad imporre alcunché allo stato e al governo israeliano (soltanto impotente o anche complice?), e continua a credere alla soluzione dei “due popoli, due stati” ormai resa impraticabile proprio dallo stato sionista. (Red.)
I lavoratori edili indiani rifiutano l’accordo sull’esportazione di manodopera verso Israele come “losca manovra” e riaffermano la solidarietà con la Palestina
La Federazione dei lavoratori edili dell’India ha denunciato le iniziative di reclutamento del governo per inviare indiani a lavorare nel settore edile di Israele. Lo stato sionista deve far fronte ad una carenza di manodopera avendo revocato i permessi di lavoro ai lavoratori palestinesi.
Nelle ultime settimane, almeno due stati dell’India, governati dal Bharatiya Janata Party (BJP), al governo, hanno emanato bandi per l’assunzione di lavoratori edili da inviare in Israele.
A fine 2023 erano circolate notizie secondo cui Israele cercava fino a 100.000 lavoratori indiani in sostituzione di lavoratori palestinesi per l’edilizia. Dopo l’inizio dell’operazione Al-Aqsa il 7 ottobre, Israele ha revocato i permessi di lavoro concessi a tutti i lavoratori palestinesi di Gaza, dove i tassi di disoccupazione e povertà sono dilaganti a causa dell’assedio in corso da 17 anni imposto dall’occupazione sionista.
Questi lavoratori sono stati poi sottoposti a detenzione illegale e a settimane di orribili abusi e torture da parte delle forze di occupazione. Sono stati revocati anche i permessi di lavoro della maggior parte dei lavoratori palestinesi della Cisgiordania, dove Israele continua a mantenere un controllo altrettanto soffocante.
Nel secondo trimestre del 2023, nel settore edile israeliano erano impiegati 75.000 palestinesi della Cisgiordania occupata e 12.000 di Gaza, oltre ai 15.000 della Cisgiordania impiegati in modo informale e circa 23.000 lavoratori immigrati (dati della Banca d’Israele).
I lavoratori palestinesi e immigrati nell’edilizia di Israele sono limitati al cosiddetto “lavoro sporco” [wet work], che si riferisce ad attività ad alta intensità di manodopera quali l’installazione della struttura di un edificio, l’intonacatura, le impalcature e altri simili lavori. Sono impiegati sia all’interno della Linea Verde che negli insediamenti coloniali illegali di Israele.
Alla fine di dicembre il ministero delle Finanze israeliano ha stimato che la perdita di questa forza lavoro costerà al sistema economico fino a 830 milioni di dollari al mese.
Il settore edile israeliano è considerato il settore occupazionale “più pericoloso”. La “grande maggioranza” dei lavoratori che vi perdono la vita sono palestinesi, compresi quelli con cittadinanza israeliana.
Quando è iniziata a circolare la notizia che Israele si stava rivolgendo all’India per assumere lavoratori, i dieci principali sindacati del paese all’inizio di novembre hanno rilasciato una dichiarazione denunciando la manovra come “disastrosa” e “immorale”: “Tale passo equivale ad una complicità dell’India con la guerra genocida in corso da parte di Israele contro i palestinesi”.
Nell’occasione, mentre il governo indiano aveva dichiarato di non essere a conoscenza di “numeri o richieste specifiche”, i sindacati avevano ricordato un accordo tra India e Israele, del maggio 2023, che prevedeva il reclutamento fino a 42.000 lavoratori, l’80% dei quali sarebbe stato destinato al settore delle costruzioni e il resto al settore dell’assistenza.
A dicembre, in seguito alle visite di “reclutatori” israeliani, tra cui membri dell’Associazione israeliana dei costruttori edili (IBA), il governo indiano a guida BJP dello stato di Haryana ha dato il via ad una campagna di reclutamento, alla ricerca di 10.000 lavoratori da inviare in Israele, anche per l’edilizia. Il vicedirettore generale di IBA ha dichiarato a PTI che l’associazione intendeva cominciare ad importare 10.000 lavoratori indiani, per poi arrivare a 30.000.
Poco dopo, è stato riferito che lo stato dell’Uttarakhand stava “esaminando la possibilità” di inviare lavoratori edili in Israele.
A dicembre, anche il governo di un altro stato a guida BJP, l’Uttar Pradesh (UP), ha iniziato a reclutare lavoratori edili da inviare in Israele. Il governo dell’UP ha cercato di stabilire stretti legami con le forze di occupazione israeliane, anche nell’ambito della “modernizzazione della polizia” in uno Stato le cui forze sono note per aver commesso gravi violazioni dei diritti umani.
Ai lavoratori edili dell’UP che accettano di andare in Israele è stato promesso un salario mensile fino a 1.609 dollari, molto più alto del salario minimo fissato dal governo indiano, e ancora negato ai lavoratori del settore informale.
Tuttavia, occorre sottolineare che, secondo quanto riferito, i salari saranno depositati presso l’azienda che li impiega e consegnati ai lavoratori solo al termine del contratto, che potrebbe durare da uno a cinque anni.
Dopo il primo annuncio da parte del governo dell’Haryana, la CWFI [Confederazione dei lavoratori dell’Edilizia dell’India] aveva chiamato i suoi aderenti ad organizzare proteste contro le proposte di reclutamento.
“L’Haryana Kaushal Rojgar Nigam (HKRN) [Agenzia statale per l’occupazione] ha stabilito criteri specifici per coloro che sono interessati all’iniziativa di reclutamento di giovani lavoratori. Si tratta di un bieco stratagemma per sfruttare i lavoratori edili più poveri del nostro Paese da mandare in Israele, offrendo buone paghe al prezzo di morte, fame e perdita di entrate per i compagni di lavoro palestinesi“, ha dichiarato il sindacato, aggiungendo che l’invio di lavoratori “in sostanza, accresce il sostegno agli attacchi genocidi contro la Palestina”.
Il sindacato ha chiesto al governo indiano di sostenere la richiesta di un cessate il fuoco immediato presso l’ONU e la creazione di uno Stato palestinese indipendente, anziché intavolare trattative per l’invio di lavoratori in Israele.
“I lavoratori edili in India sono uniti alla classe operaia e al popolo palestinese, che sta affrontando attacchi genocidi da parte di Israele con il pieno sostegno degli Stati Uniti e di altri paesi imperialisti”, ha affermato CWFI.