Il battaglione Azov, fondato da Andriy Biletsky (nota 1) e da fuorusciti della formazione di estrema destra Pravyi Sektor, (Settore Destro), è nato come milizia volontaria in seguito all’annessione russa della Crimea (2014), con l’obiettivo di sostenere l’allora inadeguato esercito ucraino nella lotta contro le forze secessioniste del Donetsk e di Lugansk (nota 2). E’ fondamentalmente antirusso, teorizza il suprematismo bianco. Putin l’ha preso a pretesto per giustificare l’aggressione all’Ucraina, definita ipocritamente come “operazione di denazificazione”. L’importanza del battaglione Azov non va sopravvalutata, né militarmente né come peso politico. Se mai va analizzato come cartina al tornasole del funzionamento della società e della politica ucraina, ma anche come riprova della malafede e ipocrisia della propaganda bellicista occidentale, che li spaccia come nuovi “partigiani”. Sono nemici di classe, ma non gli unici.
Il nemico, come sempre, è in casa nostra.
Il finanziamento degli oligarchi
A finanziare il battaglione furono alcuni noti oligarchi ucraini, tra cui il magnate dell’energia Igor Kolomoisky e Serhiy Taruta, industriale dell’acciaio.
Kolomoisky, l’oligarca di Dnipro, le cui attività spaziano dalla finanza alla siderurgia, dal petrolio ai mass media, considerato il terzo uomo più ricco dell’Ucraina, è stato personalmente danneggiato dall’occupazione della Crimea, dove tutti i suoi beni in loco, tra cui un aeroporto passeggeri, erano stati confiscati. Caduto Janukovich, il presidente ad interim Oleksandr Turchynov lo nomina governatore dell’oblast di Dnipropetrovsk, sua città natale. Immediatamente lui mette una taglia sugli attivisti filo russi e riesce a tenere la sua regione di riferimento fuori dallo scontro fra pro e anti russi. Contemporaneamente finanzia varie formazioni paramilitari di destra, fra cui Pravyj Sektor (Settore Destro), Azov, Dnepr 1, Dnepr 2 e Donbass, investendoci circa 10 milioni di $ (nota 3). Lo scopo è di creare uno strumento più efficiente, ma anche senza scrupoli per contenere i gruppi separatisti filo-russi.
Serhiy Taruta, industriale dell’acciaio, originario di Mariupol, ottenne da Oleksandr Turchynov il governo dell’oblast di Donetsk durante il 2014. Fu anche eletto in Parlamento (e rieletto nel 2019). Ma a differenza di Kolomoisky non è riuscito a tenere a freno i separatisti filorussi e ha perso il controllo di buona parte del Donetsk, sia perché meno ricco, sia perché meno spregiudicato.
La normalizzazione di Azov e la guerra nel Donbass
In seguito all’aumento considerevole delle diserzioni dall’esercito ucraino, nel 2014 il governo di Kiev decise di avvalersi dei servizi dei gruppi paramilitari di destra. Arsen Avakov, oligarca, ministro degli Interni in ben tre governi, dal 27 febbraio 2014 al 15 luglio 2021, fu un sostenitore di queste milizie, che in quell’anno erano in grado di mettere in campo 12 mila uomini, organizzati in 40 battaglioni.
Il battaglione Azov fissa la sua sede a Urzuf, città costiera che si affaccia sul Mar d’Azov da cui prende il nome, a circa quaranta chilometri a sud-ovest di Mariupol nell’oblast di Donec’k. Il 13 giugno 2014 i suoi uomini riconquistano Mariupol precedentemente occupata da separatisti filorussi e in seguito partecipano a numerose operazioni militari come «battaglione speciale di polizia» sotto il controllo del Ministero degli Interni ucraino. L’11 agosto il battaglione “Azov” e i paracadutisti dell’esercito ucraino liberano la città di Mar”ïnka, occupata dalle forze separatiste filorusse; nel settembre 2014 il battaglione “Azov” partecipa alla seconda battaglia di Mariupol che fu allora sottoposta a bombardamenti con razzi Grad. Grazie a Avakov “l’attività di Azov in Ucraina orientale ha regalato all’organizzazione la reputazione di baluardo della nazione e il sostegno dello stato”. L’allora presidente, Petro Poroshenko, li salutò come “i migliori guerrieri del Paese”.
Alla fine del settembre 2014 vengono inseriti nella Guardia Nazionale sempre sotto il controllo del ministero dell’Interno. Nel gennaio 2015 il battaglione è promosso allo status di Reggimento Operazioni Speciali (Polk Osoblyvoho Pryznačennja) e intraprende un’intensa attività di addestramento e riorganizzazione. Da quel momento il reclutamento è più selettivo e l’addestramento più professionale, incentrato su operazioni speciali, ricognizione, controguerriglia. Oltre all’élite rappresentata dagli sminatori, il battaglione dispone di un reparto meccanizzato, una compagnia corazzata, artiglieria, genio, sanità, trasmissioni, secondo uno standard organizzativo comune a tutti i reggimenti speciali ucraini. I rifornimenti regolari di armi e materiali inviati dalla Guardia nazionale, aumentano notevolmente l’efficienza del reparto, che a maggio 2015 schiera oltre 1.000 uomini, impegnati a sorvegliare il fronte di Donec’k. I componenti sono ora militari ucraini regolari e ricevono (maggio 2015) una paga mensile di 10.000 Gryvnie (400 Euro). Assieme al battaglione “Donbass” e al DUK (Corpo Volontari Ucraini) diventa uno dei reparti più intensamente impegnati nel conflitto del Donbass, conducendo intense attività di bonifica da ordigni esplosivi e di ricognizione.
I crimini di guerra
Durante il conflitto in Donbass i soldati dell’Azov si sono macchiati di stupri, torture e altri crimini di guerra, anche ai danni della popolazione civile. Un esempio raccapricciante dei metodi di Azov o di Pravyj Sektor è stata la strage di Odessa (nota 4). Nel settembre 2014 Amnesty International sollecita un’inchiesta da parte del premier ucraino Arsenij Jacenjuk, ma l’inchiesta assolve Azov. L’operazione di “ripulitura” dell’immagine del Reggimento comprende anche la cancellazione su internet di tutti i riferimenti al passato di Denis Pojipenko, ex capo degli ultras della Dinamo Kiev e in quel momento “eroe del paese”. Tuttavia, nel 2016 un rapporto dell’OCSE ribadisce che il battaglione “Azov” è responsabile “dell’uccisione di massa di prigionieri, di occultamento di cadaveri nelle fosse comuni e dell’uso sistematico di tecniche di tortura fisica e psicologica”. Rincara la dose l’Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni unite che li accusa di bombardamenti ingiustificati di aree densamente abitate, detenzioni illegali, torture, uccisioni extra giudiziali, persecuzione di oppositori politici. Queste accuse non vengono contestate nel merito dagli esponenti politici ucraini, ma liquidati come “propaganda russa”. Essendo considerati parte delle forze di polizia, l’opera di estorsione, persecuzione e di minaccia fisica da parte del battaglione Azov e di altre formazioni consimili viene esercitata anche contro attivisti politici, sindacalisti, sostenitori dei diritti politici, femministe o contro chiunque denunci la corruzione dilagante.
Il ruolo degli USA
Nonostante questo dal 2016 (amministrazione Obama), il battaglione “Azov” viene addestrato e finanziato, come altri corpi delle forze armate ucraine, dagli Stati Uniti d’America.
Per definire al meglio questo aspetto bisogna fare un passo indietro al periodo 2013-2014, agli avvenimenti definiti come “Maidan” cioè il processo che portò alla sostituzione del filo russo Janukovich con un governo filo occidentale che minacciava di togliere alla Russia il controllo della base militare di Sebastopoli, cioè il controllo del passaggio dal mare d’Azov al mar Nero e al Mediterraneo. Gli Usa stanziarono immediatamente 1 miliardo di $ di aiuti a favore del governo provvisorio ucraino. In quegli anni sia il “falco” Hillary Clinton che Biden avevano delineato una strategia di tensione imperniata sull’Ucraina, dove speravano di far impantanare la Russia, come già era avvenuto in Afghanistan. Oggi molte fonti non filorusse ritengono che dietro il massacro di piazza Maidan (febbraio 2014) ci siano stati cecchini finanziati dalla Cia (nota 5).
Nel febbraio 2014 Biden arrivò a Kiev a sostenere il nuovo governo ucraino e soprattutto a garantire l’appoggio americano in difesa dell’integrità territoriale ucraina. “Del tutto casualmente” in aprile suo figlio viene assunto dalla Burisma Holdings, la maggiore compagnia energetica dell’Ucraina, e ci rimane fino ad aprile 19 (un padre futuro presidente merita qualche sacrificio).
Se Kolomoisky e Taruta miravano a difendere i loro interessi privati e le zone di influenza, il battaglione Azov aveva interesse a un rapporto diretto con i gruppi suprematisiti bianchi, sia in Europa che negli Stati Uniti e ad essere armato dagli Usa. Fin dalla sua nascita il battaglione attira volontari provenienti dall’estrema destra ucraina ma anche volontari d’ispirazione nazifascista e neonazista provenienti da diversi paesi europei tra cui Italia (Casapound), Francia, Spagna e Svezia. Il governo ucraino tenta di ripulirne l’immagine. Viene proibita la propaganda neonazista esplicita, si epurano gli elementi più compromessi. Ma Stepan Bandera, l’ultranazionalista ucraino collaboratore del Terzo Reich durante la Seconda Guerra Mondiale resta il loro eroe. Non cambia l’iconografia: le t-shirt nere, le teste rasate, il saluto con il pugno al petto, l’esibito militarismo machista e supernazionalista.
Per non farsi mancar niente, comunque il Parlamento ucraino nel dicembre 2018 decide che il 1° gennaio di ogni anno diventi il giorno di commemorazione appunto di Stepan Bandera (nota 6).
La fornitura di armi da parte Usa all’Ucraina fra dall’inizio del 2014 alla fine del 2020 ammonta a un miliardo e 993 milioni di dollari (di cui 1,5 nel periodo della presidenza Trump, che in più autorizza l’export di armi “letali” che Obama aveva escluso). Dall’inizio della presidenza Biden nel 2021 la fornitura è stata di circa un miliardo e dopo l’inizio della guerra nel 2022 sono stati decisi altri 800 milioni di $ (nota 7). Quasi altrettanto è stato speso per addestrare le truppe di Kiev nell’ambito del Joint Multinational Training Group Ukraine, attivo dal 2015 (su cui lucrano peraltro i molto corrotti funzionari ucraini).
In modo del tutto legale queste armi e l’addestramento sono finiti anche ai gruppi di estrema destra come Azov, perché del tutto ufficialmente fanno parte della Guardia Nazionale (50 mila uomini); l’astuzia sta nel fatto che la GN dipende dagli Interni e l’esercito (145 mila uomini) dalla Difesa. Questo era ed è ben noto sia a Biden sia ai dirigenti europei. Le esigenze imperialiste li ha resi “di manica larga”. Del resto, le guerre hanno questo di speciale che trasformano quelli, che in tempo di pace sono delinquenti e assassini, in eroi.
La presidenza Zelensky nella prima fase
Nel 2019 alle elezioni presidenziali si presenta Volodymyr Zelensky, un giovane di famiglia ebraica, russofono, star della serie televisiva “Servitore del popolo”, trasmessa da Media Group, un canale di cui Kolomoyski possiede il 70%. In precedenza aveva lavorato in un altro canale, Inter, di proprietà dell’oligarca Firtash. Senza grosse difficoltà i commentatori politici fanno 2+2 e vedono in Zelensky il candidato di Kolomoyski: lo stesso legale tutela entrambi; Zelensky ha tenuto regolari incontri personali col magnate recandosi di volta in volta in Svizzera e Israele, dove risiedeva; Media Group ha fatto campagna elettorale attiva per lui. L’appoggio del magnate ha portato a Zelensky molti voti anche ad est dove Kolomoyski è considerato colui che ha fermato l’avanzata russa nel 2014. Sulla precedente professione del Zelensky, non c’è da stupirsi, lo rende un buon interprete del ruolo, come lo fu Regan ai suoi tempi in un contesto ben più importante. La serie televisiva lo vedeva come un uomo comune che diventato presidente lottava contro la corruzione imperante. Inevitabile che gli ucraini ci si identificassero (molti avranno pensato che non poteva essere peggio dagli oligarchi grandi e piccoli che si erano alternati alla Presidenza).
Vincitore su Poroshenko al ballottaggio, Zelensky non ha un solo deputato (ha creato il suo partito alla fine del 2018). Anticipa allora le elezioni politiche e ottiene, col suo Partito “servo del popolo”, la maggioranza anche in Parlamento.
Le sue prime iniziative riguardano il conflitto in Donbass: uno scambio di prigionieri con la Russia, la garanzia che gli oblast di Donetsk e Luhansk avrebbero goduto di un’autonomia permanente nell’ambito dell’Ucraina qualora avessero avuto luogo elezioni locali regolari e monitorate dall’Osce. Questo scatena contro di lui l’ostilità del battaglione Azov (alcuni suoi membri minacciano Zelensky di morte se svenderà ai russi la patria ucraina). Il Reggimento rifiuta di interrompere i combattimenti e di ritirarsi sul confine delle repubbliche separatiste.
Nel 2020 promuove una legge che ha l’ambizione di limitare l’influenza sulla politica e sui media degli oligarchi ucraini. Nel frattempo l’influenza di Kolomoyski, che è nel mirino dei giudici americani, si attenua. La legge (che entra in vigore nel maggio 2021) prevede che agli oligarchi verrà vietato di finanziare ogni tipo di attività politica in Ucraina, di partecipare (direttamente o indirettamente) alle gare di privatizzazione su larga scala e saranno obbligati a dichiarare ogni loro attività secondo la legge dell’Ucraina “Sulla prevenzione della corruzione”; inoltre, i funzionari pubblici di alto livello saranno tenuti a rivelare tutti i loro contatti con gli oligarchi. Nel mirino finisce l’oligarca più importante e “storico”, boss della siderurgia e dell’energia, cioè Rinat Achmetov a capo della società DTEK Enerho, principale importatore di carbone, notevolmente indebolito dalla guerra in Donbass. Gli oligarchi ostili mobilitano contro Zelensky sia il ministro degli interni Arsen Avakov che Dmytro Razumkov, presidente del Parlamento.
Dopo un lungo braccio di ferro nel luglio 2021 Arsen Avakov è costretto a dimettersi (era accusato, oltre che di appropriazione indebita, anche di aver coperto gli assassini di giornalisti critici con oligarchi e autocrati, ad es. il bielorusso Pavel Sheremet). Un’operazione in parte vanificata dal fatto che il successore Monastyrsky è anche lui un sostenitore delle formazioni militari di estrema destra. In settembre 2021 si dimette Razumkov.
Zelensky, la presidenza Biden e la svolta del 2021
Nel corso del 2021 Zelensky è sotto attacco e la sua popolarità altalenante (la gente comune non vede miglioramenti di sostanza nella propria condizione di vita, l’Ucraina resta il terzo paese più corrotto nell’area del centro-est Europa, preceduta solo da Azerbaigian e Russia, il Covid mette in affanno l’economia e aumenta il debito estero). Il nuovo presidente Usa, da sempre attento agli avvenimenti ucraini, intensifica i rapporti politici con Zelensky, gli offre sponda, riprende a riarmare massicciamente l’Ucraina. In contemporanea i rapporti con Mosca si deteriorano e la guerra nel Donbass riprende intensità.
Zelensky apre alle organizzazioni come il battaglione Azov, avendo rinunciato alla distensione con Mosca. Nel novembre 2021 uno dei più noti miliziani di estrema destra, Dmytro Yarosh è nominato consigliere del comandante delle forze armate ucraine; nel dicembre 2021 Dmytro Kotsyubaylo, uno dei dirigenti del “settore Destro”, è decorato come “Eroe dell’Ucraina”. Agli inizi del 2022 affida a Maksym Marchenko, ex comandante del battaglione Aidar, di estrema destra e accusato di svariati crimini di guerra nel Donbass, l’amministrazione regionale di Odessa.
Con l’invasione russa dell’Ucraina del 2022, il ruolo militare del battaglione Azov torna alla ribalta. Gli esperti militari ritengono che sia suo il merito della lunga resistenza di Mariupol assediata da forze preponderanti russe. D’altronde Mariupol è il loro quartier generale. Il canale d’informazione NEXTA (appartenente a dissidenti bielorussi) riporta la consegna a Charkiv da parte di istruttori NATO di missili anticarro NLAW al reggimento “Azov”. Il 19 marzo 2022, Zelensky conferisce il titolo di Eroe dell’Ucraina a Denis Prokopenko, comandante del Battaglione Azov, “per il coraggio personale e l’eroismo mostrato in difesa della sovranità statale e dell’integrità territoriale” durante l’invasione russa. Denys Prokopenko si è prestato a farsi filmare in assetto di guerra durante un bombardamento, un pezzo di grande impatto per la propaganda di Zelensky. È impossibile al momento verificare quanto ci sia di vero nelle accuse russe secondo le quali sarebbero gli uomini di Azov a sabotare i corridoi umanitari per tenere i cittadini di Mariupol in ostaggio e utilizzarli come scudi umani.
La ‘disinformatja’ russa ne esagera sia i numeri che il radicamento nella società ucraina. Il Cremlino, parla di “migliaia” di nazionalisti asserragliati nella città martire di Mariupol, ma secondo Der Spiegel, la consistenza numerica del battaglione avrebbe avuto un picco massimo di poco più di 2.500 unità a fine 2015 per poi scendere attualmente a 1000, massimo 1500. Gli scontri a fuoco avrebbero decimato il reggimento, in particolare la battaglia di Volnovakha, conclusa lo scorso 12 marzo con la città spazzata via dai bombardamenti russi. Comunque la loro trasformazione da ultras nazisti a patrioti senza macchia è funzionale al regime di Zelensky.
La vicenda ha anche un risvolto italiano. Nell’archivio del quotidiano La Stampa di Torino c’era un dettagliato articolo di Maria Grazia Bruzzone, sui neonazisti ucraini e sulla risoluzione Onu che li condannava, datato novembre 2014. È stato rimosso in questi giorni in cui Zelensky si atteggia a “ebreo perseguitato” e in cui un ex nazista può diventare appunto l’eroe patriota. È interessante che negli stessi giorni Affari Italiani (legato a Libero di Feltri e Sallusti) dedichi ampio spazio al fenomeno delle formazioni militari neonaziste e scriva che in Europa “sono attivi diversi gruppi di estrema destra, ma solo in Ucraina queste organizzazioni posseggono carri armati e unità di artiglieria grazie all’appoggio dello stato”. È la spia di uno scontro in atto all’interno del governo fra il gruppo capitanato da Draghi fra cui è molto attivo il PD, favorevole all’aumento della spesa militare e all’invio di armi all’Ucraina e invece fette di Lega e M5S contrari o comunque tiepidi.
Il recente apparente “pacifismo” di queste forze politiche è figlio del fatto che in passato (governo Conte I) si sono più o meno apertamente schierate per un’alleanza che potremmo definire “euroasiatica” (tifo per Putin, firma di un accordo nell’ambito della via della Seta). Una scelta che era alternativa a una alleanza euro atlantica. Che lo abbiano fatto perché foraggiati come si scrisse allora o su pressione della loro base elettorale, poco importa. Oggi resistono di fronte alla canea antirussa, travestendosi da pacifisti, ma restano nazionalisti e sovranisti. Le loro posizioni sono ben diverse da quelle internazionaliste del movimento operaio.
Nota 1: Andriy Biletsky, nato nel 1979, discendente da una famiglia di nobiltà cosacca, laureato in storia all’università di Kharkiv, era già da tempo una figura di spicco nei circoli di estrema destra ucraini, ma si oppose alla formazione di Svoboda. Nel 2005 partecipa alla fondazione di Patriot, che esibisce una ideologia da suprematismo bianco. Coinvolto più volte in azioni di piazza, arrestato, liberato nel febbraio 2014, partecipa ai disordini di Maidan e nel maggio 2014 fonda il battaglione Azov e in giugno come il comandante partecipa alla prima battaglia di Mariupol. In agosto è nominato tenente colonnello di polizia. In settembre è eletto in Parlamento, ma non è stato riconfermato nel 2019.
Nota 2: Per inquadrarlo ideologicamente basta dire che iI simbolo del battaglione fa riferimento al Wolfsangel, un amuleto medievale che rappresenta una trappola per lupi e fu adottato inizialmente dal nazismo. In seguito all’adozione della svastica fu conservato da alcune unità militari SS operanti durante l’invasione dell’URSS. Sullo sfondo è posto il sole nero (Schwarze Sonne), costituito dalla rotazione di una serie di svastiche inscritte in un cerchio, anch’esso ispirato alla tradizione runica legata al misticismo nazista.
Nota 3: Per questo il 2 luglio 2014 un tribunale distrettuale russo ha autorizzato il suo arresto in contumacia per “aver organizzato l’uccisione di civili”. Le soldataglie da lui finanziate servono anche a minacciare i funzionari di stato per ottenere più petrolio dei concorrenti per le sue raffinerie. Il 25 marzo 2015, il presidente ucraino Petro Poroshenko lo allontana dalla carica di governatore. Presidente della comunità ebraica ucraina ottiene la cittadinanza di Israele e, da buon oligarca che mette al sicuro il suo gruzzolo all’estero, anche la cittadinanza cipriota. Kolomoysky è noto per aver truffato l’oligarca russo Abramovic e quello ucraino Victor Pinchuk, che lo denuncia per omicidio e corruzione. Nel novembre del 2016 Kolomoysky è eletto segretario del partito politico UKROP; nello stesso anno è accusato di aver sottratto miliardi alla PrivatBank, la principale banca ucraina (20% del mercato), di cui deteneva il 49,1%. Lo stato è costretto a nazionalizzarla e a chiedere fondi al FMI per il suo salvataggio costato 5,6 miliardi. Lo scontro fra l’oligarca e lo stato ucraino si trascina all’Alta Corte di giustizia di Londra. Nel frattempo Kolomoysky si trasferisce negli Usa e poi in Svizzera; i suoi affari infatti spaziano anche a fabbriche siderurgiche in West Virginia, Ohio e, tramite società di comodo in Ghana e Australia. Su questi affari indagherà l’FBI. Documenti del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sostengono nel 2020 che gli investimenti del magnate negli Usa sono stati “una cospirazione internazionale per riciclare denaro sottratto e ottenuto in modo fraudolento da PrivatBank”, tramite una “filiale di Cipro” che fungeva da lavatrice per i fondi rubati. Dal 2021 il magnate e la sua famiglia non possono recarsi negli Usa, lo stesso Blinken lo ha accusato di mettere a rischio la democrazia in Ucraina.
Nota 4: Ci si riferisce all’incendio (maggio 2014) della Casa dei sindacati dove si erano rifugiati alcuni militanti filo-russi. Nell’incendio trovarono la morte 42, alcune delle quali si trovavano all’interno dell’edificio per ragioni di lavoro. I pochi che riuscirono in maniera fortunosa a fuggire dall’incendio furono linciati dai militanti neonazisti che circondavano il palazzo. Alla fine del rogo i testimoni trovarono i corpi carbonizzati dei manifestanti aggrediti e un cadavere di donna seviziata e violentata, e di un’altra donna incinta strangolata con dei cavi telefonici. Si scoprì che tra le vittime del massacro vi erano anche persone colpite da armi da fuoco e mutilate con armi da taglio. Il governo filo occidentale di Jaceniuk, il Ministro degli Interni ucraino e la polizia sostennero da subito che i manifestanti anti-governativi fossero rimasti uccisi dalle fiamme scaturite dai loro stessi lanci di bombe molotov. Nessuna inchiesta fu condotta.
Nota 5: https://lists.peacelink.it/pace/2022/01/msg00013.html https://www.analisidifesa.it/2017/11/gian-micalessin-svela-la-vera-storia-della-rivoluzione-ucraina-del-2014/
https://it.insideover.com/reportage/guerra/quelle-verita-nascoste-sui-cecchini-di-maidan.html
Nota 6: Bandera nacque il 1° gennaio a Lviv, che sempre nel dicembre 2018 ha deciso di trasformare il 2019 nell’anno “di Bandera”, cosa che ha provocato vive proteste da parte di Israele, visto che il gruppo da lu9i fondato, che si unì entusiasta ai nazisti, si macchiò anche di crimini di guerra contro gli ebrei.
Nota 7: cfr https://www.geopolitica.info/supporto-militare-americano-ucraina/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/03/19/guerra-ucraina-da-biden-piu-armi-a-kiev-che-nel-periodo-2014-2020-dai-javelin-ai-droni-kamikaze-ecco-le-forniture-usa/6529277