La crisi globale multipla – sanitaria, sociale ed economica – provocata dalla pandemia Covid-19 ha messo chiaramente in luce l’interazione imprescindibile tra formazione sociale capitalistica e rapporto uomo-natura. Non esiste aspetto della vita dell’uomo e dell’ambiente in cui vive che non venga influenzato dal sistema sociale vigente, il quale impone la propria finalità ultima, il raggiungimento del massimo profitto a qualunque costo – alla stragrande maggioranza dell’umanità e alla natura stessa, spesso negando la soddisfazione di bisogni vitali e, nelle crisi più acute, distruggendo milioni di vite. Dopo l’esempio della lotta condotta da una minoranza tribale del Brasile, i Munduruku, per la sopravvivenza propria, del territorio, e dell’ecosistema, riporto un articolo che riguarda la popolazione indiana di un’area nei pressi del Golfo del Bengala, nello stato di Orissa. Sostanzialmente i temi sono gli stessi: grandi e piccole imprese capitaliste vogliono produrre i loro profitti sfruttando e facendo ammalare la manodopera locale a basso costo, depredando le risorse naturali che consentono la sopravvivenza alla popolazione locale, e distruggendo l’ecosistema locale in primo luogo, con ulteriori possibili effetti a livello dell’intero subcontinente indiano. Anche qui, a Dhikia, stato di Orissa, un “Davide” contro un “Golia”. La popolazione contadina, che vive su un’agricoltura di sussistenza contro il grande capitale di un grosso gruppo siderurgico appoggiato dallo e stato, che mette in campo la violenza propria di uno stato borghese, anche democratico, contro cittadini inermi che protestano in difesa di propri diritti violati e calpestati, peraltro riconosciuti formalmente ed ipocritamente dalla legislazione.Gli abitanti di Dhikia sono costretti a scendere in campo per difendere i diritti sulla terra, il diritto alla casa, la propria sopravvivenza dignitosa, e con questo anche l’ecosistema. Nella loro attuale battaglia sono sostenuti dalla passata esperienza di lotta contro un altro colosso, il sudcoreano POSCO, che riuscirono a sconfiggere.
la traduzione integrale dell’articolo pubblicato su Countercurrents, il 15 febbraio 2022, La popolazione e l’ecosistema di Dikhia contro l’industria siderurgica indiana, di Pritilata Biswas.
Da diversi mesi la popolazione di Dhinkia, nel distretto di Jagashinghpur, stato di Orissa, protesta contro il progetto per la costruzione di un complesso siderurgico da parte di Utkal Steel Industries Ltd., che fa parte del gruppo JSW, valore 13 miliardi di dollari, di proprietà di Sajjan Jindal.[1]
Il 14 gennaio la violenza dello Stato contro i manifestanti ha raggiunto livelli disumani, attaccati con brutali cariche di manganello. Anziani, bambini, donne, nessuno è stato risparmiato dalla spietata carica. Sono state ferite più di cento persone, arti rotti e crani fratturati. Molti sono stati arrestati e detenuti. La popolazione è spaventata e terrorizzata.
Ricordiamo che sono state demarcate due nuove regioni, Patana e Mahala per suddividere gli abitanti di Dhinkia in tre gram panchayat.[2] Una divisione che negli ultimi mesi ha creato molta tensione, perché ha lo scopo di manipolare la decisione del gram Sabha a sostegno del progetto per una fabbrica siderurgica. La gente di Dhinkia ha bloccato le tre entrate del villaggio con recinzioni di bambù e ha fatto un sit-in di protesta.
Jagatshinghapur si trova a due km. dalla costa del Golfo del Bengala, ed è conosciuto per la produzione di foglie di betel[3] di ottima qualità. La maggior parte degli abitanti sono Adivasi, e si guadagnano da vivere coltivando e vendendo foglie di betel. C’è anche qualche coltivazione di anacardi. Essendo una regione costiera molti si guadagnano da vivere anche con la pesca.
ll progetto siderurgico proposto da Sajjan Jindal a Jagatshinghpur è un progetto integrato che assieme all’impianto siderurgico prevede una centrale termica e una fabbrica di cemento. Il suo costo totale ammonta a 65 mila crore di Rupie.[4] Ha un obiettivo di produzione annuale per l’acciaio di 13,2 milioni di tonnellate, per l’energia di 900 megawatt (MW), e per il cemento 10 milioni di tonnellate (MTPA). È inoltre prevista la costruzione di un molo sul fiume Jatadhar, adiacente a quest’area, per facilitare il trasporto delle merci.
Si prevede che queste attività edilizie e lo sviluppo industriale avranno un impatto negativo sugli uomini, la natura e l’ambiente dell’area. Ne verranno coinvolti gli abitanti di sei o sette villaggi, tra cui Dhinkia. Per questo la popolazione si è vista costretta ad imboccare la strada della protesta e della resistenza.
Si tratta dello stesso sito dove, nel 2005, il gruppo siderurgico sudcoreano POSCO presentò un suo progetto dopo aver concordato un Memorandum d’intesa con il governo dello stato di Orissa. Furono dati a POSCO circa 3000 acri di fertile terra costiera, dove erano coltivate 5000 arbusti di betel. Anche in quella occasione gli abitanti di Dhinkia combatterono strenuamente in difesa dei loro diritti sull’acqua, la terra e la foresta. Alla fine, nel 2016, POSCO fu costretta a rinunciare al progetto e a restituire la terra al governo dello stato.
Nonostante la legge sui diritti forestali (Forest Right Act) del 2006, le popolazioni indigene dell’area sono state derubate dei loro diritti su questa terra, anche dopo che POSCO se ne era andata. Secondo una stima del 2008, se implementato, il progetto POSCO avrebbe tolto i terreni agricoli a 3578 famiglie, e la casa a 718 famiglie. Però, anche se questo progetto non è stato realizzato, l’area non è stata protetta dalla deforestazione. Il governo dello stato di Orissa ha ceduto di nuovo la terra al gruppo Jindal per un impianto analogo destinato alla produzione siderurgica e alle industrie associate. Da sottolineare che l’attuale progetto non ha ancora ricevuto l’autorizzazione ambientale dal Ministero dell’Unione.
L’India è il secondo produttore mondiale dei prodotti grezzi dell’industria siderurgica (al primo posto c’è la Cina), ed è al terzo posto mondiale per il consumo di prodotti siderurgici (al primo e secondo posto, rispettivamente, Cina e America). La materia prima per l’acciaio e il ferro grezzo viene preparato con due tipi di processo. Il prodotto di un processo si chiama “ghisa”, quello del secondo processo, si chiama “ferro spugnoso”. Nell’anno finanziario 2019-20 l’India ha prodotto il 14% di ghisa e l’86% di ferro spugnoso [del mondo?]. Nessun’altro paese produce tale enorme quantità di ferro spugnoso.
Metodi di produzione e inquinamento
Ferro spugnoso: si tratta di un metodo molto antico di estrazione del ferro dal minerale. In questo processo il minerale di ferro, o ossido di ferro naturale, viene bruciato in presenza di carbonio in modo da rimuovere le impurità contenute. Durante il processo vengono prodotte scorie solide cenere nera, carbonio incombusto, alcune parti bruciate del reattore, silicio galleggiante e particelle di carbonio. Il processo genera inoltre idrogeno, monossido di carbonio e anidride solforosa. In termini di produzione inquinante, tale processo è stato classificato come settore di categoria rossa, meglio conosciuto come “industria sporca”. Il gas emesso dalla ciminiera e altre particelle volatili, tra cui particelle di silicio, si disperdono liberamente nell’aria. Poi, precipitano lentamente e formano uno strato rosso sul terreno.
Il Comitato Centrale per il Controllo dell’Inquinamento ha raccomandato che le ciminiere dell’acciaieria avessero un’altezza di 75 metri. Ma, grazie all’influenza degli investitori privati del settore, l’altezza è stata infine portata a 30 metri. Il livello di inquinamento dell’aria può essere ridotto in una certa misura installando precipitatori elettrostatici o ESP.
Ghisa: Questo metodo è stato inventato in Cina nell’11° secolo. In questo processo il minerale di ferro viene fuso in un altoforno ad una temperatura molto alta che rimuove anche le impurità. Le scorie fuse vengono immediatamente raffreddate versandovi sopra dell’acqua e alla fine si producono dei trucioli solidi che possono essere usati per la costruzione di strade o di dighe nelle zone costiere. Il silicio, presente in esse, favorisce la crescita di alghe nell’acqua, il che aumenta il livello di ossigeno dell’acqua. È un processo relativamente efficace dal punto di vista dei costi, anche se consuma molta acqua. Con questo metodo la quantità di inquinamento è relativamente minore.
Lo sviluppo dell’industria siderurgica in India Secondo le informazioni ricavate dalla pagina web del Ministero indiano dell’Acciaio, nel 1991-92, ci sono stati diversi cambiamenti nelle politiche di esportazione e importazione del minerale di ferro. Riassumiamo di seguito alcuni punti importanti. 1. L’industria siderurgica è stata rimossa dalla lista delle industrie riservate al settore pubblico ed esentate dall’obbligo di licenza secondo la legge del 1951. 2. L’industria siderurgica è stata inclusa nella lista delle industrie “ad alta priorità” in cui l’investimento diretto estero è automaticamente approvato fino al 51%, quota recentemente portata al 100%. 3. Il prezzo e la distribuzione sono stati deregolamentati nel 1992. Il prezzo dell’acciaio viene fissato dal “mercato”. 4. Le importazioni e le esportazioni sono esenti da dazi. 5. Il tetto delle importazioni di prodotti in ferro e acciaio è stato eliminato e le tariffe sono state drasticamente ridotte. 6. Le importazioni di prodotti di seconda scelta e difettosi in acciaio sono permesse solo nei tre porti autorizzati di Mumbai, Kolkata e Chennai, dove nel 2006-7 la tariffa è stata ridotta dal 20% al 10%. |
Anche se questa lista è incompleta, la sintesi riportata basta a comprendere quando e come è stato creato il modello di crescita del settore. Ora vedremo dove giace il minerale di ferro nel terreno naturalmente ricco e vario dell’India.
Negli stati di Orissa, Jharkhand, Chhattisgarh e Karnataka ci sono le maggiori riserve di minerale di ferro, che si trova anche in alcuni altri stati. In tutti i casi, comunque, queste risorse naturali sono depositate nel sottosuolo di dense foreste, abitate da popolazioni indigene che per il loro sostentamento dipendono esclusivamente da quelle foreste e dalle terre adiacenti.
Anche se in questo settore l’import-export è gestito da grandi imprese, che sono collegate al mercato internazionale, il 60% del ferro spugnoso è prodotto da industrie su piccola scala. La maggior parte di queste produzioni su piccola scala non badano a regole e regolamenti. Anche se ogni stato ha reso obbligatoria l’installazione di ESP nel sistema di produzione, la maggior parte di loro gestisce la propria produzione senza installarli, al fine di mantenere più basso il costo di produzione. Per la maggior parte poi queste fabbriche non sono registrate, non sono autorizzate. E non contribuiscono molto all’economia locale. Nonostante le altisonanti promesse di occupazione e riqualificazione, gli indigeni non qualificati sono assunti solo come lavoratori a contratto. A questi poveri sfortunati non vengono nemmeno pagati i salari minimi prescritti. Coloro che hanno lavorato a lungo nel settore soffrono di silicosi, una malattia polmonare. Ed è questo il motivo per cui queste aziende spesso assumono lavoratori migranti, per impedire loro di avanzare richieste di risarcimento.
Quando viene acquisita la terra, nella maggior parte dei casi non viene specificato chiaramente il motivo dell’acquisizione. Per ottenere il consenso, obbligatorio, del gram sabha, in molti casi le compagnie fanno pressione sul sarpanch[5] del villaggio. La forza bruta, il denaro e il potere politico agiscono come arma decisiva. È sull’inganno, sulla miseria dei tribali, dei Dalit e dei lavoratori, che vengono eretti i monumenti al successo di queste industrie.
Scenario internazionale
La Cina, il più grande produttore mondiale di ferro e acciaio, a causa dell’inquinamento atmosferico ha chiuso due fabbriche a Linyi e Chengde. Nel 2016 ha anche annunciato che entro il 2020 avrebbe chiuso, a causa dell’eccesso di produzione e del calo della domanda, diverse altre acciaierie e impianti di produzione di carbone, nelle quali è impiegato il 15% della forza lavoro. Molte di queste sono aziende zombie,[6] il che significa che lo stato è tenuto a concedere il bailout nel caso in cui siano in debito. Così, in nome del contenimento dell’inquinamento, la Cina sta cercando di perseguire un altro obiettivo.
In America due terzi del ferro e dell’acciaio prodotti sono ricavati da rottami riciclati, anziché dal minerale di ferro. Nel 2014, 81 milioni di tonnellate di ferro e acciaio sono state prodotte da rottami per lo più utilizzando forni elettrici ad arco. Nel 2019, ad Ashtabula, Ohio, è stato lanciato un progetto per la produzione di ghisa in conformità con i protocolli sull’inquinamento, che entrerà in funzione quest’anno.
In India invece, grazie alla politica del governo favorevole a investimenti diretti esteri del 100% in questo settore e al dispotismo mondiale del capitale finanziario, vengono depredate la nostra terra, le nostre foreste e le nostre acque, utilizzando manodopera indiana a basso costo e inquinando la nostra aria e il nostro suolo.
Possibili perdite derivanti dal progetto Jindal, in sintesi
L’India si trova nella zona temperata, con l’Himalaya a nord e l’altopiano del Deccan a sud, circondato dal mare su tre lati. Sotto tutti gli aspetti, la diversità è la caratteristica principale di questo grande paese tropicale. Il monsone di sud-ovest attraversa il Deccan in direzione Nord, viene bloccato dall’Himalaya e si dirige verso la valle del Gange, e infine ritorna verso l’India meridionale passando per il Nord-est. Durante questo percorso accumula l’umidità prodotta dalle foreste e cede le precipitazioni alla terra. L’agricoltura indiana dipende da queste precipitazioni. In tutto il paese, il 46% della forza lavoro indiana è impegnata nell’agricoltura e produce una
parte consistente del nostro approvvigionamento alimentare annuale.
Nel 2007, ricercatori di San Pietroburgo, Russia, hanno studiato diverse foreste del mondo e hanno scoperto che sono le foreste costiere che trasferiscono a quelle dell’interno, senza sbocco sul mare, l’umidità necessaria e provocano le precipitazioni. Al riguardo, ricordiamo che la foresta di Jagatshinghpur è una foresta costiera. Se il progetto di Jindal viene realizzato, la foresta sarà cancellata e in futuro potrebbe crearsi un deserto nella regione centrale dell’India. E di conseguenza esploderebbe in India una crisi alimentare.
L’anidride carbonica nell’aria è indispensabile agli alberi per produrre il loro nutrimento. Questo carbonio è immagazzinato come legno nel corpo degli alberi per tutto il loro ciclo biologico. Una ricerca pubblicata nel 2004 ha dimostrato che più l’albero è vecchio, più rapidamente cresce. Ciò significa che gli alberi più vecchi assorbono più anidride carbonica dall’aria, riducendone la temperatura. Gli alberi costieri riducono la temperatura dell’aria sopra il mare. Se l’aria sovrastante il mare raggiunge una temperatura superiore ai 26,5° centigradi e la pressione per due o tre giorni supera i 200 ml., si forma un ciclone. Quindi, se la foresta costiera di Orissa viene disboscata, cicloni devastanti come Ayla e Amphon colpiranno frequentemente la zona orientale dell’India.
Oltre a tutto questo, le foreste sono importanti anche per mantenere l’equilibrio ecologico. Le piante, gli animali e i microbi convivono in una catena dove decomposizione e riproduzione si equilibrano tra di loro mantenendo la catena. Ma se gli alberi vengono abbattuti uno dopo l’altro e la foresta viene sradicata, in questa catena non ci sarà più riproduzione, ma solo decomposizione. Alla fine si spezzerà la catena dell’ecosistema, si creerà cioè il fenomeno denominato frattura metabolica. Le scorie provenienti dall’impianto siderurgico si accumuleranno gradualmente sulla costa della Baia del Bengala, il che influenzerà l’ecosistema acquatico, creando anche qui una frattura.
Con l’aumento della produzione dell’impianto siderurgico progettato, aumenterà anche la riproduzione del capitale, che soddisferà l’avidità di una manciata di persone. Al contrario, se la frattura metabolica dell’ecosistema continuerà a crescere, metterà progressivamente in pericolo la popolazione di questo paese.
Resistenza
Gli abitanti del distretto di Sundargarh dell’Orissa non possono mai guardare l’alba in un cielo limpido a causa dell’inquinamento atmosferico causato dall’impianto siderurgico. A Ratanpur, vicino a Sundarghar, è sorto il progetto di un’acciaieria integrata della Mahavir Hi-tech chemicals. Nel 2005, ci sono voluti cinque tentativi per tenere una riunione del gram Sabha prima di poter finalmente approvare una risoluzione, il 28 febbraio. Quasi 4000 persone parteciparono alla riunione e, nonostante le cariche della polizia, all’unanimità dissero “no” all’impianto progettato. La popolazione di Dhinkia vanta una lunga storia di tenace resistenza contro POSCO, e alla fine ha vinto. Purtroppo oggi sono di nuovo costretti a combattere per la propria sopravvivenza.
[1] Sajjan Jindal (1959) è un imprenditore indiano, ex presidente dell’Associated Chamber of Commerce and Industry of India (ASSOCHAM) presidente, e amministratore delegato di JSW Group di società diversificate in acciaio, miniere, energia, sport, infrastrutture e software business. JSW Steel è il maggiore produttore privato di acciaio dell’India, e ha formato un’alleanza strategica con il sesto produttore di acciaio del mondo e secondo del Giappone, JFE Steel.
[2] Il Gram Panchayat (Consiglio di villaggio) è un organo di governo nei villaggi indiani, con una struttura democratica di base. Il Gram Sabha funge da organo generale del Gram Panchayat. I membri del Gram Panchayat sono eletti dal Gram Sabha. Ci sono circa 250.000 Gram Panchayats in India.
[3] Il betel è una pianta rampicante perenne sempreverde, con foglie lucide a forma di cuore e amento bianco, ed è originaria dell’Asia meridionale e sudorientale. Il suo utilizzo principale è come involucro per masticare la noce di areca o di tabacco, dove viene usata principalmente per aggiungere sapore. Può anche essere usata in cucina, di solito cruda, per il suo sapore pepato. È usato da oltre 300 anni in alcune zone della Cina, dove un tempo aveva un uso medicinale.
[4] 1 crore= 10 milioni: 65000x10milioni= 650.000.000.000, 650 miliardi di rupie= 7,6 miliardi di €.
[5] In India un sarpanch (o gram pradhan o mukya) è un amministratore eletto dall’organo costituzionale di autogoverno locale a livello di villaggio chiamato Gram Sabha (governo del villaggio). Assieme ad altri membri eletti del panchayat costituisce i gram panchayat e gli zilla panchayat. Il sarpanch rappresenta è la figura centrale di collegamento tra i funzionari del governo e la comunità del villaggio e mantiene il potere per cinque anni.
[6] Vengono chiamate “Zombie” le aziende che realizzano introiti sufficienti solo per continuare ad operare e servire il debito, ma non sono in grado di pagare il debito accumulato.