Questa mattina alle ore 6 agenti della Polizia hanno perquisito le abitazioni di 21 lavoratori di Fedex-TNT e organizzatori SI Cobas, sequestrando indumenti, cellulari e quant’altro ritengano utile ad acquisire prove a loro carico, e hanno messo agli arresti domiciliari i coordinatori del SI Cobas Mohammed Arafat e Carlo Pallavicini, mentre altri 5 lavoratori hanno ricevuto il foglio di via e 7 la notifica della revoca del permesso di soggiorno, oltre a multe per 13.200 euro.
L’azione repressiva è la risposta della Questura di Piacenza al picchetto durato 13 giorni davanti al magazzino Fedex, che l’1 febbraio aveva resistito alla carica delle forze dell’ordine, grazie anche al sostegno di numerosi lavoratori accorsi da altri magazzini.
Per lanciare la repressione, la Questura ha atteso fin dopo l’8 marzo, quando il SI Cobas ha organizzato un presidio di parecchie centinaia di lavoratrici e lavoratori davanti al magazzino Amazon di Castel San Giovanni. Le denunce rivolte ai 21 lavoratori vanno dal blocco stradale alla violenza privata alle lesioni personali aggravate, alla resistenza a pubblico ufficiale, reati che sarebbero stati commessi “al di fuori di qualsiasi lecita rivendicazione di tipo sindacale”, quando proprio grazie alla tenacia e determinazione dei lavoratori la vertenza si è conclusa qualche giorno dopo in Prefettura con un accordo sindacale, che oltre ad accordare gli elementi salariali richiesti, assicurava il mantenimento dell’occupazione.
La multinazionale americana Fedex negli Stati Uniti è finora riuscita a impedire la sindacalizzazione degli oltre 200 mila lavoratori con ogni mezzo (compresi il licenziamento e i ricatti); in Belgio ha trovato resistenza tra i lavoratori di Liegi contro i 671 licenziamenti. A Piacenza, nonostante il sostegno militare gratuito fornito dallo Stato contro i lavoratori in lotta, ha dovuto cedere alle loro richieste e ora cerca di stroncare la loro organizzazione sindacale con la repressione giudiziaria e poliziesca.
Nella stessa giornata la polizia aggrediva il picchetto di sciopero della Texprint a Prato, dove da trenta giorni i lavoratori lottano contro condizioni schiavistiche di lavoro, con 14-16 ore di lavoro al giorno per 7 giorni alla settimana (http://sicobas.org/2021/03/10/texprint-violenze-della-polizia-contro-gli-operai-in-sciopero-nonostante-i-feriti-il-picchetto-resiste/).
Il Governo Draghi, che ha aperto la porta alle confederazioni sindacali concertative che hanno rinunciato alla lotta e che alla Fedex di Piacenza cercarono invano di organizzare il crumiraggio contro lo sciopero, mostra il suo volto repressivo antioperaio con questa raffica di denunce, arresti domiciliari e fogli di via, volti a reprimere il SI Cobas, l’organizzazione sindacale che in questi anni ha continuato a praticare la lotta di classe, permettendo a migliaia di lavoratori di sollevarsi da una condizione di semi-schiavitù e conquistare condizioni di lavoro e di vita dignitose, e a impedire che l’esempio della lotta dei lavoratori della Fedex di Piacenza venga raccolto da altri settori della classe.
Mentre scriviamo un folto numero di lavoratori sta protestando davanti alla Questura di Piacenza. Occorre che da ogni città e luogo di lavoro si alzi la protesta contro questa pesante azione repressiva, che si estendano le iniziative di lotta, perché si realizzi quel fronte comune di classe che la repressione vuole impedire.
Sabato 13, ore 14:30, partecipiamo alla manifestazione statica a Piacenza, piazza Cavalli, per la libertà ad Arafat e Carlo, per il ritiro di tutte le misure repressive antioperaie!
Pubblichiamo di seguito il comunicato del SI Cobas:
STATO E PADRONI UNITI CONTRO I LAVORATORI
LA REPRESSIONE NON CI FA PAURA
Alle prime luci dell’alba di stamattina la Questura di Piacenza ha dato vita a uno spettacolare blitz nelle case di decine di lavoratori del magazzino Fedex-TNT e dei principali operatori provinciali del SI Cobas, protagonisti degli imponenti scioperi nei mesi di gennaio e febbraio con i quali i lavoratori riuscirono a imporre una battuta d’arresto ai piani di ristrutturazione della multinazionale americana, al suo tentativo di rompere unilateralmente quelle relazioni sindacali che negli anni il SI Cobas era riuscito ad instaurare con la TNT e, nei fatti, avviare una controffensiva tesa a riportare indietro di dieci anni le condizioni dei lavoratori, sottraendo quei diritti e quelle tutele salariali strappate con dure lotte che hanno portato all’abolizione del caporalato semischiavistico che imperversava nella logistica attraverso il sistema delle cooperative.
L’attacco repressivo di stamattina è stato pesantissimo: 5 divieti di dimora nel comune di Piacenza, almeno 6 avvisi di revoca dei permessi di soggiorno, 21 indagati con possibili misure di sorveglianza speciale, sequestro dei PC, 13.200 euro complessivi di multa per presunta violazione delle misure di contenimento dai contagi (per lo stato gli assembramenti sul posto di lavoro vanno bene, fuori ai cancelli di un magazzino sono un crimine…), e soprattutto 2 compagni, Arafat e Carlo, agli arresti domiciliari.
Quel che sta accadendo in queste ore a Piacenza rappresenta il primo vero biglietto da visita dell’”era- Draghi”: fermi, perquisizioni e arresti domiciliari per chi difende i lavoratori dai soprusi padronali, in continuità con i decreti-sicurezza dei governi precedenti; difesa manu militari verso chi sfrutta, licenzia, affama e utilizza la crisi pandemica come alibi per continuare a moltiplicare i profitti sulla pelle degli operai e della collettività e impunità verso i politici e i manager come i Verdini, i Renzi, gli Angelucci, ecc. che hanno saccheggiato gli erari pubblici e distrutto lo stato sociale!
Un’operazione di polizia di tali dimensioni non può essere il frutto di una dinamica puramente locale, ne solo la conseguenza di uno sciopero che, ci teniamo a ricordarlo, si stava svolgendo in maniera del tutto pacifica fin quando una carica unilaterale del reparto-celere con lacrimogeni sparati ad altezza-uomo contro gli scioperanti non portasse a trasformare una vertenza sindacale in un problema di ordine pubblico.
E’ evidente che ci troviamo di fronte a un tassello di un più ampio attacco repressivo, che vede nei lavoratori di Piacenza il bersaglio privilegiato per via delle importanti iniziative di lotta portate avanti in queste settimane, su tutte la grande manifestazione fuori ai cancelli di Amazon dell’8 marzo.
Lo scopo è quello di colpire la punta più avanzata del movimento che più sta dando filo da torcere ai padroni, e screditare l’unica voce fuori dal coro che si sta levando contro il clima di “unità nazionale” e di pacificazione sociale di cui il governo Draghi è espressione: lo abbiamo visto lo scorso 18 febbraio quando ai lavoratori è stata negata la piazza di Montecitorio per manifestare contro il governo del capitale e dei banchieri; lo stiamo vedendo in queste ore alla Texprint di Prato, laddove è in corso un attacco repressivo violentissimo contro il SI Cobas che è in sciopero contro la barbarie dei turni di lavoro di 14-16 ore al giorno e al maxiprocesso di Modena che vede più di 80 imputati per la vertenza -Alcar Uno.
L’attacco in corso non è solo contro il SI Cobas e i facchini di Piacenza: è un segnale chiaro ai milioni di lavoratori sui quali vogliono scaricare i costi della crisi pandemica! Ma anche stavolta non ci lasceremo intimidire: risponderemo decisi e compatti a queste montature giudiziarie e a ogni tentativo di infangare e diffamare il nostro movimento.
Per questo facciamo appello a tutti i lavoratori, ai solidali, ai movimenti sociali e alle realtà del sindacalismo di classe e combattivo per costruire una grande manifestazione a Piacenza per il giorno SABATO 13 MARZO ALLE ORE 14,30.
LE LOTTE OPERAIE NON SI PROCESSANO!
ARAFAT E CARLO LIBERI SUBITO!!!
SI COBAS NAZIONALE