Pubblichiamo la sintesi di un articolo pubblicato da German Foreign Policy il 12 novembre 2020
Con la Strategia europea per la sicurezza, adottata il 12 dicembre 2003, la UE si proponeva di “creare un anello di Stati governati in modo responsabile ad est dell’Unione europea e ai confini del Mediterraneo, con i quali possiamo mantenere stretti rapporti di cooperazione”.
Da allora, sono scoppiati guerre e conflitti in tutta una serie di Paesi attorno alla Ue, che essa non è riuscita a controllare: in Libia, Mali, Libano, Siria e Ucraina orientale; ora si aggiungono le proteste in Bielorussia e i conflitti con la Turchia – e non solo – nel Mediterraneo orientale.
Un nuovo fallimento di questa strategia è quello per il conflitto in Nagorno Karabakh.
Qui Usa, Francia, Germania e UE hanno di nuovo lasciato il campo alla Russia, come già in Georgia, Ucraina e Siria, dice Deutsche Welle. Mosca ha dimostrato ancora una volta, come già in Siria e in Libia, di essere in grado, nonostante le enormi divergenze, di giungere a compromessi con la Turchia, conquistandosi in questo modo una nuova capacità di influenza concreta. Il successo di Mosca è riconosciuto da tutti. E viene dato come ormai estinto il Gruppo di Minsk dell’OCSE. Esso, costituito negli anni 1990 da USA, Francia e Russia per trovare una soluzione al il conflitto del Nagorno-Karabakh, non è riuscito a mediare tra le due parti in guerra, come pure sono falliti i tentativi di porre fine alla guerra di Berlino e della UE, e quello in solitaria dell’amministrazione Trump.
Nonostante vari i tentativi di mediazione, Berlino non è riuscita ad esercitare la propria influenza nella guerra in Karabakh, la tregua è sotto il controllo di Mosca.
La Cancelliera tedesca Merkel aveva incontrato a fine settembre, all’inizio del conflitto, i presidenti armeno, Nikol Paschinjan, e azerbaijano, Ilham Alijev. Il ministro tedesco degli Esteri, Heiko Maas si è invece incontrato con il suo omologo turco, Çavuşoğlu.
Sono risultati inefficaci anche gli appelli UE.
Siamo di fronte ad un nuovo assetto geopolitico, nel quale il ruolo di garante della stabilità è assegnato da entrambi i contendenti alla Russia.
A sorvegliare la tregua saranno – per almeno cinque anni con la previsione di un prolungamento di altrettanti anni – le forze armate russe, (1960 soldati) che sono ora presenti in tutti e tre gli stati del Sud Caucaso, per la prima volta da inizio anni Novanta, dopo il crollo dell’Urss. In Georgia, le “forze di pace” russe sono di stanza nelle regioni secessioniste dell’Abkhazia e dell’Ossezia del Sud; in Armenia, con cui la Russia collabora nell’alleanza militare OTSC (Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva), le forze armate russe hanno una propria base – quella di Gyumri.
I militari russi controlleranno anche il Corridoio di Lachin, e il nuovo corridoio dell’Azerbaijian che attraversa il territorio armeno e giunge alla exclave azerbaigiana di Nakhichevan.
Dal punto di vista militare l’Azerbaijan, è il vincitore. Sistematicamente armato dalla Turchia, ha potuto riconquistare alcune aree intorno al Nagorno-Karabakh, che fanno parte del suo territorio ma che l’Armenia aveva mantenuto come “cintura protettiva”.
L’Armenia deve abbandonare entro il 1° dicembre la parte di questi territori non ancora riconquistati.
Inoltre, l’esercito azerbaigiano è riuscito a conquistare parti del Nagorno-Karabakh stesso, compresa la città di Shushi/Şuşa, che si trova direttamente sopra Stepanakert, la capitale del Nagorno-Karabakh, e si affaccia sull’unico corridoio terrestre rimasto per l’Armenia, il Corridoio L’Armenia deve anche permettere all’Azerbaigian di stabilire un corridoio terrestre attraverso il suo territorio fino all’exclave azerbaigiana di Nakhichevan.
Devono ancora essere definite molte questioni, tra le quali il futuro status del Nagorno. Non si sa neppure se o quanti abitanti del Nagorno-Karabakh, fuggiti in Armenia durante la guerra, torneranno nella regione, nelle attuali condizioni.