Il presidente brasiliano recupera popolarità grazie a un forte aumento della spesa per la lotta alla povertà. Ma questa politica “sociale” dovrà presto fare i conti con la recessione economica e la scarsità di risorse disponibili oltre che con le pressioni liberiste che arrivano dai suoi alleati.
Se di fronte a un possibile ridimensionamento della spesa sociale e all’aumento dello sfruttamento la classe lavoratrice si accontenterà di quel poco che viene elargito, l'”assistenzialismo di destra” potrà tamponare la crisi del capitalismo brasiliano; se invece reagirà con la lotta, potrà non solo sconfiggere il governo, ma anche porre le basi per il rovesciamento del capitalismo.
Le ultime rilevazioni statistiche danno la popolarità del presidente Bolsonaro in aumento.
Dopo aver accusato una diminuzione di consenso all’inizio della pandemia, secondo un’indagine di Datafolha effettuata a metà agosto il 37% della popolazione brasiliana valuta positivamente il governo. Era il 32% a giugno. Il 34% lo ritiene insostenibile, mentre a giugno era il 44%.
In una ricerca più recente di DataPoder360, realizzata tra il 31 agosto e il 2 settembre, già si manifesta l’instabilità di questa crescita di approvazione, non tanto per i numeri quanto per la composizione sociale che vi soggiace.
Nei settori senza reddito fisso e nelle regioni del Nord-Est, principali obiettivi del nuovo programma assistenziale del governo e nella regione dove Bolsonaro ha subito la più forte sconfitta elettorale nel 2018, il consenso al governo è caduto rispettivamente del 6 e dell’8%.
La ragione dell’aumento di popolarità del presidente sta nell’aiuto di emergenza di 600 R$ (90 euro) erogato ad ogni persona in difficoltà economiche, in conseguenza della pandemia da Covid-19 da aprile ad agosto. Dovremo aspettarci quindi una inversione di questa dinamica nei mesi successivi, quando il contributo si dimezzerà, e ancor più dal 2021, quando cesserà definitivamente.
Sta avvenendo una migrazione di consensi a Bolsonaro: all’inizio del suo mandato l’appoggio al presidente si concentrava nei settori della classe media, sostenitori di Lava Jato e del populismo anticorruzione, principalmente bianchi e del Sud, Sud-Est e Centro-Ovest, ma anche in settori della classe lavoratrice precaria, molti dei quali legati alla base evangelica pentecostale e neopentecostale (*).
Quello che le più recenti ricerche dimostrano è che oggi Bolsonaro si sta indebolendo proprio tra la classe media, mentre guadagna peso tra i poveri delle città e i lavoratori più precari, quegli stessi che nel ciclo economico della prima decade del 2000 erano stati inseriti ed avevano beneficiato del programma assistenziale del presidente Lula.
Bolsonaro starebbe quindi modificando la sua base sociale di appoggio.
Il contributo di emergenza per sostenere la crisi sociale provocata dalla pandemia è il maggior programma assistenziale della storia del Brasile e ha toccato 67 milioni di persone. Globalmente il numero di persone che hanno ricevuto aiuti dal governo federale è quadruplicato tra il 2019 e il 2020, passando da 20,57 milioni a 85,29 milioni di persone (dal 10,8% al 44,8% della popolazione rispettivamente).
Il Nord-Est è la regione con il maggior numero di beneficiari e con il valore maggiore della quota erogata ciascuno. Più del 50% della popolazione del nordest riceve un qualche genere di beneficio statale. Si parla di un montante complessivo di 200 miliardi di R$.
La Fondazione Getúlio Vargas ha rilevato che il piano di emergenza avrebbe ridotto la povertà dal 25,6% del 2019 al 21,7% del 2020; e l’estrema povertà dall’8,8% al 3,3%, ottenendo il minor tasso di povertà degli ultimi 40 anni.
Pertanto il presidente ha guadagnato consenso non per le sue politiche reazionarie di estrema destra ma grazie ad un ‘populismo assistenziale’ per buona parte copiato dall’esperienza del ‘lulismo’.
Ora dovrà convincere i lavoratori più vulnerabili e precari che per continuare a godere del supporto economico (si è stabilito che l’aiuto di emergenza proseguirà anche nei mesi successivi alla pandemia e sarà chiamato Renda Cidadã, Reddito di Cittadinanza) dovranno appoggiare il piano di riaggiustamento economico ultraliberista che in questo momento si esprime nella Riforma Amministrativa. Questa si scaglia principalmente contro i dipendenti pubblici e i lavoratori ‘garantiti’, principalmente dei servizi, estendendo le privatizzazioni e l’outsourcing, tagliando il personale e i servizi sociali di base… facendo esplodere la precarietà.
La riabilitazione di Bolsonaro, forse temporanea quindi, non significa una sterzata a destra della sua base sociale ma una stabilizzazione della sua influenza politica sull’antica base sociale del ‘lulismo’.
La narcosi del populismo fondato sulla spesa pubblica non è esclusiva della conciliazione di classe messa in atto dal PT.
Ugualmente, se il neoliberalismo brutale della cricca di governo oggi si traveste di una certa giustizia sociale, è grazie al fatto che non c’è contraddizione tra il modello di stato liberale e il programma di aiuti di emergenza che oggi coinvolge quasi un terzo della popolazione.
C’è una differenza tra la Bolsa Família di Lula e la Renda Cidadã di Bolsonaro: nel primo caso il trasferimento di denaro alla popolazione sotto la linea di povertà avviene contemporaneamente ad una spesa pubblica espansiva. Oggi invece si realizza con un disinvestimento generale dello stato ed una contrazione della spesa pubblica (ad esempio il denaro che finanzierà la Renda Cidadã sarà prelevato dai fondi scolastici e sanitari). Inoltre Bolsa Família si rivolgeva principalmente a donne povere; con la Renda Cidadã saranno i capifamiglia a ricevere e gestire il denaro.
La Renda Cidadã non è ancora stata approvata. A tutt’oggi non riesce a trovare una copertura sufficiente e la sua attivazione è stata rimandata al prossimo gennaio. Ma lo stallo viene anche da contrasti in seno al governo.
Nella politica assistenziale di Bolsonaro si consuma lo scontro con il Ministro dell’Economia Paulo Guedes, ultraliberista della scuola dei Chicago Boy. Il presidente, conscio del suo successo e individuata la fonte che amplifica e rinnova la sua base elettorale, vorrebbe flessibilizzare la Legge Teto de Gastos (Legge del Tetto di Spesa), che pone limiti rigidi alla spesa pubblica sia federale che statale, per finanziare anche nel 2021 i programmi sociali.
Il PT finanziò una serie di interventi sociali (Bolsa Família, Farmácia Popular, ProUni [borse di studio per le scuole superiori], BPC [programma di protezione sociale per settori emarginati e anziani] e FIES [Fondo di Finanziamento agli Studenti]) e divenne egemone nel Nord-Est, grazie ad una congiuntura economica internazionale estremamente vantaggiosa per la struttura economica brasiliana. Gli elevati prezzi delle commodities e delle materie prime, la voracità cinese per i prodotti brasiliani, l’ingresso massiccio di capitali stranieri nella decade del 2000…permisero una politica statale espansiva ben inserita nell’economia mondiale. Il consenso si formò sull’ampliamento dei servizi pubblici di base e sullo stimolo al consumo.
Questa congiuntura è un ricordo del passato.
Ciò che sta tentando di fare il presidente Bolsonaro è riproporre una politica pubblica espansiva in uno scenario di contrazione dell’economia mondiale, con non poche difficoltà.
L’équipe economica brasiliana prospetta tre scenari futuri che scaturiranno dalla disputa interna al governo:
-si potrà ampliare il periodo di pubblica calamità al prossimo anno, liberando la spesa pubblica senza contraddire le regole fiscali. Opzione contrastata dal Presidente della Camera Maia
-si potrà violare la Legge del Tetto di Spesa o modificarla, ma con l’opposizione di Guedes
-si potrà avviare i programmi assistenziali a prezzo di un taglio della spesa pubblica in altri settori. Ma Bolsonaro ha posto il veto su tagli alla Farmácia Popular, all’abono salarial (beneficio salariale annuale di non oltre un salario minimo per alcune categorie di lavoratori) e al seguro-defeso (indennità salariale pari al salario minimo nel caso di impossibilità di esercitare la propria attività lavorativa).
Il piano assistenzialista si scontra con condizioni economiche estremamente sfavorevoli ma in un momento di passività della lotta di classe (grandi scioperi solo alle Poste e in Embraer) a causa anche della crisi sanitaria e dei finanziamenti per l’emergenza, che ammortizzano la combattività e favoriscono la tregua politica delle forze di opposizione.
Tuttavia il dimezzamento e il probabile termine dei fondi di emergenza, la disoccupazione di milioni di lavoratori, gli attacchi della Riforma Amministrativa e le privatizzazioni che stanno dilagando nel paese, potranno accendere la miccia della rivolta popolare. Sarà la lotta di classe a determinare il successo o la sconfitta del populismo assistenziale della destra reazionaria di governo. Saranno i lavoratori che Bolsonaro cerca di dividere e porre l’uno contro l’altro: i precari dai lavoratori stabili, i dipendenti pubblici da quelli privati, i neri e gli indios dai bianchi… che uniti e organizzati potranno sconfiggere il governo e porre le basi per il superamento radicale di questo sistema politico ed economico che ancor oggi li intrappola con l’antica strategia del bastone e della carota.
*Le chiese neopentecostali si sviluppano negli anni 70 in America Latina e negli USA da quelle pentecostali, caratterizzandosi per un marcato sostegno all’ideologia neoliberista e strategie di marketing per l’arruolamento e il coinvolgimento dei fedeli. Attori politici integrati negli apparati dello stato, i neopentecostali giustificano le disuguaglianze sociali e la povertà come conseguenza di deficit individuali (disoccupazione, alcol, droga…). Ma ‘il male’ è anche incarnato negli oppositori politici.
Fonti:
Esquerda Diário 03,11/09, 09/10/2020
sito Csp-Conlutas 29/09/2020