Come tutti i governi borghesi anche quello indonesiano cerca di trarre profitto dal Covid 19, per reprimere le lotte e peggiorare la situazione dei lavoratori, in nome dell’economia. La legge Omnibus è stata fatta passare alla chetichella nel weekend (3-4 ottobre) e le manifestazioni sono state proibite per l’emergenza sanitaria, ma studenti e lavoratori sono scesi in piazza nelle principali città, a Giacarta e Bandung, ma anche in tutta Giava, nel Borneo orientale (= Kalimantan) e nelle Sulawesi settentrionali. Nelle Università gli studenti hanno scioperato per solidarietà.
La legge Omnibus, innanzitutto, interviene a modificare 79 disposizioni legislative in materie che riguardano il lavoro:
-abolisce i minimi salariali nazionali di settore sostituendoli con minimi fissati per legge dai governatori regionali;
-l’indennità di licenziamento è ridotta da 32 a 19 mensilità;
– sono consentite 4 ore di straordinario al giorno per un massimo di 18 ore alla settimana;
– i due giorni festivi settimanali si riducono a uno;
-è liberalizzato l’outsourcing;
-aboliti i permessi retribuiti per la nascita di un figlio, per matrimonio, per i battesimi, per lutto;
-non è consentito ricorrere ai tribunali del lavoro in caso di licenziamento.
Gli arrestati sono centinaia, ma i sindacati hanno proclamato tre giorni di sciopero, forti del fatto che già nel ’97 la mobilitazione fermò un tentativo analogo. La All Indonesian Workers UnionsConfederation (5 milioni di iscritti) ha fatto ricorso alla Corte Costituzionale.
Ciò che la borghesia indonesiana vuole, e con lei il suo degno rappresentante, il presidente Joko «Jokowi» Widodo (1), è riportare l’Indonesia ad essere il paradiso degli investitori cinesi. Negli ultimi anni molti investitori cinesi e giapponesi hanno abbandonato l’Indonesia per trasferirsi in Malaysia, Vietnam e Thailandia.
Naturalmente nella legge Omnibus ci sono anche norme per svecchiare la macchina dello stato e rendere più efficiente la burocrazia, razionalizzando norme e circolari, ma il cuore della legge è l’attacco ai diritti dei lavoratori. Una sola norma vede gli imprenditori divisi, cioè quella che toglie i limiti alla partecipazione in mano a stranieri nelle aziende.
Il movimento sindacale in Indonesia è molto frammentato e i vari comparti si muovono in ordine sparso. In cambio la capacità di mobilitazione almeno nelle grandi città è elevata. L’atteggiamento dei sindacati è in parte anche corporativo (ad esempio in passato hanno ottenuto forti restrizioni al lavoro manuale da parte dei lavoratori stranieri). Di recente fra i lavoratori si è fatta strada la consapevolezza che le autorità hanno trascurato ogni norma di protezione dal Covid, soprattutto per i lavoratori in produzione. La tesi del governo è stata che la posizione geografica dell’Indonesia, sulla linea dell’Equatore, e le specificità genetiche della sua popolazione – e perfino l’intervento divino – avrebbero protetto il paese da qualsiasi danno (nota 2).
A questo si è aggiunto un sistema sanitario assai deficitario.
Oltre che alla pandemia i lavoratori devono far fronte a un aumento dei prezzi senza precedenti e a una disoccupazione che negli ultimi mesi segna un + 5 milioni. Questo rischia di bloccare il processo rivendicativo che dal 2013 al 2017 aveva permesso di aumentare in maniera consistente i salari (+ 53% in alcune aree metropolitane). Anche per questi motivi l’approvazione della legge Omnibus (che giaceva in Parlamento dal febbraio 2020 e la cui discussione era stata sospesa) ha suscitato reazioni tanto violente.
Ha commentato un lavoratore: ”siamo doppiamente minacciati perché continuiamo a lavorare durante la pandemia, ora siamo minacciati da questa legge che ci ruba il futuro”.
Il decreto ha sollevato le proteste anche delle popolazioni indigene, che sono minacciate di sfratto dalle terre e dalle foreste che sfruttano da secoli, perché lo stato vuol fare cassa vendendole. Protestano anche gli ambientalisti, che temono una deforestazione selvaggia e anche perché le imprese non devono più presentare l’analisi di impatto ambientale.
Nota 1) Joko «Jokowi» Widodo è stato eletto presidente nel 2014. Originario di Giava, proveniente da una famiglia modesta, è il primo presidente a non provenire dall’élite militare o dalla aristocrazia degli affari. Prima di darsi alla politica ha fatto fortuna come mobiliere. Ha vinto le elezioni con un programma di lotta al nepotismo e alla corruzione, lotta allo spaccio di droga, meritocrazia, per la tolleranza religiosa. Per alcuni è l’uomo della Cina in Indonesia.
Nota 2) La realtà ha smentito il malinteso ottimismo; su 270 milioni di abitanti, l’Indonesia conta 132 mila contagiati e 11 mila morti, meno che in Europa; i contagi sono tuttavia concentrati negli strati più poveri della popolazione e nei quartieri operai delle grandi città.