Pubblichiamo, condividendolo, la traduzione di un comunicato della Alliance of Middle Eastern and North African Socialists sulla situazione mediorientale dopo l’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani, comandante della Forza Quds e di Abu Mahdi al-Mauhandis, comandante/fondatore della milizia irachena Kataib Hezbollah.
3 gennaio 2020
L’aspetto più preoccupante di questi sviluppi è che potrebbero portare a conseguenze catastrofiche e a una guerra su vasta scala. E questo, a sua volta, oscurerebbe l’ondata di insurrezioni scoppiate nel 2019 in Medio Oriente e nella regione del Nord Africa, dal Sudan e dall’Algeria all’Iraq, al Libano e all’Iran.
3 gennaio 2020
La mattina presto del 3 gennaio, per ordine del presidente degli Stati Uniti Donald Trump e senza alcuna autorizzazione da parte del Congresso degli Stati Uniti, attacchi aerei statunitensi hanno preso di mira un convoglio vicino all’aeroporto di Baghdad in Iraq e ucciso Qassem Soleimani, comandante della Forza Quds dell’Islamic Revolutionary Guard Corps e Abu Mahdi al-Mauhandis, comandante / fondatore della milizia irachena Kataib Hezbollah e almeno altre sei persone. Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha dichiarato che questo attacco è stato sferrato in risposta agli attacchi orchestrati dall’Iran alle basi statunitensi in Iraq degli ultimi mesi, tra i quali l’attacco del 27 dicembre contro una base militare irachena vicino a Kirkuk che ha ucciso un contractor americano e ferito 4 soldati statunitensi. In Iraq attualmente ci sono 5300 soldati statunitensi. Altri 3000 stanno arrivando in Medio Oriente. Dal maggio 2019, sono stati inviati nella regione altri 14.000 militari .
L’idea di assassinare Qassem Soleimani è stata pubblicamente sostenuta da una dichiarazione editoriale del Wall Street Journal del 31 dicembre che ha anche sollecitato Trump ad attaccare le milizie iraniane in Siria. (https://www.wsj.com/articles/the-iranians-escalate-in-baghdad-11577837753?mod=opinion_lead_pos3) Lo stesso Soleimani aveva sfidato Trump nel luglio 2019 affrontandolo in una dichiarazione in cui affermava “Io e la forza Quds siamo i tuoi contendenti. ”(https://www.radiozamaneh.com/482272?utm_source=feedburner&utm_medium=email&utm_campaign=Feed%3A+radiozamaneh%2Fcom+%28%D8%B1%D8%A7%D8%AF%DB% 8C% D9% 88 +% D8% B2% D9% 85% D8% A7% D9% 86% D9% 87% 29)
Questa azione degli Stati Uniti segue un assalto del 31 dicembre da parte di migliaia di manifestanti mobilitati e organizzati da milizie filo-iraniane conosciute come “al-Hashd al-Sha’bi” (note anche come Forze di Mobilitazione Popolare) che sono entrate nella Zona Verde pesantemente protetta di Baghdad, hanno fatto irruzione nell’ambasciata degli Stati Uniti e incendiato l’area di accoglienza, in risposta agli attacchi aerei americani del 29 dicembre contro le basi della milizia Kataib Hezbollah appoggiate dall’Iran sul confine iracheno-siriano, che uccisero 25 persone e ferirono 50 membri della milizia.
In precedenza, nel giugno 2019, Trump aveva annullato un attacco militare degli Stati Uniti contro l’Iran, in risposta all’Iran che aveva abbattuto un drone statunitense. La sua amministrazione decise di non rispondere agli attacchi aerei dell’Iran del 14 settembre contro le strutture petrolifere saudite e ai precedenti attacchi alle petroliere nella regione del Golfo, attribuiti all’Iran. Lo stesso Trump aveva di recente sottolineato di non essere più interessato al “cambio di regime” in Iran, ma che intendeva continuare a imporre le violente sanzioni contro il paese per costringere il governo iraniano a modificare il suo comportamento.
Tuttavia, quello che gli ultimi inquietanti sviluppi rivelano è che, indipendentemente da ciò che i leader imperialisti potrebbero desiderare, la coazione a competere e mostrare la propria superiorità da parte dei poteri capitalisti-imperialisti ha una sua logica.
Per il governo iraniano, Qassem Soleimani era il massimo comandante, il secondo importante leader dopo l’Ayatollah Khamenei e l’architetto del sanguinoso intervento dell’Iran in Siria, nonché il principale decisore in Iraq. L’Iran ha promesso una “dura vendetta”. Il suo alleato, gli Hezbollah libanesi, ha lanciato una minaccia simile. Israele conduce da qualche tempo una guerra a bassa intensità con l’Iran, prendendo di mira le basi iraniane in Siria e Iraq e gli Hezbollah libanesi. Israele potrebbe, se necessario, colpire lo stesso Iran.
L’aspetto più preoccupante di questi sviluppi è che potrebbero portare a conseguenze catastrofiche e ad una guerra su vasta scala. Ciò a sua volta metterebbe in ombra l’ondata di insurrezioni scoppiate in Medio Oriente e nella regione del Nord Africa nel 2019, dal Sudan e dall’Algeria all’Iraq, al Libano e all’Iran. Tutte queste rivolte si sono opposte all’imperialismo, all’autoritarismo, al neoliberismo, alla povertà, alla corruzione, al fondamentalismo religioso e al settarismo. Le donne vi hanno preso parte attivamente e spesso in prima linea. I partecipanti sono per lo più giovani della classe operaia e disoccupati. Non si accontentano dell’espulsione delle singole figure dominanti, ma vogliono cambiare il sistema socioeconomico e politico. Per tutti questi motivi, le rivolte potrebbero segnare l’inizio di un nuovo capitolo progressista e rivoluzionario per l’intera regione, sebbene esistano difficoltà e sfide significative.
Governi e sistemi autoritari, tuttavia, non saranno facilmente respinti. In Iraq, un’ondata di proteste popolari iniziata il 2 ottobre a Baghdad e nel sud sciita sono state brutalmente attaccate dal governo iracheno appoggiato dall’Iran con il sostegno dell’Islamic Revolutionary Guard Corps (IRGC) iraniano e della milizia fondamentalista sciita, al-Hashd al-Sha’bi, sponsorizzata dall’Iran, che include il Kataib Hezbollah. Piccole ma crescenti espressioni di sostegno alla rivolta sono emerse nella maggior parte delle aree sunnite e curde. 500 manifestanti sono stati uccisi e oltre 19.000 feriti.
In Iran, il Corpo della Guardia rivoluzionaria islamica e altre forze governative hanno brutalmente represso le proteste popolari scoppiate a livello nazionale il 15 novembre, in opposizione a un aumento del prezzo della benzina, e hanno chiesto il rovesciamento della Repubblica islamica e la fine dei suoi interventi militari nella regione. Secondo Reuters, almeno 1500 manifestanti sono stati uccisi in quattro giorni. Tra le 8000 e le 10.000 persone, per lo più giovani manifestanti sono stati arrestate, e della maggior parte non si hanno notizie. Molti prigionieri politici, tra cui attivisti sindacali, femministe e di minoranze oppresse, languono in prigione per le precedenti proteste. Essi e i rivoluzionari che manifestano in Iraq, Libano, Sudan e Algeria sono le forze con le quali i socialisti di tutto il mondo devono prendere contatto e sostenere.
La gioia espressa da alcuni alla morte del reazionario criminale Qassem Soleimani è comprensibile, dato il suo ruolo nella repressione delle classi popolari rivoluzionarie in Iran, Siria, Iraq e nell’espansione del militarismo e dell’influenza dell’Iran nella regione. Tuttavia, il suo assassinio non rappresenta nulla di favorevole per le rivolte popolari in Iraq e nella regione.
Questa azione imperialista degli Stati Uniti non è stata decisa per dar forza al popolo iracheno. Al contrario, il risultato di questa azione imperialista potrebbe effettivamente aumentare il rischio di far deragliare la rivolta popolare in Iraq. Il rischio non è necessariamente che l’attuale movimento di protesta iracheno si concentri esclusivamente sull’opposizione agli Stati Uniti dopo questo assassinio. Fino ad ora, la maggior parte dei manifestanti si è chiaramente opposta a tutte le influenze straniere, in particolare di Iran e Stati Uniti. Tuttavia, ora potrebbero essere sopraffatti da un altro movimento controllato e organizzato da milizie filo-iraniane, che usa questo assassinio per far sì che l’unica rivendicazione portata avanti sia che gli americani se ne vadano, senza attaccare l’attuale sistema settario e capitalista. Il rischio è che la nuova escalation tra Stati Uniti e Iran decida su tutte le questioni interne in Iraq e faccia dell’Iraq il terreno di uno scontro diretto tra Stati Uniti e Iran.
Le sollevazioni popolari in Iraq, Iran e Libano ne risentiranno tutte, mentre coloro che sono al governo e che sono stati denunciati dai manifestanti cercano di strumentalizzare la crisi nel loro sforzo di rimanere al potere.
Le reazioni dei funzionari iracheni e delle personalità politiche vicine all’Iran indicano questa direzione. Il primo ministro iracheno Adil Abdul-Mahdi che in precedenza aveva annunciato le sue imminenti dimissioni di fronte alle proteste di massa, ha condannato gli omicidi come violazione delle condizioni della presenza militare americana in Iraq e atto di aggressione che ha violato la sovranità dell’Iraq e che potrebbe portare alla guerra. Da parte sua, il prelato sciita iracheno, Moqtada al-Sadr ha ordinato ai suoi seguaci di tenersi pronti a difendere l’Iraq, mentre piangeva la morte di Soleimani.
Di fronte a tutti questi sviluppi, l’opposizione agli attacchi aerei dell’imperialismo USA e alle minacce di guerra contro l’Iran e l’Iraq può essere efficace solo se radicata nella solidarietà con le forze progressiste e rivoluzionarie della regione del Medio Oriente e del Nord Africa e nella piena opposizione a tutti i governi autoritari e alle potenze imperialiste nella regione.
Ci opponiamo a tutti gli imperialisti e poteri autoritari globali e regionali
Solidarietà con le sollevazioni popolari nella regione Medio Oriente Nordafrica e ovunque
I nostri destini sono collegati
Alliance of Middle Eastern and North African Socialists