Riportiamo il sunto di un art. del 26.02.2018 del sindacato brasiliano Conlutas
Una delle conseguenze della crisi venezuelana è l’emigrazione, la fuga dalla miseria e dalla disperazione di una parte della popolazione. L’esodo è iniziato nel 2014, con la crisi economica dovuta al crollo del prezzo del petrolio, ma negli ultimi anni si è approfondita.
Fino a poco tempo fa era indirizzata verso la Colombia, ma oggi, a seguito dei più restrittivi controlli alla frontiera colombiana, è il Brasile la meta più ambita e soprattutto lo stato di Roraima.
Secondo la prefettura di Boa Vista sono almeno 40.000 gli immigrati, più del 10% degli abitanti dello stato.
Qui gli immigrati venezuelani si accampano nelle strade e nelle piazze, senza alcuna assistenza. Sono nati molti bambini nel frattempo, e anch’essi vivono in strada come i loro genitori, che cercano lavoro.
Tutti fuggono dalla scarsità di cibo, di medicine, dalla mancanza di servizi pubblici basilari come quelli sanitari e scolastici, dalla disoccupazione.
L’inflazione in Venezuela è arrivata al 2616%, benché il governo non divulghi i dati.
La povertà estrema nel paese è aumentata in quattro anni dal 23,6% al 61,2%.
Le istituzioni brasiliane si scaricano le responsabilità l’una sull’altra e trattano il problema come fosse di pubblica sicurezza.
Temer promette una Misura Provvisoria per il controllo del flusso di immigrati con la creazione di una task-force guidata da un generale dell’esercito.
CSP Conlutas ha avviato una campagna in difesa degli immigrati venezuelani, che esiga dal governo accoglienza e condizioni degne di vita, il riconoscimento di rifugiati e adeguate risorse umanitarie.