Manchester, Aleppo, Mosul…

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Manchester, ancora morti tra una folla di giovani in cerca di svago.

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Quali che siano le motivazioni dei manovali del terrore, e gli scopi dei loro mandanti, il risultato è dar fiato ulteriore a chi soffia sul fuoco del razzismo, di spaccare le società europee su linee etniche e religiose, di dividere i lavoratori e tutti i proletari tra autoctoni e immigrati, cristiani e musulmani, di mettere in secondo piano i problemi comuni dei lavoratori, l’aumento dello sfruttamento e dell’incertezza, gli attacchi al welfare e in particolare alla copertura sanitaria universale che il governo britannico si appresta a sferrare per fare della salute ancor più un business per il capitale. In poche parole le borghesie europee usano il terrorismo reazionario per cercare di demolire la coscienza di classe del proletariato, per reprimere i pochi sussulti di lotta con leggi sempre più restrittive della libertà di manifestazione e di sciopero (vedi lo stato di emergenza in Francia, i decreti Minniti in Italia, la violenta repressione delle lotte in Spagna).

Con tutta l’empatia che proviamo per le ragazze e i ragazzi vittime innocenti dell’atto terroristico di Manchester, non possiamo non essere disgustati della sproporzione dello spazio dato da TV e giornali agli attentati su suolo europeo rispetto alle vittime dello stesso terrorismo in Siria, Iraq, Pakistan, Afghanistan, Somalia, Libia, Nigeria, Mali, e alle vittime del terrore di stato perpetrato dalla dittatura di Assad in Siria e di Al Sisi in Egitto (non fosse stato per l’italiano Regeni, il velo di complice silenzio non sarebbe stato squarciato), per non parlare della pudibonda reticenza che avvolge le vittime del terrore degli stati imperialisti – bombardamenti americani, francesi, inglesi, russi in Medio Oriente e Afghanistan, e l’ipocrita aura di missione umanitaria con cui i media nostrani presentano le azioni delle spedizioni militari italiane dall’Afghanistan all’Iraq al Libano, Libia e ora Niger.

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Per noi comunisti internazionalisti sono tutti morti “nostri”, che ci motivano e devono motivare sempre più giovani e lavoratori a lottare per rovesciare questo sistema che non ha scrupolo a consumare uomini e donne sul lavoro né a mandarli al macello dietro a bandiere di patrie che sono ormai solo dei loro sfruttatori, né a schiacciarli sotto le macerie per gli interessi economici e politici delle classi dominanti; a farla finita con questo modo di produzione che per garantire il dominio e i profitti dei padroni produce il doppio terrorismo, quello diretto degli Stati e quello delle reti del terrore che sfruttano i risentimenti di popolazioni oppresse, di immigrati discriminati ed emarginati per volgerli non contro i propri sfruttatori e oppressori, ma contro altri proletari, innanzitutto delle confessioni rivali e poi di lingue e culture diverse in paesi più ricchi, non importa se anch’essi sfruttati e turbati da una crescente incertezza per il futuro.

Noi chiamiamo tutti coloro che sostengono il peso di questa società ad unirsi al di là delle lingue, del colore della pelle, delle credenze, in quanto fratelli di classe contro coloro che li opprimono e si arricchiscono del loro lavoro, coloro che con la potenza della ricchezza si sono impadroniti degli Stati e del monopolio della violenza. A partire dalla difesa delle nostre condizioni di lavoratori salariati e della nostra facoltà di lottare qui ed oggi, non in nome di un impotente pacifismo, ma dietro la bandiera rossa di una società di liberi e uguali, senza più classi, sfruttamento, guerra.