● Tramite l’Associazione est-asiatica (OAV) – che comprende rappresentanti di grande industria, banche, commercio e PME – i gruppi economici tedeschi chiedono al governo risposte politiche al crescente peso economico dell’Asia, il suo pieno impegno per una futura “alleanza con l’Asia”.
● Dietro tale richiesta si manifestano oltre agli obiettivi economici quelli politici: con l’ascesa dei paesi estasiatici, la Cina in particolare è vista come futura grande potenza concorrente della UE.
● Da anni Germania e UE cercano di rafforzare la propria posizione nell’area più prossima alla Cina, compreso il ricorso a strumenti politico-militari.
● Il S-E Asia è sempre più teatro delle rivalità tra le grandi potenze;
o Il crescente impegno anche militare dell’Occidente nel S-E Asia mirante a contenere l’influenza della Cina a Sud – un’area che ha per essa un significato simile a quello che l’America Latina ha per gli USA e l’Est Europa per la Germania – fa presagire futuri scontri armati.
● I paesi del Mekong sono considerati dalla Germania potenziali alleati contro l’espansione dell’influenza cinese;
– da anni Berlino cerca di rafforzare la cooperazione con il Vietnam, rivale tradizionale della Cina, contro la quale crede di poterlo spingere.
– Berlino cerca di includere nel progetto anti-Cina anche Laos e Cambogia, che si trovano nella sfera di influenza diretta del Vietnam.
o La Germania è presente in Cambogia dal 1991, con personale sanitario militare in una missione ONU; nel 1993, appena creato il regno di Cambogia sotto amministrazione ONU, ha avviato le relazioni diplomatiche con il paese, e poi sviluppato la cooperazione.
o La Germania è una dei maggiori fautori del Tribunale dei Khmer Rossi per l’indagine sul genocidio … Un punto centrale delle misure di “aiuti allo sviluppo” della Germania per la Cambogia sono le riforme economiche e la costruzione di un’economia di mercato, con effetti vantaggiosi per il tessile occidentale; l’industria dell’abbigliamento occidentale trae enormi profitti dai bassi salari locali. L’80% delle entrate dell’export cambogiano riguardano il tessile; la Germania – con gruppi come Adidas, Puma e Deichman – ne è il secondo maggiore acquirente dopo gli USA.
o Nel 2006, 2007, 2008, Berlino ha inviato in Cambogia consiglieri militari, diverse decine nel 2009, la maggiore missione estera di militari tedeschi senza un mandato parlamentare.
o Laos e Cambogia sono oggetto di manovre anche da parte USA, che la scorsa estate hanno eliminato le restrizioni economiche, condizione che consente loro di accrescere la cooperazione economica con Laos e Cambogia. La scorsa estate gli USA hanno inviato militari in Cambogia per promuovere l’interoperabilità delle forze armate, adeguando quelle cambogiane agli standard occidentali;
o gli Usa finanziano anche la partecipazione delle forze armate cambogiane alle manovre transpacifiche.
o Nel 2007 è fallito il tentativo USA di respingere la Cina con un colpo di stato filo-occidentale a Myanmar.
o La Cina sta rafforzando la propria posizione in Laos e Cambogia soprattutto economicamente, ma anche grazie alla sua politica militare: ha una base militare nel sud del Laos, ha inviato soldati in Cambogia per un’operazione di sminamento; ad inizio anno una nave da guerra cinese ha per la prima volta messo l’ancora in Cambogia.
– Gli USA sono legati in modo particolare alla Tailandia, già dalla fine della SGM, l’hanno utilizzata durante la guerra del Vietnam, ed oggi vi hanno tre basi militari permanenti. Di recente la Tailandia sta cercando di rafforzare le relazioni con altre potenze per essere meno dipendente dagli USA.
– La Cina ha un’influenza esclusiva su Myanmar, che le consente l’accesso all’Oceano Indiano;
– il Vietnam, rivale tradizionale della Cina, cerca di perseguire una politica il più possibile indipendente, si serve per questo della sua base navale di Cam Ranh Bay,[1] dove fino al 2002 vi erano navi da guerra russe; nel 2008 la Russia ha dichiarato di voler rimettere in funzione Cam Ranh Bay per fare vedere la propria presenza nel S-E Asia;
o sull’utilizzo della Baia, il Vietnam tratta anche con l’India, che vorrebbe crearvi la sua prima base militare per il S-E Asia,
o e con gli USA che vorrebbero aprire il porto civile alle navi da guerra di tutti i paesi, il che offrirebbe uno spazio anche a Germania e UE.
– Nelle Filippine, che hanno una forte importanza strategica per il S-E Asia, prevale l’influenza degli USA, che qui conducono diverse attività militari, come avamposto nell’accerchiamento della Cina.
– UE e Germania, che hanno a lungo affiancato gli USA ed appoggiato le forze armate filippine, oggi cercano un ruolo più autonomo, proponendosi come mediatori tra le parti nella guerra civile – che dura da 40 anni, 160 000 vittime, 2 milioni di profughi –
– e cercano di contrastare la forte avanzata della Cina. Dato che l’elite economica e politica del paese è filo-americana, Ue e Germania utilizzano di rafforzarsi tramite circoli più distanti dal governo; nel 2007 con una “Missione di assistenza per la Giustizia dell’Unione Europea” furono inviati esperti per indagare su esecuzioni extralegali – almeno 800 oppositori e giornalisti giustiziati dal 2001 – iniziativa ben accolta dagli ambienti critici verso il governo.
o La UE dovrebbe far parte di un “Gruppo di contatto internazionale” per la promozione dei negoziati tra governo e ribelli musulmani, di recente concordato tra le parti.
– Delle milizie anti-governative che hanno combattuto e continuano a combattere fanno parte il comunista "New People’s Army", il laico "Moro National Liberation Front" (MNLF) e l’islamico "Moro Islamic Liberation Front" (MILF), uscito negli anni 1970 dall’MNLF; più conosciuto in Germania (ed in Itlalia) è Abu Sayaff che nel 200 prese come ostaggio una famiglia tedesca.
– MILF e Abu Sayyaf combattono per la creazione di un proprio stato autonomo nelle province musulmane del Sud.
– Dal 2004 è presente sull’isola di Mindanao una “Squadra di monitoraggio internazionale”, di cui fa parte tra le potenze occidentali solo il Giappone; gli USA affiancano il governo.
– Gli sforzi UE sembrano aver pagato: i ribelli del MILF hanno dichiarato lo scorso aprile che sono favorevoli ad un impegno della UE nei negoziati di pace, e di mantenimento della pace;
– La Germania è da tempo coinvolta nella guerra civile, dalla parte del governo; circa 20 anni fa l’Organizzazione tedesca per lo sviluppo (GTZ) diresse 20 anni fa’ un progetto di costruzione stradale nella penisola di Bondoc. La strada doveva servire ad azioni militari del governo più efficaci contro i ribelli comunisti del New People Army che combattevano nella penisola di Bondoc.
– Un fucile d’assalto delle forze armate filippine, il G3, è del gruppo tedesco Heckler und Koch, ma dato il divieto tedesco di esportazione di armi nelle Filippine per violazione dei diritti umani, è esportato da una loro fucina in Spagna.
– Nell’ultimo decennio la Germania ha esportato a più riprese piccole armi nelle Filippine.
– La rivalità tra Germania e Usa non è nuova: si presentò anche nel 1898, durante la guerra dei Caraibi e nel Pacifico occidentale tra Spagna e USA, quando la Spagna perse il predominio di Cuba e le Filippine.
– La Germania, potenza coloniale in Nuova Guinea, Nauru e Samoa, guardava con sospetto l’espansione americana. Per contenere gli USA ed annettersi le Filippine – già allora importanza strategica per la loro vicinanza con la fortemente contesa Cina – cercò di intervenire con le monarchie europee, come oggi sta facendo con le “missioni di pace”.
– Si ricorda l’assalto dei tedeschi, ufficialmente neutrali, contro gli Usa nella baia di Manila e il loro rifornimento alle truppe spagnole. La Germania si ritirò dopo le prime minacce americane. Con la conferenza di pace di Berlino (1899) la Spagna dovette cedere le filippine agli USA, e la Germania ottenne solo le isole Caroline nella Micronesia
● Se fino a pochi anni fa i consiglieri del governo tedesco ritenevano possibile perseguire in Asia una politica autonoma (l’intervento ad Aceh andava in questo senso),
o ora c’è scetticismo a riguardo; la Fondazione berlinese SWP (scienza e politica) prende atto dei limiti dello spazio di manovra in politica estera: la UE servirebbe in modo crescente gli interessi regionali degli USA;
o l’European Council on Foreign Relations (ECFR) (Consiglio europeo per le relazioni estere) avverte che l’Europa potrebbe “essere costretta in una posizione marginale nel nuovo ordine internazionale”.
o Dovrebbe contrastare questa tendenza la "Berlin Conference on Asian Security" – giunta quest’anno alla 4a edizione e guidata dalla Germania.[2]
o Germania e UE sono intanto riusciti a rafforzarsi soprattutto nel S-e Asia, Cambogia e Filippine.
– Giappone, Cina, India, Australia, Sud Corea e Indonesia sono 6 membri G20, con un PIL oltre il 20% di quello mondiale ed una popolazione pari al 43% del totale.
o Si prevede anche per il 2009, anno di crisi, una crescita economica positiva per i paesi emergenti asiatici, Cina +6,5%; India +4,5%, Indonesia +3,5%. Per il 2010 prevista per l’Asia una crescita complessiva del 5,5%, il doppio del corrente anno.
● Per i gruppi tedeschi l’Asia è da tempo il maggior mercato di export al di fuori dell’Europa, davanti agli Usa:
o 2008, export verso USA €71,5MD, verso Asia €98MD.
● Primo semestre 2009, l’export complessivo tedesco è sceso del 23,5%, quello verso l’Asia solo del 15,2%, con un aumento della quota relativa sul totale dal 9,5% del primo semestre 2008 al 10,6% stesso periodo 2009.
o export tedesco verso Cina, dopo -3,5% primo trimestre 2009, ma con un valore di $7,6MD oltre la metà di quello verso gli USA; a giugno 2009 +3,5% su giugno 2008;
o verso l’India -13%, Giappone -23%; Sud Corea -25%, Taiwan -40%
Con la manifestazione biennale “Settimane Asia-Pacifico”, avviata nel 1997, i gruppi tedeschi cercano di motivare a nuove attività nella regione: l’Asia rimane un “centro di crescita internazionale come nei tempi del boom”
[1] Cam Ranh Bay è una baia di alto mare nel Mar Cinese Meridionale; storicamente importante dal punto di vista miltare; i francesi la utilizzarono per le proprie forze in Indocina; la utilizzò la flotta imperiale russa nel 1905 e quella giapponese nel 1942 per invadere la Malesia; nel 1944 la marina Usa distrusse le strutture giapponesi e venne abbandonata. Nel 1967gli USA ne fecero una loro importante base militare per il Sud Vietnam; nel 1975 il Nord Vietnam la conquistò. Nel 1978 l’URSS ne fa la sua maggior base navale al di fuori del suo territorio, che le consente di affermare la propria potenza nel Mar Cinese Meridionale, con la flotta del Pacifico; l’URSS sigla con il Vietnam un contratto di affitto per 25 anni, prorogato sotto varie forme fino al 2002.
[2] Tra i suoi promotori la fondazione SWP e il ministero della Difesa tedesco, che nel 1998 avevano promosso il "Waldbröl Group", l’organizzazione sua precorritrice.
– Mit einer zehntägigen PR-Veranstaltung ("Asien-Pazifik-Wochen") sucht Berlin deutsche Unternehmen zu neuen Aktivitäten in Asien und der Pazifik-Region zu motivieren.
– Die dortigen Länder sind im Durchschnitt deutlich weniger von der Weltwirtschaftskrise betroffen als die Staaten des Westens und daher derzeit Hoffnungsträger der deutschen Exportindustrie, die ihren weiteren Absturz mit aller Macht stoppen will. Asien bleibe "wie in Boomzeiten ein weltweites Wachstumszentrum", heißt es in Wirtschaftskreisen.
– Die "Asien-Pazifik-Wochen", die am 7. Oktober begonnen haben und am Sonntag zu Ende gehen, werben seit 1997 alle zwei Jahre für die wirtschaftliche Asien-Expansion. Hintergrund sind neben den Hoffnungen auf ökonomischen Gewinn auch außenpolitische Ziele: Ostasien ist im Aufstieg begriffen; vor allem die Volksrepublik China gilt als künftige Großmacht sowie als Konkurrentin der EU.
– Berlin und Brüssel bemühen sich seit Jahren um eine stärkere Position in der näheren Umgebung Chinas und schließen dabei auch militärpolitische Machtmittel ausdrücklich ein. Man wolle "wirklichen europäischen Einfluss" in Ost- und Südostasien erlangen, heißt es in Berlin.
– Die aktuellen Berliner "Asien-Pazifik-Wochen", die vor wenigen Tagen begonnen haben, sollen in erster Linie neue Wirtschaftskontakte nach Asien und in die Pazifik-Region ermöglichen und auf diese Weise die Expansion deutscher Unternehmen vorantreiben.[1] Die Organisatoren laden zum "Dialog" mit einer Region, die "in den vergangenen Jahrzehnten eine immense Dynamik entfaltet hat" und jetzt "die globale Zukunft ausschlaggebend mitbestimmt".[2]
– Für deutsche Firmen ist Asien schon längst der wichtigste Exportmarkt außerhalb der EU – noch vor den USA: Im Jahr 2008 wurden Güter im Wert von 71,5 Milliarden Euro in die Vereinigten Staaten ausgeführt, Güter im Wert von 98 Milliarden Euro hingegen nach Asien.
– "Der Aufschwung wird aus Asien kommen", erklärt der Ostasiatische Verein (OAV), der die Großindustrie, Banken, Handelshäuser und mittelständische Betriebe zu seinen Mitgliedern zählt und damit das gesamte Spektrum der deutschen Asienwirtschaft repräsentiert. "Asien bleibt wie in Boomzeiten ein weltweites Wachstumszentrum und wird sein wirtschaftliches Gewicht noch schneller ausbauen, als wir das in Vor-Krisenzeiten ohnehin angenommen hatten", urteilt der OAV-Vorsitzende Jürgen Fitschen.[3]
– Tatsächlich gewinnen Asien und die Pazifik-Region stark an Bedeutung: Mit Japan, China, Indien, Australien, Südkorea und Indonesien gehören sechs G-20-Staaten dem Gebiet an. Die sechs Länder erarbeiten über 20 Prozent des Weltbruttosozialprodukts und stellen mehr als 43 Prozent der Weltbevölkerung – mit steigender Tendenz. Auch für das Krisenjahr 2009 erwarten die asiatischen Schwellenländer ein positives Wirtschaftswachstum, allen voran die Volksrepublik China (6,5 Prozent), Indien (4,5 Prozent) sowie Indonesien (3,5 Prozent). Für 2010 wird in Asien bereits wieder ein Gesamtwachstum von 5,5 Prozent erwartet – doppelt so viel wie in diesem Jahr. Dadurch erhielten "auch Deutschland und Berlin wichtige Impulse", heißt es bei den Veranstaltern der Asien-Pazifik-Wochen.[4]
– Den besonderen Stellenwert des Asien-Pazifik-Handels bestätigen die jüngsten Statistiken. So stiegen die Aufträge der deutschen Industrie im August um 1,4 Prozent gegenüber dem Vormonat. Ursache dafür war die starke Nachfrage aus dem Ausland, die um 4,6 Prozent zunahm.[5] Überdurchschnittlich tragen dazu Exporte nach Asien bei, denen der Schrumpfungsprozess der Krise deutlich weniger zugesetzt hat als den sonstigen Ausfuhren: Bei einem Gesamteinbruch der deutschen Ausfuhren im ersten Halbjahr 2009 um 23,5 Prozent ging der Export in die Asien-Pazifik-Region nur um 15,2 Prozent zurück und steigerte seinen relativen Anteil an den Lieferungen ins Ausland damit von 9,5 Prozent im ersten Halbjahr 2008 auf 10,6 Prozent von Januar bis Juni 2009.[6]
– Den größten Anteil daran hatte die Volksrepublik China, die der OAV als "Lichtblick bei den deutschen Ausfuhren nach Asien" feiert: Die deutschen Lieferungen in das Land blieben im ersten Quartal 2009 mit einem Minus von nur 3,3 Prozent gegenüber dem Vorjahreszeitraum relativ stabil, das chinesische Zollamt meldete im Juni bereits wieder eine Zunahme der deutschen Exporte im Vergleich zum Juni 2008 – um 3,5 Prozent. Die eng an den Westen angebundenen Länder Asiens verzeichneten deutlich größere Negativraten: Die deutschen Exporte nach Indien gingen um gut 13 Prozent zurück, die Ausfuhren nach Japan sanken um 23 Prozent, nach Südkorea um 25 Prozent und nach Taiwan sogar um 40 Prozent. Mit 7,6 Milliarden US-Dollar erreichten die deutschen Lieferungen nach China im ersten Quartal 2009 erstmals mehr als die Hälfte des Exportvolumens in die USA.[7]
Partnerschaft mit Asien
– Die deutsche Wirtschaft fordert politische Antworten auf die steigende ökonomische Bedeutung Asiens. "Asien und Europa sitzen in einem Boot", erklärt der Asien-Pazifik-Ausschuss der Deutschen Wirtschaft, das Sprachrohr zur Durchsetzung von Unternehmerinteressen in der deutschen Asien-Politik, und verlangt von der Bundesregierung vollen Einsatz für eine künftige "Partnerschaft mit Asien".[8] Asien sei keine Bedrohung, sondern eine "Chance zur Überwindung der Krise und zur dauerhaften Wohlstandsmehrung"; den asiatischen Ländern müsse vermittelt werden, dass Deutschland sowie die EU "starke und unverzichtbare Partner" seien. Die Auffassung, dass Asien "weltweit die dynamischste Wachstumsregion" bilde und diese Stellung im 21. Jahrhundert weiter ausbauen werde, wird vom Auswärtigen Amt ausdrücklich geteilt.[9]
– Schwierig gestaltet sich aber die politische Einflussnahme. Seit Jahren dringt Berlin auf umfassendere Asien-Aktivitäten der EU – insbesondere im militärpolitischen Bereich. Wirtschaftliche sowie politische Instrumente genügten nicht, heißt es, um "wirklichen europäischen Einfluss in der Asien-Pazifik-Region" zu erlangen.[10] Während deutsche Regierungsberater es vor einigen Jahren noch für möglich hielten, in Asien eine von den USA unabhängige Politik zu verfolgen – die EU-Intervention in Aceh galt als Schritt in diese Richtung [11] -, herrscht derzeit Skepsis: Es dominiere in der Diskussion um die Asienpolitik eine "neu gewonnene Einsicht in die Begrenzung des außenpolitischen Handlungsspielraums", schreibt die Berliner Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP).[12] Die EU bediene wieder zunehmend die regionalen Interessen der USA. Der European Council on Foreign Relations (ECFR) spricht gar davon, "Europa" könne "in einer neuen Weltordnung an den Rand gedrängt werden".[13]
– Berlin steuert dem unter anderem mit der "Berlin Conference on Asian Security" entgegen, einer prominent besetzten internationalen Veranstaltung, die sich Ende Oktober zum vierten Mal mit den Möglichkeiten für europäische Einflussnahme auf die Militärpolitik in Ost- und Südostasien befasst. Mitorganisatoren sind die SWP und das Bundesverteidigungsministerium, die bereits 1998 Mitgründer einer Vorgängerorganisation waren ("Waldbröl Group"); diese hatte sich ebenfalls mit der EU-Militärpolitik gegenüber Asien sowie der Pazifik-Region auseinandergesetzt. Das steht auch jetzt im Vordergrund: Konkret soll unter anderem eine "Checkliste" für die militärpolitische deutsch-europäische Einflussarbeit in Asien erstellt werden.[14]
– Bei ihren Versuchen, in der Asien-Pazifik-Region die eigene Stellung mit militärpolitischen Mitteln zu stärken, erzielen Berlin und Brüssel mittlerweile wieder Erfolge – vor allem in Südostasien. Über die deutsch-europäischen Einflussbemühungen in Kambodscha und auf den Philippinen berichtet german-foreign-policy.com in den kommenden Tagen.
[1] Asien-Pazifik: Partner für eine gemeinsame Zukunft; www.berlin.de
[2] Ausgewählte Informationen zu den wirtschaftlichen Beziehungen zwischen Berlin und der Region Asien-Pazifik und den wirtschaftlichen Effekten der Asien-Pazifik-Wochen; www.apwberlin.de
[3] Wachstum trotz weltweiter Krise: Die asiatischen Märkte kompakt im Wirtschaftshandbuch Asien-Pazifk des OAV; www.oav.de 14.09. 2009
[4] Ausgewählte Informationen zu den wirtschaftlichen Beziehungen zwischen Berlin und der Region Asien-Pazifik und den wirtschaftlichen Effekten der Asien-Pazifik-Wochen; www.apwberlin.de
[5] Steigende Exporte: Das Ausland befreit Deutschland aus der Krise; Welt online 07.10.2009
[6] Exporte nach Asien im ersten Halbjahr 2009 weiter überdurchschnittlich, deutlicher Aufwärtstrend im 2. Quartal; www.oav.de 19.08.2009
[7] Erstes Quartal 2009: China ist Lichtblick bei den deutschen Ausfuhren nach Asien – und weltweit; www.oav.de 04.06.2009. S. auch Gewichtsverlagerung
[8] In der Wirtschaftskrise erst recht: Partnerschaft mit Asien; www.asien-pazifik-ausschuss.de
[9] Asien in der deutschen Außenpolitik; www.auswaertiges-amt.de
[10] s. dazu Hintergrundbericht: Strategische Partnerschaft und Eindämmung sowie Ehrenmitglied, Militärpartner und Friedensmächte
[11] s. dazu Im Schatten der Katastrophe, Langfristiger Einsatz und Vorauskommando
[12] Die Rolle der EU in der Sicherheitsarchitektur Ostasiens; www.swp-berlin.org
[14] Berlin Conference on Asian Security 2009: A European Security Role in Asia. Expectations, Norms, Capacities; www.swp-berlin.org
– (Eigener Bericht) – Mit einem "Mekong-Länder-Tag" hat Berlin vergangenen Sonntag bei den aktuellen "Asien-Pazifik-Wochen" für neue Aktivitäten auf dem südostasiatischen Festland geworben. Die dortigen Länder erwecken seit mehreren Jahren das besondere Interesse der Bundesregierung, weil sie als mögliche Verbündete gegen die Einflussexpansion Chinas betrachtet werden.
– Bereits seit Jahren sucht Berlin seine Kooperation mit Vietnam zu vertiefen, einem traditionellen Rivalen Beijings, dem zugetraut wird, auch in Zukunft Opposition zu seinem nördlichen Nachbarn zu betreiben.
– Mittlerweile müht sich die Bundesregierung auch, zwei kleinere Staaten aus der unmittelbaren vietnamesischen Einflusssphäre in das antichinesische Vorgehen einzubeziehen: Kambodscha und Laos. Die beiden Länder, die zuletzt während des Vietnamkriegs eine gewisse internationale Aufmerksamkeit genossen, sind Gegenstand ernstzunehmender deutscher und inzwischen auch US-amerikanischer Aktivitäten. Fernab öffentlicher Wahrnehmung hat Berlin letztes Jahr mehrere Dutzend Militärberater nach Kambodscha entsandt; dabei handelt es sich um eine der größten unmandatierten Auslandsaktionen des deutschen Militärs in jüngster Zeit. Die antichinesischen Aktivitäten Berlins in Südostasien lassen künftige Konflikte in Ansätzen erahnen.
Rivalitäten der Großmächte
– Südostasien ist in zunehmendem Maße Schauplatz von Rivalitäten zwischen den Großmächten.
o Die USA haben sich vor allem im Königreich Thailand festgesetzt, mit dem sie seit dem Ende des Zweiten Weltkriegs eng verbündet sind; sie benutzten das Land bereits im Vietnamkrieg als Stützpunkt und unterhalten dort bis heute dauerhaft drei Militärbasen. Thailand versucht allerdings in jüngster Zeit, seine Beziehungen zu anderen Mächten zu stärken und so seine Abhängigkeit von Washington zu lockern.
o Die Volksrepublik China hat sich inzwischen exklusiven Einfluss in Myanmar gesichert, das vom Westen isoliert wird; es gewährt Beijing einen Zugang zum Indischen Ozean.
o Vietnam, ein traditioneller Rivale Chinas, müht sich um eine möglichst eigenständige Politik und nutzt dazu seine Marinebasis Cam Ranh Bay. Dort waren bis zum Jahr 2002 russische Kriegsschiffe stationiert. Russland hat im vergangenen Jahr erklärt, Cam Ranh Bay wieder in Betrieb nehmen und in Südostasien Präsenz zeigen zu wollen; allerdings verhandelt Vietnam inzwischen auch mit den USA, denen die Basis im Vietnamkrieg gehörte, und mit Indien. Indien würde in Cam Ranh Bay erstmals einen Militärstützpunkt auf dem südostasiatischen Festland etablieren;
o die Vereinigten Staaten wollen den Zivilhafen für Kriegsschiffe aller Nationen öffnen – ein Schritt, der auch Deutschland und der EU Spielraum verschaffen würde.[1] (Die Karte dokumentiert Truppenstützpunkte und Militärbasen in Südostasien. Eine Variante in Großformat finden Sie hier.)
Im "Hinterhof" Vietnams
– Die Konkurrenz der Großmächte erreicht immer stärker auch zwei Länder, die bisher nicht im Zentrum der internationalen Aufmerksamkeit standen – Kambodscha und Laos. Traditionell betrachtet sich Vietnam als Hegemon über die beiden Staaten, die im Westen an sein Territorium grenzen; es besitzt dort tatsächlich bis heute großen Einfluss.
– Seit geraumer Zeit stärkt jedoch Vietnams Rivale China seine Stellung in Laos und Kambodscha, vor allem ökonomisch, inzwischen jedoch auch mit Mitteln der Militärpolitik. So hat sich Beijing im Süden von Laos mit einem Horchposten festgesetzt. Nach Kambodscha wurden chinesische Soldaten entsandt, um dort an Minenräumoperationen teilzunehmen. Anfang dieses Jahres ging sogar – zum ersten Mal überhaupt – ein chinesisches Kriegsschiff in Kambodscha vor Anker.[2]
Der erste Auslandseinsatz
– Deutschland, das seine Kooperation mit Vietnam seit Jahren intensiviert – nicht zuletzt, um den Einfluss Chinas einzudämmen -, ist seit den 1990er Jahren auch in Kambodscha aktiv und stärkt dort die Positionen des Westens. In Kambodscha führte die Bundeswehr ihren ersten Auslandseinsatz durch: Am 6. November 1991 fiel die Entscheidung zu einem Hilfseinsatz für die UNO, der den Betrieb eines Krankenhauses in Phnom Penh mit Sanitätspersonal der deutschen Streitkräfte vorsah. In Kambodscha kam auch der erste deutsche Soldat im Auslandseinsatz zu Tode: Unbekannte erschossen einen Feldwebel auf offener Straße. Unmittelbar nach Gründung des Königreichs Kambodscha unter UN-Verwaltung im Jahr 1993 nahm Deutschland diplomatische Beziehungen zu dem Staat auf und baute seine Zusammenarbeit in den folgenden Jahren systematisch aus. So ist Kambodscha nicht nur ein wichtiges "Partnerland" der sogenannten deutschen Entwicklungshilfe; Berlin gehört zudem zu den größten Unterstützern des "Khmer Rouge Tribunals" zur Aufarbeitung des Genozids, dem für die Entwicklung des Landes einige Bedeutung beigemessen wird.[3]
– Die Berliner "Entwicklungshilfe" zahlt sich inzwischen erkennbar aus. Ein Schwerpunkt der Maßnahmen sind Wirtschaftsreformen und der Aufbau der Marktwirtschaft – mit günstigen Folgen für Textilkonzerne aus dem Westen: Wegen der lächerlich niedrigen Löhne ist das Land inzwischen als Billiglohnstandort für Bekleidungsunternehmen bekannt.
– 80 Prozent der kambodschanischen Exporterlöse werden mit Textilexporten erzielt. Dabei ist Deutschland nach den USA der zweitgrößte Abnehmer kambodschanischer Ausfuhren. Zu den Nutznießern zählen Firmen wie Adidas, Puma und Deichmann.[4] Die relativ starke Stellung des Westens in der kambodschanischen Wirtschaft wird nun weiter ausgebaut.
– Mit mehreren Unternehmerreisen hat sich das Bundeswirtschaftsministerium in den letzten Jahren um eine Stärkung des deutschen Firmeneinflusses in Kambodscha und Laos bemüht. Im Sommer hat nun auch Washington Wirtschaftsrestriktionen aufgehoben und damit die Voraussetzungen für eine engere ökonomische Zusammenarbeit mit Kambodscha und Laos geschaffen.
– Beobachter vermerken, dass die USA ihre Einflussversuche keineswegs auf diese beiden Länder beschränken: Nach dem Scheitern des Versuchs im Jahr 2007, mit einem prowestlichen Umsturz in Myanmar China deutlich zurückzudrängen [5], hat Washington nun eine Phase der Kooperation mit dem Land eingeleitet, um die westlichen Positionen dort wenigstens schrittweise zu verbessern.
– Neben ökonomischen Aktivitäten gewinnen dabei militärpolitische Maßnahmen für den Westen immer größeres Gewicht – keineswegs nur für die USA. Washington hat im August Soldaten nach Kambodscha entsandt, um die Anpassung der kambodschanischen Armee an westliche Militärstandards – die sogenannte Interoperabilität – zu befördern. Die Vereinigten Staaten finanzieren darüberhinaus auch die Teilnahme der kambodschanischen Streitkräfte an transpazifischen Manövern. Auch Berlin entsendet Soldaten nach Kambodscha. Im Jahr 2006 hielten sich zwei deutsche Militärberater dort auf – zur "Implementierung von Gesetzen und Verordnungen zur Kleinwaffenkontrolle sowie Verbesserung der Lagerung von Munition und Explosivstoffen". Zu demselben Zweck wurden im Jahr 2007 14, im Jahr 2008 sogar 54 Militärs nach Kambodscha geschickt, zuzüglich dreier deutscher Sanitätssoldaten. Auch dieses Jahr wurden mehrere Bundeswehrangehörige an den Mekong entsandt. Es handelt sich damit um den größten nicht vom Bundestag mandatierten Einsatz der Bundesrepublik.[6]
Die zunehmenden, auch militärischen Aktivitäten des Westens auf dem südostasiatischen Festland zielen darauf ab, den Einfluss Chinas unmittelbar südlich seiner Grenzen einzudämmen – in einem Gebiet, das für die Volksrepublik eine ähnliche Bedeutung gewinnen könnte wie Lateinamerika für die USA und Osteuropa für Deutschland. Damit zeichnen sich künftige Konflikte deutlich ab. Berlin beteiligt sich bereits jetzt nach Kräften.
[1] Cam Ranh Bay back in strategic limelight; South China Morning Post 16.08.2008
[2] Chinese military vessel makes 1st ever visit to Cambodia; Xinhua 05.11.2008
[3] Wieczorek-Zeul: Völkermord und Verbrechen gegen die Menschlichkeit dürfen niemals ungesühnt bleiben! Erster Prozesstag des Khmer Rouge Tribunals in Kambodscha; Pressemitteilung der Bundesministeriums für Entwicklung und wirtschaftliche Zusammenarbeit 17.02.2009
[4] s. dazu In Vorbereitung
[5] s. dazu Prestigeträchtig, Mit langem Atem und Offen oder verdeckt
[6] Antwort der Bundesregierung auf die Kleine Anfrage der Abgeordneten Paul Schäfer (Köln), Monika Knoche, Heike Hänsel, weiterer Abgeordneter und der Fraktion DIE LINKE. Drucksache 16/13784. Auslandsaufenthalte der Bundeswehr ohne Mandat des Deutschen Bundestages, 31.07.2009
Auf nach Asien! (III)
– (Eigener Bericht) – Im Streben nach größerem Einfluss in Asien bemühen sich Berlin und Brüssel um eine "Mittler"-Position im philippinischen Bürgerkrieg. Die EU sei als künftiges Mitglied einer "International Contact Group" vorgesehen, die Gespräche zwischen der Regierung der Philippinen und muslimischen Rebellen aus dem Süden des Landes unterstützen solle, berichtet das Auswärtige Amt. Gelänge es Brüssel, Vertreter an diese Schlüsselstelle zu entsenden, dann wüchsen die Aussichten für Deutschland und die EU, ihre Position auf den Philippinen zu stärken.
– Derzeit hat Washington dominierenden Einfluss in Manila, das in den Vereinigten Staaten als bedeutender Stützpunkt im Umfeld der Volksrepublik China gilt. Berlin und Brüssel operierten lange an der Seite Washingtons und unterstützten die philippinische Armee;
– heute bemühen sie sich um größere Eigenständigkeit und tendieren eher zu einer Stellung zwischen den Bürgerkriegsparteien.
– Das deutsch-europäische Einflussstreben richtet sich auch gegen beträchtliche Positionsgewinne der Volksrepublik China.
– Der Bürgerkrieg in Teilen der Philippinen hält mittlerweile seit rund 40 Jahren an. Zu den Milizen, die gegen die Regierung kämpften oder heute noch kämpfen, gehören die kommunistische "New People’s Army", die säkulare "Moro National Liberation Front" (MNLF) und die islamische "Moro Islamic Liberation Front" (MILF), die sich in den 1970er Jahren von der MNLF abgespalten hat.
– In Deutschland bekannt ist vor allem die militante "Abu Sayyaf", die im Jahr 2000 eine deutsche Familie als Geiseln nahm. MILF und Abu Sayyaf kämpfen in den südlichen, muslimisch besiedelten Provinzen der Philippinen für einen eigenen Staat.
– Der Bürgerkrieg kostete bislang mehr als 160.000 Menschen das Leben und machte rund zwei Millionen Menschen zu Flüchtlingen.
– Von 2004 an war, um einen Friedensschluss herbeizuführen, ein "International Monitoring Team" auf der südphilippinischen Insel Mindanao präsent. Weil die Vereinigten Staaten im Bürgerkrieg auf der Seite der Regierung kämpfen, war der Westen im "Monitoring Team" nur via Japan vertreten; ansonsten gehörten dem Zusammenschluss, der letztes Jahr seine Tätigkeit einstellte, Malaysia, Libyen und Brunei an.
– Die Inseln der Philippinen besitzen in Südostasien eine besondere strategische Bedeutung. Sie gelten vor allem in den USA, die in dem Land bis heute umfangreiche Militäraktivitäten entfalten, als Vorposten bei der Einkreisung Chinas.
– Seit geraumer Zeit bemüht sich auch die EU um größeren Einfluss. Deshalb "findet seit 2005 ein regelmäßiger Dialog zwischen der EU und der philippinischen Regierung statt", schreibt das Auswärtige Amt.[1] Weil "die politische und wirtschaftliche Elite des Landes" laut Außenministerium "auf die USA hin orientiert" ist, suchen Berlin und Brüssel ihre Stellung mit Hilfe regierungsfernerer Kreise zu stärken. So entsandte Brüssel im Jahr 2007 mehrere "Experten" auf die Philippinen, die zur Aufklärung von extralegalen Exekutionen beitragen sollten – ein Unterfangen, das vor allem von regierungskritischen Kreisen begrüßt wird. Allein seit 2001 sollen mindestens 800 Oppositionelle und Journalisten umgebracht worden sein.[2] Die Entsendung von Experten wurde schließlich in der "European Union[e] Justice Assistance Mission" (EUJAM) verstetigt. Vor wenigen Tagen wurde zudem ein "EU-Philippine Justice Support Programme" (EPJUST) beschlossen. Es befasst sich ebenfalls mit den extralegalen Exekutionen.[3]
– Die Bemühungen der EU, eine von Washington und der philippinischen Regierung weniger abhängige Stellung einzunehmen, zahlen sich mittlerweile aus. Im April 2009 erklärten die MILF-Rebellen, sie favorisierten ein Engagement der EU in den Friedensverhandlungen und bei Peace-Keeping-Anstrengungen. Inzwischen rückt ein solches Engagement in greifbare Nähe. Kürzlich einigte sich Manila mit der MILF, eine "International Contact Group" zu installieren, die nach dem Scheitern des "International Monitoring Team" im Jahr 2008 einen neuen Anlauf zur Unterstützung des Friedensprozesses unternehmen soll.[4] Im Unterschied zum "Monitoring Team" soll der "Contact Group" die EU angehören – und Berlin und Brüssel damit die Position eines "Mittlers" verschaffen, der von der Stellung zwischen den beiden verfeindeten Parteien aus leicht Einfluss nehmen kann. Ein solches Vorgehen praktiziert Berlin seit den Zeiten des Kaiserreichs – meist zum eigenen Vorteil.[5]
– Dabei war die Bundesrepublik lange Zeit selbst in den philippinischen Bürgerkrieg involviert – stets auf Seiten der Regierung in Manila. Ein Beispiel dafür bietet ein Straßenbauprojekt, das die staatseigene "Entwicklungs"-Organisation GTZ vor rund 20 Jahren auf der Halbinsel Bondoc betrieb. Dort kämpfte die philippinische Regierung vor allem gegen kommunistische Rebellen von der "New People’s Army" (NPA). Der damalige philippinische Verteidigungsminister erklärte, dass er durch die von der GTZ zu bauende Straße "militärische Erfolge" erwarte: Die Armee könne Bondoc mit Hilfe der Straße wirksamer kontrollieren und effizienter gegen die NPA vorgehen.[6]
Auch eines der Standardgewehre der philippinischen Armee hat seinen Ursprung in Deutschland. Es handelt sich dabei um das Sturmgewehr G3 der Firma Heckler und Koch. Wegen der Menschenrechtsverletzungen, die Manila zu verantworten hat, wurden Waffenexporte aus Deutschland auf die Philippinen bisher offiziell beschränkt; jedoch ließ sich dies mit Hilfe von Heckler und Koch-Waffenschmieden in Spanien umgehen.
In den letzten zehn Jahren exportierte Deutschland immer noch wiederholt Kleinwaffen auf die Philippinen – trotz des erheblichen Waffenschmuggels und der grassierenden Korruption in dem Land. Die Bemühungen der EU, den Bürgerkrieg einzudämmen, wären ohne die langjährige bundesdeutsche Unterstützung für Manilas Militär wohl weniger schwierig.[7]
– Die sich abzeichnenden deutsch-amerikanischen Rivalitäten träfen die Philippinen nicht zum ersten Mal. Sie zeigten sich bereits im Krieg zwischen Spanien und den USA, der im Jahr 1898 in der Karibik wie auch im Westpazifik eskalierte und die spanische Kolonialherrschaft über Kuba sowie die Philippinen beendete.
– Deutschland, das damals als Kolonialmacht in Neuguinea, auf Nauru und auf Samoa präsent war, beobachtete die amerikanische Expansion mit Argwohn.
– Um die USA eindämmen und die Philippinen gegebenenfalls selbst annektieren zu können, bemühte sich Berlin um eine gemeinsame Intervention der europäischen Monarchien, ganz nach Art der heutigen "Friedensmissionen". Wilhelm II. kommentierte die damals bekannt gewordenen US-amerikanischen Annexionspläne: "Das dürfen die Yankees nicht! Denn Manila müssen wir einmal haben!" Schon damals besaßen die westpazifischen Inseln wegen ihrer Nähe zum heiß umkämpften China erhebliche strategische Bedeutung.
– Historiker berichten von deutschen Aggressionen gegen die USA in der Bucht von Manila und von Nachschublieferungen an die spanischen Truppen.[8] Berlin, offiziell neutral, wollte die Situation eskalieren lassen, um ein Eingreifen der europäischen Monarchien zu provozieren. Nach ernsten amerikanischen Drohungen zog sich das Deutsche Reich jedoch zurück. 1899 folgte eine Friedenskonferenz in Berlin. Spanien musste die Philippinen an die Vereinigten Staaten abtreten, Deutschland erhielt nur ein Trostpflaster – die mikronesische Inselgruppe der Karolinen.
[1] Philippinen: Außenpolitik; www.auswaertiges-amt.de
[2] EU Mission Arrives in Philippines; Deutsche Welle 18.06.2007
[3] EU and Philippines will work together to address issue of Extra-Legal Killings; EC Press Release 08.10.2009
[4] GRP, MILF sign pact to form international contact group; GMANews.tv 16.09.2009
[5] s. auch Kaukasische Rivalitäten und Potenzial zum Partner
[6] Antrag des Abgeordneten Volmer und der Fraktion Die Grünen: Einstellung des integrierten Entwicklungsvorhabens Bondoc/Philippinen; Deutscher Bundestag Drucksache 11/6199 04.01.1990
[7] Heckler und Koch: G36 auf den Philippinen; www.bits.de April 2008
[8] Nils Havemann: Spanien im Kalkül der deutschen Außenpolitik – von den letzten Jahren der Ära Bismarck bis zum Beginn der Wilhelminischen Weltpolitik (1883-1899), Berlin 1997