AMERICA LATINA, ARMAMENTI
REPUBBLICA Mer. 3/5/2006 OMERO
CIAI
Nel continente anti-Usa crescono i contrasti: il Cile è
odiato da tutti, il Venezuela paga i ribelli, il Brasile aumenta le spese
militari
Uniti contro Bush, divisi da nuove rivalità, pronti a
combattersi
Caracas e Santiago hanno speso milioni per rafforzare i loro eserciti in
previsione di scontri regionali per la terra e per l´energia
I governi di sinistra latinoamericani spendono in
armi i grandi proventi delle materie prime, forse per le tante controversie che
li dividono.
Si fa presto a dire America Latina affratellata,
unita dai suoi leader di sinistra e centrosinistra in un afflato ideale degno
delle ciclopiche fatiche di Bolivar, el libertador, che visse, combatté, e
cadde per un sub continente alla fine coeso sotto un solo cielo e un solo
sogno. Mai, come da quando sembra così politicamente simile, l´America
Latina è stata così divisa. Ovunque esplodono rivalità, conflitti territoriali,
perfidie economiche, guerre energetiche. E, mentre aspettando il ballottaggio
in Perù (28 maggio), si consolida l´asse neo populista anti-Washington di
Castro, Chavez e Morales, s´accende dai Caraibi alla Patagonia una sommessa ma
efficace corsa agli armamenti. Le materie prime (il rame del Cile, il
petrolio del Venezuela, il gas della Bolivia, la soia dell´Argentina) costano
sempre di più e le casseforti delle banche centrali sono pingui di dollari che
i governi cominciano a spendere anche in armamenti. E perché mai gettare
fondi in carri armati in un´area del mondo dove la metà della popolazione non
ha da mangiare se, sulla carta, le relazioni fra i governi sono splendide e
splendenti?
I due paesi guida di questa nuova corsa agli armamenti sono il Cile e il
Venezuela. E non è un caso. Il Cile è il paese più odiato dai suoi vicini.
Peruviani e boliviani sognano ancora di vendicarsi e riconquistare le terre
perse nella guerra del Pacifico. Ed è anche il paese che avrà i maggiori
problemi energetici perché non ha risorse sufficienti a sostenere l´exploit
della sua economia. Mentre il Venezuela di Chavez è il paese emergente che,
per capacità d´influenza sulla regione, rivaleggia con il Brasile. Il
califfo rosso di Caracas, megalomane quanto il prezzo del barile di greggio,
allunga le sue dita un po´ dovunque tra impicci e impacci. Appoggia la
narco-guerriglia in Colombia, compra i buoni dello Stato in Argentina e
sostiene il candidato anti-sistema in Perù. E, nella foga di ridisegnare lo
scenario dell´America del sud, si prepara a scontri armati (improbabili) con la
Casa Bianca e a conflitti (meno improbabili) con i suoi vicini.
Soltanto nel 2005 Cile e Venezuela hanno speso quasi tre miliardi di dollari
a testa. Tutti gli altri, Brasile compreso, hanno investito molto meno ma
ora si preparano a farlo per colmare lo squilibrio creato dalle Forze armate di
Santiago e Caracas. Missili, tank, aerei da combattimento, sistemi radar,
fregate, kalashnikov. Il Sudamerica si prepara ad essere la nuova terra
promessa delle fabbriche d´armi, il nuovo bazar del nuovo e dell´usato.
Così mentre i paesi si riarmano, i conflitti esplodono. La Bolivia, con
lusinghe e ricatti vuole un accesso al mare in Cile; il Perù amplia i suoi
confini marittimi per pescare "ceviche" anche in acque cilene;
Caracas in cerca di nuovi pozzi contende le frontiere a Bogotà; Buenos Aires
minaccia Montevideo per due cartiere che stanno in Uruguay ma inquinano in
Argentina. E via litigando. Ma quel che è peggio sono gli accordi economici
che saltano. Il famoso Mercosur è ormai asfittico mentre nella "comunità
andina" Perù e Colombia hanno appena stretto accordi di libero commercio
con gli Stati Uniti fregando tutti gli altri.
In meno di un anno quello che doveva diventare un nuovo grande blocco
economico, simile all´Unione europea, affratellando Mercosur e paesi andini è
già appena un ricordo: mentre – qui sta il paradosso – il 2006 in tutta la
regione si conferma come l´anno della svolta a sinistra con il ballottaggio in
Perù, la corsa di Lopez Obrador in Messico e, addirittura, il possibile ritorno
dei sandinisti al potere in Nicaragua entro la fine dell´anno.