Alleanze rivali e complicità sindacali nella cantieristica militare europea

É in corso a livello mondiale la modernizzazione e concentrazione della cantieristica, che vede la Cina ambire a raggiungere e superare gli Stati Uniti come prima potenza navale mondiale.

Negli ultimi mesi, a livello europeo sono stati siglati accordi di cooperazione a vario titolo tra alcuni grandi gruppi al fine di poter competere, con accresciute dimensioni ed economie di scala, contro i giganti statunitensi, asiatici – Cina, Corea, Giappone – oltre che contro i concorrenti turchi e russi.

Se considerato dal punto di vista della marina militare, il processo di concentrazione in atto innalza il potenziale distruttivo dei futuri scontri bellici tra predoni imperialistici. Future guerre già messe in conto dalle potenze che ad esse si preparano. Guerre inevitabili per il sistema sociale capitalistico che pone al primo posto il conseguimento del massimo profitto per il capitale, qualsiasi siano i suoi costi umani.

L’italiana Fincantieri, uno dei maggiori gruppi mondiali del settore, si trova ad essere crocevia di alleanze internazionali, con gruppi francesi, tedeschi e americani, le cui scelte sono al tempo stesso atti di politica estera e di alleanze internazionali, che sono oggetto di lotta politica tra le diverse frazioni della classe dominante e delle pressioni delle altre potenze imperialiste.

In questo gioco di competizione e alleanze nella produzione di macchine di distruzione e morte sempre più potenti, troviamo i sindacati ufficiali schierati con le aziende nazionali e i propri Stati, e non per l’unione internazionale dei lavoratori contro questo sistema produttore di crisi, guerre e massacri. Occorre far crescere un’opposizione di classe, anticapitalista e internazionalista.

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Tratteggiamo qui brevemente alcuni esempi di operazioni di concentrazione nel settore della cantieristica militare in Europa.

A metà gennaio è stata creata la joint venture Naviris tra il francese Naval Group (ex DCNS) e l’italiana Fincantieri (nota 1), sorta principalmente sotto la spinta di motivazioni industriali con l’obiettivo di affrontare la futura concorrenza asiatica, soprattutto cinese, e proporsi quale futuro “Airbus dei Mari”. Si prospetta il rischio che la Cina sottragga ai costruttori europei i mercati dei paesi emergenti che stanno ammodernando la propria marina militare. In effetti Pechino ha già fortemente aumentato le esportazioni nella sua area di influenza, dal Pakistan alla Tailandia, al Bangladesh e alla Nigeria.

In questa gara per i mercati, Naviris si avvantaggia della buona posizione che Fincantieri ha conseguito ai fini dell’esportazione grazie alla ventina di cantieri navali di cui dispone in giro per il mondo, mentre l’altro socio, Naval Group, per poter produrre in loco e vincere i contratti è costretto ad allearsi ad industrie locali. La joint venture italo-francese si prefigge di ottenere commesse del valore di 1,5-1,7 MD di € per i prossimi quattro anni, con due maggiori progetti: la revisione delle fregate Horizon e il programma Patrol Corvette europeo in collaborazione con la Grecia e con il produttore spagnolo Navantia. Per Naval Group una ricaduta positiva dell’alleanza con Fincantieri è la possibilità di rendersi indipendente dal concorrente Thalès, da cui attualmente dipende per i sistemi radar.

L’alleanza tra Fincantieri e Naval Group è però complicata e minata da una serie di fattori. Per cominciare la feroce competizione tra i rispettivi fornitori di componentistica, Leonardo e Thalés. Inoltre, il governo francese procede con i piedi di piombo, temendo di dover dipendere dal gruppo statale italiano nella produzione per la sua marina militare, e di perdere così l’indipendenza nazionale in un settore altamente strategico. Un episodio rivelatore di queste preoccupazioni nazionalistiche, alimentate anche dai legami, seppur nel settore civile, di Fincantieri con la Cina (nota 2), è stato il veto posto nel 2017 dal governo Macron alla cessione a Fincantieri dei Chantiers de l’Atlantique di Saint Nazaire (STX), questione ad oggi non ancora definita.

In ogni caso, al di là dei progetti comuni già realizzati e in corso di realizzazione (nota 3), Naval Group e Fincantieri rimangono concorrenti dal punto di vista imprenditoriale, competizione che Naviris non ha arrestato. I due costruttori sono rivali nell’esportazione delle loro fregate lanciamissili FREMM, attualmente per la vendita all’Egitto. L’Egitto, cercando di diversificare i fornitori per la sua marina militare, sta trattando con Fincantieri per due fregate FREMM, già pronte. Se l’accordo va in porto, il gruppo italiano diverrebbe il terzo fornitore europeo del Cairo, dopo il francese Naval Group e il tedesco TKMS. In un altro recente episodio di rivalità, Fincantieri ha citato in giudizio Naval Group che ha ottenuto il contratto per la realizzazione di quattro corvette per la Romania, vincendo su Fincantieri e Damen in modo “poco trasparente”, ma il processo di selezione è stato ostacolato da numerose interferenze politiche, secondo gli analisti di Banca Akros. Questo nel giugno 2019, appena siglato la creazione di Naviris.

Il sentimento militarista e nazionalista permea anche un sindacato (di “sinistra”) come la CGT, che in un primo tempo si era opposto all’alleanza italo-francese per timore che la Francia perdesse il controllo nel settore sottomarini. La posizione di FIOM-CGIL, FIM-CISL e UILM non è stata meno nazionalista: “Genova – Sindacato e industriali plaudono all’alleanza tra Fincantieri e Naval Group sul militare che prende corpo e fa di Genova la base della futura società paritetica. Fiom, Fim e Uilm salutano positivamente quella che considerano «un’opportunità industriale e occupazionale» ma parallelamente auspicano «un intervento del governo» e «un maggior dialogo tra gruppi dirigenti» affinché l’Italia proceda come «sistema Paese» scongiurando il rischio di una marginalizzazione di Leonardo a vantaggio di Thales…” (nota 4)

Le confederazioni sindacali ufficiali si confermano al servizio del proprio imperialismo. Al posto di promuovere l’unità internazionale dei lavoratori contro i propri sfruttatori, chiamano i lavoratori a schierarsi a sostegno dei gruppi nazionali degli armamenti, benedicendo la produzione bellica che servirà ad ammazzare proletari nelle diverse aree calde. Poi osano parlare di “pace”! Occorre battersi per sottrarre a questi esponenti nazionalisti la direzione del movimento operaio.

Alquanto significativo dal punto di vista politico il contratto di recente ottenuto da Fincantieri per lo sviluppo della FREMM per la Marina militare statunitense. Con questo contratto (di oltre 700 milioni di €, che potrebbe in seguito moltiplicarsi) gli Stati Uniti si aggiudicano, almeno temporaneamente, una mano nella competizione di alleanze strategiche con la Cina.

Ma la partita globale è molto intricata e complessa, così lo stretto rapporto di Roma con Washington, fino ad oggi suo principale alleato, non è ben visto da Parigi che lo interpreta (a ragione) come tentativo da parte americana di impedire l’autonomia militare e strategica della UE.

Il contratto assegnato a Fincantieri per la marina americana funge da contrappeso al “Memorandum of Understanding” (MOU) siglato nel marzo dello scorso anno dal governo giallo-verde italiano (per “l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Adriatico Orientale di Trieste”) con China Communication Construction Company (CCCC) per la concessione di lunga durata alla Cina del porto di Trieste, sede appunto di Fincantieri. Questo MOU sanziona l’adesione dell’Italia, prima tra i paesi del G7, alla BRI (Belt and Road Initiative – Nuova via della Seta), e segnala un passaggio storico nelle relazioni internazionali, producendo una incrinatura nei rapporti con l’Alleanza Atlantica.

Il presidente dell’Autorità portuale, Zeno D’Agostino, ha spiegato che l’accordo servirà a «supportare le esportazioni in Cina e nel Far East delle nostre PMI, che non hanno le dimensioni idonee ad affrontare questo tipo di investimenti. L’Autorità di Sistema si mette a disposizione delle imprese italiane per sviluppare in Cina piattaforme logistiche e portuali che permettano al Made in Italy di raggiungere i flussi commerciali verso questo grande mercato in espansione.» (nota 5)

L’alleanza italo-francese fatica a divenire europea: per ora solo la spagnola Navantia potrebbe essere interessata a causa delle sue difficoltà con il programma di sottomarini S80. I cantieri navali del Nord Europa hanno rifiutato di sostenerla. Gruppi come Damen, TKMS e Saab Kochun si muovono secondo logiche più economiche, dovendo rendere conto agli azionisti privati e non allo stato.

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Anche per la cantieristica tedesca è in atto una alleanza, con l’Olanda. I cantieri tedeschi Lürssen (Brema) costruiranno con la olandese Damen Schelde Naval Shipbuilding B.V. una nave militare polivalente (MKS 180) per le guerre contro grandi potenze, in grado di “combattere contro ampi obiettivi di mare e di terra” e “guidare un’alleanza bellica navale multi-nazionale” – in tutte le acque immaginabili dall’Artico all’Equatore, e che sarà in grado di portare a termine missioni antisommergibili, antiaeree e guerra di superficie. Il governo tedesco decise la costruzione di queste navi nel 2015, dopo l’intensificazione nel 2014 dello scontro con la Russia.

Questa alleanza si inquadra nella stretta cooperazione già in essere tra le due forze armate.

Dal 2014 sono state integrate varie unità delle rispettive forze armate, esercito, aeronautica e marina. Il battaglione navale tedesco, ad esempio, è subordinato al corpo della marina olandese; è in atto anche una cooperazione nel campo degli armamenti, vedi il carro armato Boxer, usato da entrambi gli eserciti, costruito dai gruppi tedeschi Rheinmetall e Krauss-Maffei Wegmann (KMW) e dall’ex olandese Stork PWV, assorbito nel 2008 da Rheinmetall.

La scelta del governo tedesco di assegnare agli olandesi la commessa ha fatto prevalere interessi militari su quelli economici, provocando forti reazioni da parte dei gruppi tedeschi esclusi dall’accordo Naval Yards Kiel (GNYK) e ThyssenKrupp Marine Systems (TKMS), tradizionale fornitore della marina tedesca.

Ha reagito negativamente anche il sindacato metallurgici IG Metall, il cui responsabile di settore ha chiesto al governo che la produzione di navi da guerra rimanga interamente in Germania. Come in Italia e Francia, anche in Germania il nazionalismo-militarismo infetta organizzazioni sindacali dei lavoratori che in quanto tali dovrebbero tutelare gli interessi di una classe internazionale. È stato raggiunto un compromesso economico, che salva la scelta politica: i cantieri olandesi Damen hanno accettato di trasferire la costruzione delle navi al gruppo Lürssen (nota 6), il che fa rimanere in Germania l’80% del valore aggiunto netto, mentre circa il 70% dei sistemi elettronici verrà fatto produrre nelle sedi tedesche della francese Thales e da altri subappaltatori tedeschi.

Come area operativa delle nuove navi multiruolo si parla del Nord Atlantico, per le linee di comunicazione dal Nord America all’Europa, ma anche dell’Oceano Indiano, per il quale passano il 35% di tutte le esportazioni UE dirette verso l’Asia.

In Germania è in progetto la creazione di un “campione nazionale”, con la fusione tra i cantieri Lürssen e i German Naval Yards Kiel (GNYK), che se realizzata strapperà il primo posto a TKMS.

Quest’ultimo si trova costretto a valutare possibili opzioni per mantenersi competitivo. Una possibilità è quella di rafforzare il “campione nazionale” entrando nella fusione Lürssen-GNYK. Il sindacato IG Metall Küste (settore aree costiere) approverebbe la scelta di creare un campione nazionale.

L’altra opzione di ThyssenKrupp Marine System (TKMS ) è la collaborazione con Fincantieri, con cui sono in corso negoziati per la creazione di una joint venture 50/50, con l’obiettivo di 3,4 miliardi di vendite combinate. Questo porrebbe fine alla competizione tra i due gruppi, che lo scorso marzo ha visto TKMS soffiare a Fincantieri il programma di corvette per la marina brasiliana. Fincantieri porterebbe le sue attività per la Difesa, che l’anno scorso ha avuto vendite per 1,6 MD€.

Questa scelta, che porterebbe di fatto alla creazione di un supergruppo europeo, appare politicamente di più difficile realizzazione, nel quadro di un imperialismo europeo che da una parte mira a porsi come blocco unitario per competere con gli avversari, ma nei fatti continua a essere diviso al proprio interno da logiche nazionali.

Abbiamo delineato per sommi capi le difficoltà e le contraddizioni che le borghesie europee incontrano nel desiderato processo di concentrazione della forza militare. Noi, che partiamo dal punto di vista della classe dei lavoratori, siamo consapevoli che qualsiasi sia l’esito di questi tentativi sarà in ogni caso un incremento del potenziale bellico, per cui non tifiamo certamente né per un campione italiano, o europeo, o …

Siamo invece per l’unione dei lavoratori d’Europa e del mondo contro i rispettivi padroni e i governi che li rappresentano, e contro gli armamenti delle potenze imperialiste, a partire dall’Italia e dalle nazioni europee, che servono alla loro lotta per spartirsi le zone di influenza nel mondo. Nel programma di lotta del Patto d’Azione per un fronte anticapitalista c’è “un drastico taglio alle spese militari”, consapevoli che la loro abolizione sarà possibile solo rovesciando il capitalismo, in cui la guerra è l’altra faccia dello sfruttamento e della concorrenza tra capitali.