UE, Germania, Francia, Centrafrica, Mali
Tesi GFP: L’ampliamento e il rafforzamento della politica militare comune della UE in Africa possono diventare un’Agenda 2020 per la politica estera tedesca.
o Ieri, 20 gennaio, in risposta alle sollecitazioni francesi, i ministri Esteri UE hanno deciso di inviare a breve circa 500 soldati di diversi paesi nella Rep. Centrafricana in appoggio alle truppe francesi, decisione motivata con il rischio di aggravamento degli scontri. Si tratta però di un intervento limitato nei mezzi e nel tempo.
oPer la missione UE in Centrafrica, la Germania non fornirà soldati, ma solo con aerei da trasporto, rifornimento e un Airbus di pronto soccorso.
o Il ministro Esteri SPD, Steinmeier, ha prospettato l’allargamento dell’intervento tedesco al Mali; che come informa Süddeutsche Zeitung era da tempo in preparazione, extraparlamentare, con l’invio della brigata franco-tedesca.
o Questo primo ampio intervento della brigata franco-tedesca,[1] rimanda alla contesa tra Francia e Germania per il predominio sulla politica militare europea.
o Fin dall’inizio dei piani per una politica militare comune, la Germania ha sempre bloccato gli interventi nelle ex colonie francesi, o cercato di ridurli al minimo, per non sostenere il ruolo francese di “forza dell’ordine”.
o La linea seguita finora da Berlino di appoggiare interventi di maggior durata solo nel S-E Europa o in paesi africani non francofoni, come Sudan e Corno d’Africa, a difesa dei propri interessi,
o è stata modificata da inizio 2013 per l’intervento in Mali, nel tentativo di spezzare l’egemonia francese nell’Africa francofona.
o Due i motivi della parziale svolta tedesca:
o 1. la scorsa settimana, il presidente francese ha annunciato ufficialmente tagli di bilancio per decine di miliardi e sostanziose facilitazioni per l’economia, secondo il modello di Agenda 2010, rinunciando in tal modo ad opporsi alle misure di austerità richieste dalla Germania, che ha così sgombra la strada in campo economico nella UE. I commenti sui media mettono chiaramente in relazione le promesse di riforma francesi al SI’ tedesco all’intervento militare UE in Centrafrica, ma con durata limitata, cioè finchè non sia pronto un sufficiente contingente africano. Berlino ha bloccato l’impiego di un Battle Group UE
o 2. L’intervento nella Rep. Centrafricana, in particolare con l’aumento delle truppe tedesche in Mali, offrono la possibilità di ampliare dimostrativamente la presenza tedesco-europea nell’Africa Subsahariana,
o e ciò nel quadro dell’offensiva di Public Relation a favore di una politica internazionale tedesca più assertiva, avviata nell’autunno 2013.
o Il comandante del commando operazioni della Bundeswehr: l’Africa, soprattutto del Nord e del Centro, ci terrà occupati nei prossimi anni.
o Un esperto di politica estera della Süddeutsche Zeitung: Mali e Centrafrica rappresentano un banco di prova per una nuovo equilibrio europeo.
o A dicembre la Cancelliera tedesca ha negoziato con il presidente del Mali, Ibrahim Boubacar Keïta, per aumentare le attività tedesche nel paese; la Germania, definita sulla stampa dal presidente maliano come “maggior partner” (posizione in precedenza tenuta dalla Francia), accresce in modo corrispondente la sua presenza militare.
o Il governo tedesco si prepara con la Francia a un intervento militare più ampio in due regioni di crisi africane,
§rafforzamento della brigata già presente in Mali, e appoggio di una missione militare europea in Centrafrica.
o La Germania fornirà alle truppe maliane uniformi, scarpe e camion, le armi, vietate la cui esportazione è vietata dalla legge tedesca nelle aree di crisi, verranno fornite dal altri paesi europei.
o Per il Centrafrica la Germania ha offerto di incaricarsi del trasporto all’interno di soldati e materiale.
Qual è l’obiettivo della missione in Mali e Centrafrica, come e quando se ne esce, per quali interessi?
Il governo tedesco avrebbe continuato a fare da spettatore per entrambe le crisi se non ci fossero stati nuovi motivi, che ora lo sollecitano. Si tratta soprattutto dell’Europa e delle relazioni con la Francia.
A dicembre i grandi della UE lamentavano la propria impotenza in politica estera e la mancanza di visione strategica. Ed è così: gli Stati Uniti si ritirano dall’Europa e dal Mediterraneo, tutta l’area dalla Siria all’Africa orientale è borbotta minacciosa, gli islamisti sono un vero flagello. Allora: Cosa si può fare?
o Francia e Germania spingono l’Europa ad agire. Il cambio di posizione tedesco è il segnale di una nuova politica. E i motivi sono due:
o C’è un governo rosso-nero (SPD-Union), che non ha le remore dell’ex ministro FDP Westerwelle ispirato alla cautela.
o La Cancelliera e il nuovo ministro Esteri SPD hanno riconosciuto che per la potenza economica Germania si apre un problema se di fronte agli altri alleati UE continua a astenersi in politica estera e militare.
o L’Europa si disferà se non si sistema lo squilibrio tedesco-francese. La Germania non può più pareggiare i conti con l’Europa economica con le banconote, e la cautela in politica estera genera scontento.
oOra che Hollande ha promesso le riforme, Berlino può pensare a come contribuire ad un nuovo europeo, il Mali e il Centrafrica sono un banco di prova.
o Il 19 febbraio nel Consiglio della Difesa franco-tedesco verrà presa la decisione per la missione in Mali e per il prolungamento del contingente di istruttori della Bundeswehr già presente nel paese.
o L’accordo prevede anche, come proposto dalla Cancelliera (iniziativa di rafforzamento) e deciso a dicembre, che i paesi UE in Mali armeranno le forze armate del paese.
[1] La Brigata franco-tedesca è una brigata di fanteria binazionale, composta di circa 6 000 uomini, ilsuo statomaggiore ha sede nella città tedesca di Müllheim. Tutti i reparti erano di stanza in Germania fino al 2009; dal 2010 i soldati francesi del 3 reggimento Ussari e quelli del 291 battaglione tedesco hanno stanza nel N-E della Francia. La brigata fa parte delle strutture di comando dell’Euro Corps. I soldati tedeschi sono truppe d’assalto e sono gli unici soldati di una brigata dell’esercito tedesco non inseriti in una divisione, ma sottoposti a comando diretto dell‘Esercito. I soldati francesi sono sotto il comando dell’equivalente Commandement des forces terrestres (CFT).
(Eigener Bericht) – Die EU kündigt einen Militäreinsatz in der Zentralafrikanischen Republik an. Wie die EU-Außenminister am gestrigen Montag in Brüssel beschlossen haben, sollen in Kürze Soldaten aus mehreren EU-Staaten nach Bangui geschickt werden und dort französische Truppen unterstützen.
– Die Bundeswehr wird sich voraussichtlich mit Transportflugzeugen und mit einem Sanitäts-Airbus beteiligen. Zugleich stellt der deutsche Außenminister eine Ausweitung der deutschen Intervention in Mali in Aussicht.
– Wie es heißt, solle die Deutsch-Französische Brigade dort zu ihrem ersten großen Einsatz kommen. Im Hintergrund hält der Machtkampf zwischen der Bundesrepublik und Frankreich an.
– Berlin sucht die Operation in Mali zu nutzen, um den bislang exklusiven Pariser Einfluss in der westafrikanischen Frankophonie zu brechen.
– Deutsche Militärs kündigen an, "Afrika, insbesondere sein Norden und seine Mitte", würden "uns … in den nächsten Jahren beschäftigen". Noch vor dem Ende des (Teil-)Abzuges aus Afghanistan rückt damit bereits ein neuer deutscher Interventions-Schwerpunkt in den Blick – ganz im Sinne der weltpolitischen Offensive, auf die das außenpolitische Establishment Berlins seit letztem Herbst verstärkt dringt.
– Die EU-Außenminister haben am gestrigen Montag die rasche Entsendung einer EU-Truppe in die Zentralafrikanische Republik beschlossen. Anlass sind heftige Auseinandersetzungen in dem Land, die blutig zu eskalieren drohen. Frankreich ist bereits mit Soldaten präsent und versucht, seine traditionelle Rolle als "Ordnungsmacht" in der afrikanischen Frankophonie zu manifestieren.
– Um seiner Armee, die bereits in Mali gebunden ist, Entlastung zu verschaffen, hat Paris massiv Druck entfaltet, um eine Beteiligung der EU an der Intervention durchzusetzen. Laut dem gestrigen Beschluss werden in Kürze Soldaten aus mehreren EU-Staaten nach Bangui entsandt; gesprochen wird zur Zeit von rund 500 Militärs. Berlin wird vermutlich Lufttransport, Luftbetankung und den Medevac-Airbus der Luftwaffe zur Versorgung von Verletzten beisteuern. Sollte Paris auch das Hauptquartier für die Intervention stellen – dies gilt als wahrscheinlich -, dann könnte es künftig einen Teil seiner Operationen in Bangui über Brüssel finanzieren.
– Bereits am Wochenende hatte Bundesaußenminister Frank-Walter Steinmeier eine Ausweitung des deutschen Einsatzes in Mali in Aussicht gestellt. Mali gehört wie die Zentralafrikanische Republik zur Frankophonie; auch dort stellt Paris mit deutlichem Abstand die meisten Truppen und ist um Entlastung bemüht. "Über Möglichkeiten stärkerer Unterstützung, etwa in Mali, müssen wir nachdenken", erklärt Steinmeier.[1]
– Zuvor hatte die Süddeutsche Zeitung berichtet, eine Aufstockung der deutschen Truppen werde längst vorbereitet; Soldaten der Deutsch-Französischen Brigade würden in Kürze nach Mali entsandt werden. In "Militärkreisen" werde geplant, eine "Schutztruppe" [2] in Bamako zu stationieren und "einen anderen Truppenteil zur Absicherung eines Ausbildungsvorhabens in einem kleineren Ort einzusetzen". Interessant ist zudem, dass der Süddeutschen Zeitung zufolge Generalinspekteur Volker Wieker vergangene Woche im Bundestags-Verteidigungsausschuss "ein stärkeres Engagement in Mali angekündigt" hat.[3] Offiziell beschließt in Deutschland über Militäreinsätze nicht der Generalinspekteur, sondern das Parlament.
– Politisch bildet die neue Afrika-Offensive den aktuellen Stand des Machtkampfes zwischen Berlin und Paris um die Vorherrschaft über die EU-Militärpolitik ab. Seit Beginn der Planungen für eine gemeinsame EU-Militärpolitik hat die Bundesrepublik Interventionen in der Frankophonie stets abgeblockt oder auf ein Minimum reduziert, um Frankreich nicht bei der Sicherung seiner Rolle als "Ordnungsmacht" behilflich zu sein (german-foreign-policy.com berichtete [4]).
– Eine längere Einsatzdauer wünschte Berlin nur bei Interventionen in Südosteuropa oder in nicht frankophonen Staaten Afrikas (Sudan, Horn von Afrika), wo es eigene Interessen verfolgt.
– Vorsichtig revidiert wurde diese Linie erst mit der Teilnahme am Einsatz in Mali seit Anfang 2013. Diese geht jedoch mit dem Versuch einher, den dominanten Pariser Einfluss in den französischsprachigen Staaten Westafrikas zu brechen und die deutsche Stellung dort zu stärken.[5] Mali selbst bietet das beste Beispiel.
– Im Dezember hat die Bundeskanzlerin mit dem malischen Präsidenten über den Ausbau der deutschen Aktivitäten in dem westafrikanischen Land verhandelt; Präsident Ibrahim Boubacar Keïta sagte anschließend vor der Presse, Deutschland genieße in Mali "den diplomatischen Code 001" und sei "das wichtigste Partnerland".[6] Diese Stellung hatte bislang Frankreich inne.
– Entsprechend stockt Berlin nun die Bundeswehr-Einheiten in Mali auf. Die deutschen Interessen in der Zentralafrikanischen Republik hingegen lassen sich prägnant mit der Tatsache umschreiben, dass Berlin dort nicht einmal eine diplomatische Vertretung unterhält. Bundeskanzlerin Merkel hat deswegen schon letztes Jahr einen Einsatz deutscher Bodentruppen in dem Land kategorisch ausgeschlossen. Dass Berlin jetzt dennoch eine partielle Wende vollzieht, einen EU-Einsatz in der Zentralafrikanischen Republik nicht mehr verhindert und sogar mehrere Bundeswehr-Flugzeuge zur Verfügung stellt, hat einen doppelten Grund.
– Zum einen hat der französische Staatspräsident in der vergangenen Woche seinen Restwiderstand gegen die deutschen Euro-Spardiktate aufgegeben: Er hat offiziell Haushaltskürzungen in zweistelliger Milliardenhöhe und lukrative Vergünstigungen für die Wirtschaft angekündigt – nach dem Modell der deutschen "Agenda 2010".
– Berlin hat nun in Europa ökonomisch freie Bahn.[7] Medienkommentare stellen Hollandes "Reformversprechen" in einen klaren Zusammenhang mit der Zustimmung Berlins zum EU-Einsatz in der Zentralafrikanischen Republik, die als eine Art Gegenleistung dargestellt wird.[8]
– Allerdings ist die Gegenleistung zeitlich strikt begrenzt. Der Bundesaußenminister stellt klar, dass es sich bei dem Einsatz in Zentralafrikanischen Republik um eine "europäische Überbrückungsmission" handelt, die beendet wird, sobald eine afrikanische Eingreiftruppe in ausreichender Stärke einsatzbereit ist.[9] Auch hat Berlin den Einsatz einer EU Battle Group in dem Land blockiert. Paris stehen also nur begrenzte "europäische" Mittel für eine streng limitierte Zeit zur Verfügung.
– Zum zweiten ergibt sich mit der Intervention in der Zentralafrikanischen Republik und vor allem mit der Aufstockung der deutschen Truppen in Mali die Chance, die deutsch-europäische Militärpräsenz in Afrika südlich der Sahara demonstrativ auszuweiten. Berlin hat im Herbst 2013 eine PR-Offensive für eine aggressivere deutsche Weltpolitik gestartet [10]; in den deutschen Konzeptionen spielen künftige Militärinterventionen der EU – weniger der NATO – eine zentrale Rolle. Der Befehlshaber des Einsatzführungskommandos der Bundeswehr, Generalleutnant Hans-Werner Fritz, hat vergangene Woche beim Potsdamer Jahresempfang der Bundeswehr angekündigt, "dass uns Afrika, insbesondere sein Norden und seine Mitte, in den nächsten Jahren beschäftigen wird".[11] Die Berliner Politik gegenüber Mali zeigt, dass dabei unter der Oberfläche der EU-Militäreinsätze mit massiven deutschen Bemühungen zu rechnen ist, Frankreichs Einfluss in der Frankophonie zu brechen.
– Über die Ausweitung der deutschen Afrika-Operationen hat in den letzten Tagen unter anderem der Außenpolitik-Ressortleiter der Süddeutschen Zeitung berichtet, über den es in einer aktuellen wissenschaftlichen Untersuchung heißt, er gehöre zu einer Gruppe von "Elitejournalisten", die dem Publikum – teilweise unter Zuhilfenahme von "Propagandatechniken" – Ansichten aus den politisch-militärischen Führungszirkeln nahebrächten.[12] "Mali und Zentralafrika", erklärt der Ressortleiter, auch im Hinblick auf deutsch-französische Rivalitäten, seien "Testfälle" für "ein neues europäisches Gleichgewicht". "Noch liegt das Skript für dieses neue Europa nicht auf dem Tisch", schreibt er: "Aber es wächst der Appetit, daran zu schreiben". Die Ausdehnung und Stärkung der gemeinsamen EU-Militärpolitik in Afrika habe das Zeug, "eine Agenda 2020 für die Außenpolitik" zu werden.[13]
[1] Steinmeier prüft Bundeswehr-Einsatz in Mali. www.finanznachrichten.de 18.01.2014.
[2] "Schutztruppe" war die offizielle Bezeichnung für die Kolonialtruppen in den Kolonien des Deutschen Kaiserreichs.
[3] Christoph Hickmann, Stefan Kornelius: Bundesregierung bereitet Afrika-Einsatz vor. www.sueddeutsche.de 17.01.2014.
[4] S. dazu Wüstenkrieg und Die Abkopplung Frankreichs.
[5] S. dazu Nur ein erstes Signal.
[6] S. dazu Deutschland 001.
[7] S. dazu Le modèle Gerhard Schröder.
[8] Stefan Kornelius: Nach Afrika, für Europa. www.sueddeutsche.de 20.01.2014.
[9] EU beschließt Militärmission in Zentralafrika. www.spiegel.de 20.01.2014.
[10] S. dazu Schlafende Dämonen, Die Neuvermessung der deutschen Weltpolitik und Bereit zur globalen Ordnungspolitik.
[11] Daniel Brössler, Christoph Hickmann, Stefan Kornelius: Wie Deutschland den Franzosen in Afrika hilft. www.sueddeutsche.de 18.01.2014.
[12] S. dazu Elitejournalisten und Rezension: Uwe Krüger: Meinungsmacht.
[13] Stefan Kornelius: Nach Afrika, für Europa. www.sueddeutsche.de 20.01.2014.
Copyright © 2005 Informationen zur Deutschen Außenpolitik
Süddeutsche Zeitung 140118
17. Januar 2014 19:58
Mali und Zentralafrikanische Republik Bundesregierung bereitet Afrika-Einsatz vor
Von Christoph Hickmann und Stefan Kornelius
– Berlin will Soldaten der deutsch-französischen Brigade nach Mali entsenden, um für Sicherheit und Ausbildung der lokalen Truppen zu sorgen. Die Regierung bietet zudem ein stärkeres Engagement in der Zentralafrikanischen Republik an.
– Die Bundesregierung bereitet sich mit Frankreich auf einen umfassenderen Militäreinsatz in zwei afrikanischen Krisenregionen vor. Nach Informationen der Süddeutschen Zeitung soll die deutsch-französische Brigade die bereits laufende Mission in Mali verstärken. Außerdem werden deutsche Streitkräfte einen europäischen Militäreinsatz in Zentralafrika mit Transportflugzeugen und Luftbetankung unterstützen. Darüber wird am Montag in Brüssel entschieden. Der Mali-Einsatz soll bis zum deutsch-französischen Verteidigungsrat am 19. Februar beschlossen sein.
– Momentan werden zwischen den beteiligten Ressorts in Berlin, aber auch mit Frankreich die Feinheiten der Mali-Entsendung abgestimmt. Die Bundeswehr unterhält bereits ein Ausbilder-Kontingent in dem afrikanischen Staat. Das Mandat dafür steht ebenfalls für Mitte Februar zur Verlängerung an. Nach vorläufigen Plänen werden Soldaten der deutsch-französischen Brigade mit ihrer Kommandostruktur entsandt.
Als eine Möglichkeit wurde durchgespielt, Soldaten aus dem in Immendingen stationierten Artilleriebataillon 295 und aus dem Jägerbataillon 292 aus Donaueschingen zu entsenden. Es würde sich um den ersten umfassenden Einsatz der Brigade handeln. Vor allem aus Frankreich war in letzter Zeit kritisiert worden, dass Deutschland den Einsatz der bilateralen Einheit blockiere.
– Aus Militärkreisen war von Überlegungen zu hören, Soldaten als Schutztruppe um die Hauptstadt Bamako einzusetzen und einen anderen Truppenteil zur Absicherung eines Ausbildungsvorhabens in einem kleineren Ort einzusetzen. Allerdings sollten Details erst noch festgelegt werden. Im Verteidigungsausschuss hatte Generalinspekteur Volker Wieker Mitte der Woche in allgemeiner Form ein stärkeres Engagement in Mali angekündigt.
Kleidung, Stiefel und Lkw für malische Truppen
– Die Vereinbarung sieht außerdem vor, dass die in Mali engagierten europäischen Nationen das Militär des Landes ausrüsten werden. Der Beschluss geht auf eine EU-Initiative vom Dezember zurück, die sich wiederum an der von Bundeskanzlerin Angela Merkel angestoßenen "Ertüchtigungsinitiative" orientiert.
– Dahinter verbirgt sich die Idee, lokale Streitkräfte zur eigenen Verteidigung zu befähigen. Deutschland wird ersten Plänen zufolge die malischen Truppen mit Kleidung, Stiefeln und Lastkraftwagen ausrüsten. Der Export von Waffen in Spannungsgebiete ist untersagt. Allerdings werden andere europäische Nationen die malische Armee auch mit Waffen ausstatten.
– Auch für den Einsatz in der Zentralafrikanischen Republik wird die Bundesregierung SZ-Informationen zufolge ihre Offerte ausweiten und anbieten, den Lufttransport von Truppen und Material in das Land und konkret in die Hauptstadt Bangui zu übernehmen. Bisher war nur von Flügen in ein Nachbarland die Rede gewesen. Bodentruppen will die Bundeswehr nicht entsenden. Auch für Zentralafrika besteht die EU auf der Umsetzung der "Ertüchtigungsinitiative". In der Bundesregierung heißt es, das Mandat werde konkret und begrenzt gefasst sein, um auch den Druck auf die lokalen Streitkräfte aufzubauen, ihre Sicherheit selbst zu organisieren.
Süddeutsche Zeitung 140120
20. Januar 2014 14:52
Bundeswehr-Einsatz in Mali Nach Afrika, für Europa
– Drei Fragen muss eine Regierung beantworten, wenn sie Soldaten entsendet: Was ist das Ziel der Mission? Wie und wann kommt man wieder raus? Und welche Interessen werden bedient? Für Mali und den Lufttransport-Einsatz in die Zentralafrikanische Republik gibt es ein paar vernünftige Antworten.
– Viele Jahre lang pflegte die Bundeswehr eine Liaison mit den malischen Streitkräften. Ein paar Feldwebel – Pioniere, Instandsetzer – brachten malischen Soldaten bei, wie man Lastwagen repariert und pflegt. Nichts Außergewöhnliches, die übliche Form von Staatendiplomatie mithilfe auch der Armee.
– Jetzt, ein paar Coups später und mit geschärftem Blick über das Mittelmeer hinweg, wird man Vokabeln wie "strategisches Interesse" und "Stabilisierung der Demokratie", "Befähigung zur Selbsthilfe" oder "Schutz vor fundamentalistischem Terror" hören, wenn der Bundestag bald den Einsatz für möglicherweise wenige Tausend Soldaten beschließt. Viel Aufregung wird es wohl nicht darüber geben, auch weil eine große Koalition regiert.
– Wie immer wenn Soldaten entsandt werden, müssen mindestens drei Fragen vernünftig beantwortet werden: Was ist das Ziel der Mission? Wie und wann kommt man wieder raus? Und welche Interessen werden bedient? Für Mali, und auch für den Lufttransport-Einsatz in die Zentralafrikanische Republik, gibt es ein paar vernünftige Antworten. Gerade Mali ist ein vergleichsweise einleuchtender Fall, weil dort die französische Armee eine Übernahme des Staates durch Islamisten verhindert hat.
– Die Flüchtlingsströme über das Mittelmeer erinnern jeden Tag daran, dass es einen ganz unmittelbaren Zusammenhang zwischen den Zuständen in Europa und der Gebrechlichkeit der Staaten entlang der Sahara gibt. Mali ist auch ein voraussichtlich überschaubarer Fall, weil es eine Regierung und eine Armee gibt. In Zentralafrika gilt es hingegen, einen Völkermord aufzuhalten – ein ungleich schwierigeres und ambitionierteres Unterfangen.
Es geht auch um das Verhältnis zu Frankreich
– Die Bundesregierung hätte beiden Krisen weiter zugesehen, wenn es nicht zusätzliche Motive gegeben hätte, die sie nun anspornen. Dabei geht es vor allem um Europa und das Verhältnis zu Frankreich.
– Noch im Dezember haben die EU-Granden ihre eigene außenpolitische Impotenz und den Mangel an strategischer Weitsicht beklagt. Diese Analyse stimmt: Die USA ziehen sich aus Europa und dem Mittelmeerraum zurück, die gesamte Nachbarschaft von Syrien bis Ostafrika rumort bedrohlich, Islamisten sind eine echte Geißel. Nur: Was kann man tun?
– Die EU spürt, dass sie handeln muss, oder besser: Frankreich und nun auch Deutschland treiben Europa zur Tat. Der deutsche Sinneswandel verdient dabei besondere Beachtung, denn hier zeichnet sich tatsächlich eine neue Politik ab.
– Zwei Gründe gibt es dafür: Es regiert Schwarz-Rot. Die FDP mit ihrem Außenminister Guido Westerwelle verlangte nach einer "Kultur der Zurückhaltung". Nun ist es plötzlich kein Problem mehr, die Chemiewaffen-Reste aus syrischen Beständen auch in Deutschland zu verbrennen.
Nachdenken über ein neues europäisches Gleichgewicht
– Zweitens haben die Bundeskanzlerin und ihr neuer Außenminister erkannt, dass die Wirtschaftsmacht Deutschland ein Problem bekommt, wenn sie sich außenpolitisch und militärisch in den Augen der anderen EU-Partner weiterhin zu sehr zurückhält. Anders gewendet: Europa wird kippen, wenn das deutsch-französische Ungleichgewicht im Zentrum nicht wieder ins Lot kommt. Deutschland kann sich sein ökonomisches Wunsch-Europa nicht mehr wie früher mit Euro-Noten kaufen. Und als außenpolitischer Abstinenzler zieht es nur noch Unmut auf sich.
– In Paris hat Präsident François Hollande nun sein Reformversprechen abgegeben. Und Berlin beginnt, über den deutschen Beitrag für ein neues europäisches Gleichgewicht nachzudenken. Mali und Zentralafrika sind Testfälle dafür. Noch liegt das Skript für dieses neue Europa nicht auf dem Tisch. Aber es wächst der Appetit, daran zu schreiben; es könnte eine Agenda 2020 für die Außenpolitik werden.