Afromercato

Nigrizia          080601
Afromercato
F. Moretti e G. Ballarini

–   La Russia domina nel settore dei grandi armamenti. La Cina in quello delle armi leggere. Egitto, Algeria, Sudan e Sudafrica, i paesi dove si fanno più affari. Il peso del commercio illegale.

–   Il muro di Berlino l’avranno pure abbattuto. Ma certe consuetudini restano. La Russia e i paesi satelliti dell’ex Urss, come Ucraina e Bielorussia, figurano tra i principali fornitori di armi convenzionali all’Africa, come ai tempi della Guerra Fredda. Oltre 6 miliardi di dollari (escluse le armi leggere), consegnate dai tre governi al continente tra il 2000 e il 2007.

–   Una fetta consistente dei 15 miliardi e 736 milioni di dollari spesi dai paesi africani per acquistare sistemi d’arma negli 8 anni presi in considerazione. Lo certificano i dati dell’Istituto internazionale di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri), che pubblichiamo in queste pagine.

–   Mosca, da sola, sfiora i 5 miliardi di dollari ed è il paese che ha chiuso più affari con l’Africa (Algeria e Sudan, in particolare). Un ruolo da protagonista nelle esportazioni di armi, che l’orso russo si sta ritagliando anche a livello globale.

–   Il Cremlino ha dichiarato che, solo nel 2007, ha venduto armi per 7 miliardi di dollari in giro per il mondo, incalzando il leader di questa speciale classifica, che resta Washington. Il Sipri parla, per il 2006, di un commercio internazionale d’armi pari a 55 miliardi di dollari, in cui gli Stati Uniti spiccano, nell’export, con 7,9 miliardi.

–   Poi ci sono la Russia, la Germania (3,8 miliardi), la Francia e l’Olanda con un miliardo e mezzo. Se considerassimo l’Unione europea un’entità unica, rappresenterebbe il 39,2% delle esportazioni. Per l’Istituto di Stoccolma, il 2007 è stato un anno di transizione, con un calo di circa il 7% del volume delle spedizioni di armi nel mondo. Calo dovuto soprattutto alla Cina, che ha ridotto le importazioni.

Per l’Africa, i dati non confortano. Nel quinquennio 2003-2007, il continente ha ricevuto un volume di armi che ha rappresentato il 6% del commercio mondiale. Nei cinque anni precedenti (1998-2002) la percentuale era del 5%.

–   La parte del leone la fanno quattro paesi del Nord (Algeria, Libia, Marocco e Tunisia), con il 32% delle armi importate in Africa (era il 44% nel quinquennio precedente).

–    L’Egitto, il principale importatore africano, è considerato dal Sipri un paese mediorientale.

–   Nell’Africa subsahariana il gigante resta il Sudafrica, con il 42% delle importazioni dell’area. Pretoria, tuttavia, è anche il principale paese africano a esportare nel continente (109 milioni di dollari dal 2000 a oggi).

Leggendo gli studi e le tabelle dell’Istituto svedese, si hanno alcune apparenti sorprese. Uno pensa al Sudan e lo collega alla Cina, sponsor per eccellenza di Khartoum. Invece, dal 2003 al 2007, la principale fornitrice di materiale bellico a questo paese africano è stata Mosca, che ha fornito l’87% di armi, tra tecnologia, aerei, missili… Pechino, “solo” l’8%. A febbraio, il governo cinese ha tenuto una conferenza stampa per difendere la propria politica di armamento del Sudan. L’inviato cinese per il Darfur, Liu Gujin, ha spiegato che «non esiste nessun problema nei rapporti con Khartoum che possa avere implicazioni sul caso Darfur. E non possiamo essere ribattezzati il loro primo alleato, visto che forniamo al Sudan solo l’8% delle armi».

–   Dove sta il trucco? Che le tabelle Sipri non conteggiano le armi di piccolo calibro (quelle che possono essere trasportate e utilizzate da una sola persona: per esempio, pistole, fucili, mitragliatrici leggere …) e le armi leggere (quelle per il cui funzionamento serve più di una persona: mitragliatori pesanti, cannoni antiaerei portatili, mortai…). Armi, queste ultime, predilette in Africa. Ad esempio, il 95% dei kalashnikov (l’arma più comune nei conflitti africani) proviene dall’estero. E la Cina vanta il triste primato di aver fornito il 95% delle armi leggere acquistate dal Sudan. È quanto si legge in un rapporto dettagliato e ricco di fonti di Human Rights First (Hrf), un’organizzazione non governativa per la tutela dei diritti umani.

–   Sono proprio le armi leggere, che in Africa sono le vere armi di distruzione di massa, a contribuire ad alimentare l’instabilità politica e a frenare lo sviluppo economico e sociale di ampie zone del continente. È stato calcolato che, dal 1990 al 2005, i conflitti combattuti in 23 paesi del continente sono costati 284 miliardi di dollari, quasi la cifra che i paesi africani hanno ricevuto, nello stesso periodo, in aiuti internazionali.

–   Sebbene sia praticamente impossibile stabilire con esattezza la quantità di armi leggere presenti nel continente, le stime più attendibili sembrano essere quelle fornite dalla Small Arms Survey (ricerca indipendente, condotta dall’Istituto di studi internazionali di Ginevra) e dall’Onu, che ne calcolano circa 30 milioni nell’Africa subsahariana (di cui 7-8 milioni circolanti nella sola Africa Occidentale): circa una ogni venti abitanti. Il dato più preoccupante è la percentuale che indica la quantità di armi leggere in mano ai civili, ossia l’80%, favorita da un costo facilmente accessibile a larga parte della popolazione africana.

–   Ma nel commercio regolare di armi tra stati esistono dei buchi determinati da clausole segrete nei rapporti bilaterali, che nascondono la vera entità di questo mercato. Un commercio nell’ombra. Spesso un commercio illegale, che rappresenta la più rilevante minaccia alla stabilità interna ed esterna di un paese.

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