211- Perdite del salario reale e loro cause-Hans Bockler Stiftung

Hans-Böckler Stiftung
Perdite del salario reale e loro cause

+ Hans-Böckler Stiftung – Impuls           n. 2-2011

           

Ripartizione – I salari rimangono molto indietro rispetto ai profitti

+ n.12, 2011 Hans-Bökler Stiftung

Ripartizione – Salari: i lavoratori UE perdono per i salari reali

–   Dagli studi del gruppo socio-economico della Fondazione Hans-Böckler risulta che nello scorso decennio i lavoratori tedeschi hanno avuto forti perdite del salario reale.

I motivi:

–   Un aspetto importante è lo sviluppo del sistema contrattuale:

o   i salari contrattuali sono aumentati molto di più del reddito lordo effettivo,

o   ma da 15 anni si è ridotta la portata del sistema contrattuale;

o   al contempo si sono ampliati il settore dei bassi salari, le forme di occupazione atipica, come il lavoro a contratto o i mini-lavori.

o   a questo hanno contribuito fortemente le riforme del mercato del lavoro dell’ultimo decennnio, ponendo sotto pressione il sistema contrattuale.

–   2000-2010, in Germania salari e stipendi sono aumentati molto meno dei profitti e redditi da capitale.

–   Al netto dell’inflazione, il reddito medio loro per occupato è diminuito de 4% nell’ultimo decennio.

–   Nel 2001 e nel 2004-2009, per sette volte gli occupati hanno avuto perdite del salrio reale;

–   solo in tre anni hanno avuto aumenti, nel 2010 l’ultimo.

 
 
Andamento dei salari in Europa, 2011 variazioni sull’anno precedente
vedi http://www.boeckler.de/wsimit_2011_07_schulten.pdf
 
 

–   Salari e stipendi contrattuali reali sono invece aumentati del 7% nel decennio.

–   La crescita dei salari medi contrattuali è però stata inferiore a quella di produttività e prezzi.

o   la somma di crescita di produttività e aumento dei prezzi è definita dagli economisti spazio di ripartizione neutrale per l’andamento dei salari; se viene del tutto sfruttato, rimane stabile la ripartizione del profitto da impresa tra padroni e occupati; se i salari aumentano più lentamente, aumenta al contrario la quota dell’imprenditore sul profitto.

o   Questo è accaduto nello scorso decennio, come dimostra l’analisi di Bispincks, direttore dell’archivio contrattuale del WSI.

–   Mentre la produttività e prezzi al consumo sono aumentati in complesso oltre il 28%, i salari contrattuali nominali sono aumentati del 24%. Solo in alcuni settori, come chimica e industria metallurgica, è stato sfruttato completamente lo spazio di ripartizione economico complessivo.

–   Molti settori economici invece sono rimasti molto al di sotto di questo livello.

–   E mentre il vincolo contrattuale veniva meno, alcune imprese in difficoltà hanno utilizzato le clausole contrattuali di apertura oppure hanno detratto gli aumenti contrattuali dalle quote di salario ancora superiori al contratto, gli aumenti contrattuali si sono ripercossi solo in parte sui salari lordi.

–   I sindacati hanno perseguito diversi obiettivi qualitativi, come ad es. miglioramenti degll’orario di lavoro, sulla formazione, o regolamenti che assicurano l’assistenza pensionistica aziendale.

–   Un’altra caratteristica del decennio è la crescente disuguaglianza nella ripartizione del reddito:

o   i redditi da impresa e da patrimonio sono aumentati nominalmente del 45%, quasi tre volte quello dei salari.

 
 

–   In 18 dei 27 paesi UE nel 2011 gli occupati rischiano predite del salario reale; andamento più positivo in Germania, ma l’aumento dei prezzi di oltre il 2% riduce molto anche qui l’aumento nominale.

–   Nella media UE questo significa una perdita dello 0,8%.

–   Secondo il WSI (Wirtschafts- und Socialwisssenschaftliches Institut) l’andamento dei salari in Europa non dà un impulso positivo al superamento dei problemi economici strutturali e alla crescita. C’è il rischio di una spirale di riduzione salariale a livello europeo, e del peggioramento a causa del “patto euro-plus” tra i governi europei basato su una politica salariale restrittiva.

–   Nel precedente “Patto per l’euro” a fine marzo 2011 i governi europei hanno previsto moderati aumenti salariali e il trasferimento della formazione/struttura del salrio alle aziende come modo per aumentare la competitività; oltre a ciò l’aumento della flessibilità tramite riforme del mercato del lavoro.

–   Già nel 2010 i salari reali pro-capite di 13 paesi UE sono diminuiti, causa principale l’aumento del 3% medio dei prezzi in Europa, e dall’altra i bassi aumenti salariali.

–   Il maggiore calo dei salari reali è stato in Grecia con -8,2%,

–   e in generale nei paesi sudeuropei ed in alcuni est europei, con riduzioni da -2% fino a -4,5%;

–   anche in Francia, Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, GB e Lussemburgo si sono avute riduzioni tra lo 0,3 e l’1,5%;

–   positivo l’andamento dei salari in Olanda, Svezia, Polonia e Bulgaria (tra 0,6 e 2,8%; erano previsioni per il 2011).

–   Con l’eccezione della Bulgaria nei paesi UE i redditi da profitti aziendali sono aumentati molto più dei redditi da salario.

–   Nel 2010 i salari reali tedeschi sono cresciuti per la prima volta dal 2003 dell’1,1%; secondo WSI i +0,6% nel 2010 e +2,4% nel 2009. (dati superiori ai dati sui salari contrattuali rilevati da Bundesbank, per diversità di metodi).

Hans-Böckler Stiftung
Reallohnverluste und ihre Hintergründe

Neue Befunde aus dem Sozio-oekonomischen Panel (SOEP), nach denen vor allem Arbeitnehmer mit niedrigerem Einkommen in den vergangenen zehn Jahren große Reallohnverluste hinnehmen mussten, haben für große Aufmerksamkeit gesorgt. Mehrere aktuelle Studien und Analysen von Forschern der Hans-Böckler-Stiftung leuchten Hintergründe dieser Entwicklung aus.

–   Ein wesentlicher Aspekt ist die Entwicklung des Tarifsystems. Es stabilisiert die Lohnentwicklung in Deutschland.

o    Die Tariflöhne sind in den vergangenen Jahren deutlich stärker gestiegen als die effektiven Bruttoeinkommen. Allerdings sinkt die Reichweite des Tarifsystems, abzulesen an der Tarifbindung, seit etwa anderthalb Jahrzehnten. Gleichzeitig wuchs der Niedriglohnsektor, atypische Beschäftigungsformen wie Leiharbeit oder Minijobs breiteten sich stark aus.

o    Die Arbeitsmarktreformen der vergangenen Dekade haben dazu erheblich beigetragen und so das Tarifsystem weiter unter Druck gebracht.

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Hans-Böckler Stiftung – Impuls        n. 2-2011

Verteilung – Löhne bleiben weit hinter Gewinnen zurück

–   Bilanz eines Jahrzehnts: Die Löhne und Gehälter in Deutschland haben sich zwischen 2000 und 2010 weitaus schwächer entwickelt als die Gewinn- und Kapitaleinkommen.

–   Real – also nach Abzug der Inflation – sind die durchschnittlichen Bruttoeinkommen pro Beschäftigtem im vergangenen Jahrzehnt zurückgegangen.

–   2010 lagen sie um vier Prozent niedriger als im Jahr 2000, hat Reinhard Bispinck, der Leiter des WSI-Tarifarchivs, berechnet.

–   Siebenmal, 2001 sowie in den sechs Jahren von 2004 bis 2009, mussten die Beschäftigten Reallohnverluste hinnehmen. Lediglich in drei Jahren gab es Zuwächse, zuletzt 2010. Schwierige wirtschaftliche Rahmenbedingungen und die Deregulierung am Arbeitsmarkt haben dazu beigetragen, dass sich die Bruttoeinkommen in den Nullerjahren schwach entwickelten. So verstärkten die Hartz-Reformen, die das Arbeitslosengeld II einführten und einen Boom bei der Leiharbeit ermöglichten, den Druck auf die Verdienste. Der Niedriglohnsektor in Deutschland wuchs.

 

–   Deutlich besser sieht es bei der Entwicklung der tariflichen Löhne und Gehälter aus, zeigt Bispincks Analyse: Sie lagen am Ende des Jahrzehnts real um knapp sieben Prozent höher als am Anfang.

–   Allerdings blieb auch das Wachstum der durchschnittlichen Tariflöhne hinter dem Anstieg von Produktivität und Preisen zurück.

–   Mit diesen beiden Komponenten definieren Ökonomen den so genannten neutralen Verteilungsspielraum. Wird er ausgeschöpft, ist die Aufteilung der Unternehmenserträge zwischen Inhabern und Beschäftigten stabil. Steigen die Löhne langsamer, erhöht sich im Gegenzug der Anteil der Unternehmer am Ertrag.

–   Das ist im vergangenen Jahrzehnt geschehen, zeigt Bispincks Analyse: Während Produktivität und Verbraucherpreise in der Summe um mehr als 28 Prozent zulegten, stiegen die nominalen Tariflöhne um gut 24 Prozent. Nur in einigen Branchen, etwa der Chemie- und der Metallindustrie, wurde der gesamtwirtschaftliche Verteilungsspielraum bei den Tariflöhnen ausgeschöpft. Viele Wirtschaftszweige hingegen lagen deutlich unter dieser Marke.

–   Und weil zeitgleich die Tarifbindung sank, manche Unternehmen in wirtschaftlichen Schwierigkeiten tarifliche Öffnungsklauseln nutzten

o    oder Tarifsteigerungen auf noch vorhandene übertarifliche Lohnbestandteile anrechneten, schlugen Steigerungen der Tarife nur zum Teil auf die Bruttoverdienste durch.

–   Zuwächse bei den Einkommen seien nur die eine Seite, wenn es um die lohnpolitische Einordnung des vergangenen Jahrzehnts geht, betont Tarifexperte Bispinck. So hätten beispielsweise die Gewerkschaften darüber hinaus auch verschiedene qualitative Ziele verfolgt. Dazu zählten unter anderem Verbesserungen bei Arbeitszeiten, bei der Aus- und Weiterbildung oder Regelungen, die die betriebliche Altersvorsorge sichern und die demographische Entwicklung in den Betrieben gestalten sollen. Und während der Finanz- und Wirtschaftskrise gelang es, hunderttausende Jobs zu sichern.

–   Gleichwohl sieht der Wissenschaftler als charakteristisch für die Dekade eine wachsende Ungleichheit bei der Einkommensverteilung an.

o    So entwickelten sich die Unternehmens- und Vermögenseinkommen, die zwischen 2000 und 2010 um nominal 45 Prozent zulegten, fast dreimal so stark wie die Arbeitnehmerentgelte.

 
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n.12, 2011 Hans-Bökler Stiftung
Verteilung – Löhne: EU-Arbeitnehmer verlieren real

In zwei von drei EU-Ländern drohen den Beschäftigten 2011 Reallohnverluste. In Deutschland ist die Entwicklung etwas positiver, die Preissteigerung zehrt aber auch hier den nominalen Zuwachs weitgehend auf.

–   2011 wird sich die Mehrheit der Arbeitnehmer in der Europäischen Union[e] unter dem Strich weniger für ihren Lohn kaufen können als im Vorjahr. In 18 von 27 Mitgliedstaaten dürften nach Prognose-Daten der EU-Kommission die Löhne nach Abzug der Teuerung sinken. Im EU-Durchschnitt bedeutet das einen Reallohnverlust von 0,8 Prozent.

–   In Deutschland wird die Entwicklung 2011 zwar positiver ausfallen als bei den meisten Nachbarn, allerdings ist auch hier nach Abzug der relativ hohen Preissteigerung von deutlich mehr als 2 Prozent lediglich eine Stagnation der Löhne absehbar. Das erwartet Thorsten Schulten, Autor des neuen Europäischen Tarifberichts des WSI.

–   In Europa gingen daher von der Lohnentwicklung "derzeit kaum positive Impulse aus, um die strukturellen ökonomischen Probleme zu überwinden und eine nachhaltige Wachstumsstrategie einzuleiten", schreibt der WSI-Tarifexperte.

–   Angesichts von Reallohnverlusten und Sparprogrammen in vielen Ländern warnt Schulten vor einer "europaweiten Lohnsenkungsspirale". Die Entwicklung könnte sich noch verschärfen, weil sich die europäischen Regierungen im so genannten "Euro-Plus-Pakt" auf eine hoch problematische restriktive Lohnpolitik festgelegt hätten, so Schulten.

–   In dem früher "Pakt für den Euro" genannten Übereinkommen haben die europäischen Staats- und Regierungschefs Ende März unter anderem moderate Lohnsteigerungen und eine Verlagerung der Lohnbildung in die Betriebe als Wege zur Steigerung der Wettbewerbsfähigkeit formuliert. Zudem solle durch Arbeitsmarktreformen mehr "Flexibilität" erreicht werden. Kritiker warnen vor Eingriffen in die Tarifautonomie.

–   Bereits 2010 sind die realen Löhne pro Kopf in 13 EU-Staaten zurückgegangen, macht die WSI-Analyse deutlich. Am stärksten waren die Verluste in Griechenland mit 8,2 Prozent. In diesem Jahr fallen die Einbußen der griechischen Beschäftigten nach der von Schulten ausgewerteten EU-Prognose nicht mehr ganz so dramatisch aus.

–   Dafür dehnt sich der Kreis der Länder mit Reallohnrückgängen noch einmal deutlich aus. Am stärksten sind die Verluste in den südeuropäischen Krisenländern und einigen osteuropäischen Staaten, wo die Löhne real um zwei bis 4,5 Prozent an Kaufkraft verlieren dürften.

–   Doch auch in Frankreich, Österreich, Belgien, Dänemark, Finnland, Großbritannien und Luxemburg müssen sich die Arbeitnehmer auf reale Einbußen zwischen 0,3 und 1,5 Prozent einstellen. Die im Vergleich noch positivste Entwicklung wird in den Niederlanden, Schweden, Polen und Bulgarien erwartet. Dort sollen die Löhne 2011 real zwischen 0,6 und 2,8 Prozent zulegen.

–   Hauptgründe für die verbreiteten Reallohnverluste sind die Preissteigerung von 3 Prozent im EU-Mittel und vergleichsweise schwache Lohnzuwächse, insbsondere in Südeuropa.

o    Der neutrale Verteilungsspielraum für die Lohnentwicklung, der sich aus der Summe von Produktivitätszuwachs und Preissteigerung ergibt, wird nach Schultens Berechnung 2011 in 26 EU-Ländern nicht ausgeschöpft. Mit Ausnahme Bulgariens legen damit die Einkommen aus Unternehmensgewinnen überall deutlich stärker zu als die Einkommen aus Löhnen.

–   Für Deutschland prognostiziert die EU-Kommission 2011 ein minimales reales Lohnwachstum von 0,1 Prozent. Die im mehrjährigen Vergleich relativ kräftige Entwicklung der nominalen Bruttolöhne von 2,7 Prozent wird danach von der Inflation weitgehend aufgezehrt.

–   2010 waren die Löhne in Deutschland zum ersten Mal seit 2003 real gewachsen – um 1,1 Prozent. Die deutschen Tariflöhne haben nach den Daten des WSI, die aufgrund unterschiedlicher Methodik etwas höher ausfallen als die Tarifzahlen der Bundesbank, 2010 Jahr real um 0,6 Prozent und 2009 um 2,4 Prozent zugelegt.

–   WSI-Experte Schulten hält es für sinnvoll, weitere Lohnkürzungen in den Krisenstaaten zu stoppen. Sonst sei die binnenwirtschaftliche Stagnation in diesen Ländern nicht zu überwinden. In den wirtschaftlich starken EU-Staaten und insbesondere in Deutschland könne eine deutlich stärkere Lohnentwicklung in den nächsten Jahren dazu beitragen, die wirtschaftliche Dynamik in Europa zu stärken.

 

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