Cina – Si protesta contro il governo [Welt, Faz, Figaro, Le Monde]

Die Welt        081119, Pechino in tensione per i tassisti

Le Figaro       081116
La crisi attizza la protesta sociale in Cina

Arnaud de La Grange
+ Le Monde    081120

Toccata dalla crisi, la Cina si preoccupa per la sua pace sociale

+ Faz   081119
Cina – Si protesta contro il governo
Petra Kolonko
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[Die Welt]

– La nuova strategia di confronto delle autorità cinesi anziché di repressione degli scioperanti, non è dettata da un tentativo di riforma, ma da un freddo calcolo: Pechino teme che la crisi finanziaria destabilizzi le relazioni politiche del paese:

o   Sono oltre 1 milione i tassisti cinesi, dato il tipo di lavoro, una loro protesta nazionale potrebbe fungere da modello per altre “proteste di massa”.

– Dopo l’incontro voluto dal segretario del PCC di Chongqing (sullo Jangtse) con i rappresentanti dei 16 000 tassisti in sciopero, e la promessa di misure in loro favore, i tassisti di una mezza dozzina di città in sciopero da inizio novembre, hanno scelto il confronto con le autorità, e sono terminati gli scioperi:

o   migliore tutela dai “tassisti in nero”; sussidi statali per il prezzo della benzina, che non può essere riversato sui clienti;

o   le autorità di Pechino ha prorogato la sovvenzione mensile di €60 (525 yuan) per ogni taxi, per i 67000 tassisti, decretata durante le Olimpiadi; Canton sovvenziona con 500 yuan i suoi 17 800 tassisti.

o   Il ministero per il lavoro e la sicurezza sociale, alle autorità locali: stare allerta dove possono verificarsi licenziamenti di massa, e scoppiare importanti lotte operaie.

o   Misure governo cinese: le imprese esportatrici hanno ottenuto sgravi fiscali per la terza volta in dieci giorni per oltre 3770 articoli di esportazione.

o   Sospeso per un anno l’aumento previsto del salario minimo, per sgravare le imprese ad alta intensità di forza lavoro.

o   Inizio novembre, il governo locale di Dongguan ha deciso di pagare i salari mancanti (24 mn. di yuan, pari a 2,8 mn. di €) ai 7000 lavoratori delle fabbriche di giocattoli di Hongkong, Smart-Union[e], il cui proprietario è sparito.

o   La città di Shenzhen ha pagato 3,7 mn. di yuan agli 800 lavoratori della fabbrica di giocattoli fallita Changyi.

o   Nello Shandong e nella provincia di Hubei le autorità hanno vietato i licenziamenti, senza previo consenso dei rappresentanti operai o dei sindacati di fabbrica; ci deve essere un preavviso alle autorità di un mese, se vengono licenziati oltre 40 addetti.

o   Nel 2007, nella provincia meridionale del Guandong, c’erano ancora oltre 4800 fabbriche di giocattoli per l’export, a dine settembre 2008 erano solo 1554, centinaia di migliaia di ex braccianti sono tornati al villaggio, ne seguiranno milioni; lo Hunan calcola che nel 2009 torneranno nelle campagna 2,8 milioni.

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Le Figaro       081116
La crisi attizza la protesta sociale in Cina
Arnaud de La Grange

– Il governo cinese temono un’esplosione di « incidenti di massa », il ministro degli Interni (sicurezza sociale) Meng Jianzhu e il primo ministro, Wen Jabao, hanno riconosciuto sul giornale del partito, Qiushi, che le sommosse stanno aumentando e rischiano di destabilizzare la società, – proteste a migliaia ogni anno, soprattutto nel Sud;

– Chongqing, una delle maggiori città del centro, è paralizzata da un poco abituale sciopero dei tassisti;

– Il tessuto sociale cinese è sotto la tensione di milioni di nuovi disoccupati, causati dall’impatto della crisi finanziaria sulle esportazioni, nonostante il pacchetto di rilancio economico di €460 MD. (previsioni crescita cinese dal 9 al 7,2% per il 2009 (FMI, Credit Suisse)

– da un recente rapporto nella regione meridionale di Canton, potrebbero chiudere dalle 9000 alle 45000 fabbriche entro il gennaio 2009, con circa 2,7 mn. di licenziamenti.

– Abusi del potere e corruzione dei quadri locali del partito, l’arbitrarietà sono tollerati dalla popolazione solo quando può partecipare ai vantaggi della crescita.

– Il ministro ha messo in preallarme l’esercito.
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[Le Monde]

●    Nelle ultime settimane hanno scioperato per la prima volta i tassisti in diverse grandi città;

●    si moltiplicano le manifestazioni di operai licenziati nel Sud e nell’Est Cina, con scontri con la polizia, i maggiori sono stati quelli di giugno nella città di Weng’an, provincia di Guizhou, con migliaia di persone che hanno saccheggiato e incendiato i palazzi del governoa seguito della decelerazione della crescita, con la chiusura di migliaia di fabbriche, e l’aumento dei prezzi.

●    Nel solo primo semestre 2006 si sono avute 17 000 proteste agrarie, a cui hanno partecipato di 400mila contadini:

●    principali cause delle proteste la demolizione di case e la disputa sulla terra.

●    Da una ricerca del governo risulta che per il 50% della terra, “liberata” l’anno precedente dai contadini, si sono avute violazioni della legge, in alcune aree questo ha riguardato fino al 90% delle terre “liberate”.

●    I funzionari locali oltre a imbrogliare i contadini, non rispettano i progetti del governo centrale sull’utilizzo della terra e la tutela della aree agricole:

o   aumentano i casi di creazione di aree industriali o residenziali, senza il consenso centrale. Quando il principale strumento a loro disposizione per legge, le petizioni, non portano a nulla, i contadini passano alle manifestazioni di protesta.

– Con il boom edilizio della Cina in diverse aeree i contadini sono stati cacciati dalla loro terra – per lo più con risarcimenti minimi, molto al di sotto del valore di mercato dell’appezzamento -, terra che non è proprietà individuale ma collettiva, in genere di un villaggio o di una piccola città.

– I contadini godono solo del diritto di sfruttamento riconosciuto dalla collettività; l’utilizzo della terra è deciso dai quadri locali di partito, che fanno diventare edificabile il terreno agricolo, lo vendono e con i profitti rimpinguano assieme alle casse pubbliche anche le loro.

– A inizio settimana, dopo due giorni i sommosse nel N-O migliaia di persone sono state disperse dalla polizia, la quale avrebbe ricevuto l’ordine dal ministero Sicurezza interna di contenere i propri interventi repressivi, anche di fronte ad incidenti di massa.

– Per preservare la pace sociale, preannunciate dal governo cinese misure a favore dei disoccupati; che sono aumentati di 10,2 mn. nei primi 10 mesi 2008, +2% rispetto a previsioni governo per intero anno.

– La disoccupazione dovrebbe essere al 4,5% a fine anno, contro il 4% attuale.

– Le misure per i disoccupati consistono in un aiuto per trovare un nuovo posto di lavoro, o di offerte formative nel caso i disoccupati tornino a casa.

 [Faz]

●    Nella città del Nord Cina, Longan, provincia del Gansu, oltre 2000 manifestanti hanno attaccato la sede del partito, con pietre, mattoni, vasi di fiori, bastoni, catene e ganci, spaccando finestre, appiccando il fuoco e pestando poliziotti e funzionari, e infine bruciando auto e moto della polizia. I manifestanti sarebbero stati sobillati da una manciata di “criminali”, secondo le autorità.

o   Una sessantina i feriti.

– Il tutto è iniziato con una petizione al partito di 30 manifestanti, cresciuti a due migliaia verso sera, che chiedevano risarcimenti e sussidi perché le loro abitazioni erano state distrutte per la costruzione di un nuovo centro amministrativo locale.

Sono circolate voci sulla volontà dell’amministrazione di spostare parte della città perché colpita da un terremoto la scorsa estate.

Die Welt          081119

Pekings Angst vor den Taxifahrern

Von Johnny Erling 19. November 2008, 02:11 Uhr

Führung will landesweite Streiks und soziale Unruhen verhindern

Peking –

–   Der Parteisekretär von Chongqing, Bo Xilai, suchte die Taxifahrer drei Tage nach Beginn ihres Streiks auf. Drei Stunden hörte er sich ihre Klagen an. Bo, einst Außenhandelsminister Chinas, der dem mächtigen Politbüro angehört, bot seine Unterstützung an. Er werde alles tun, dass sich die Fahrten der 16 000 Taxis in der Jangtse-Metropole wieder lohnen. Sein Beispiel machte Schule: In einem halben Dutzend chinesischen Städten, wo Taxifahrer seit Anfang November streikten, suchten die Behörden statt Konfrontation den Dialog.

–   Bei so viel Entgegenkommen konnten die Streiks friedlich beendet und viele Forderungen der Taxifahrer erfüllt werden. So müssen sie weniger Abgaben an die Taxigesellschaften zahlen, die Fahrer werden besser vor privaten "schwarzen Taxis" geschützt, und sie erhalten staatliche Zuschüsse als Ausgleich für die erhöhten Benzinpreise, die sie nicht auf ihre Kunden abwälzen durften. Andere chinesische Städte beugten Streiks von vornherein vor.

–   Pekings Behörden etwa verlängerten ihre seit den Olympischen Spielen für 67 000 Taxis gezahlte monatliche Subvention pro Wagen von 525 Yuan (60 Euro).

–   Auch Kanton subventioniert seine 17 800 Taxis seit November monatlich mit jeweils 500 Yuan.

–   Pekings Führung hat wilde Streiks bislang unnachgiebig  verfolgt. Dass sie nun vor streikenden Taxifahrern nachgab, ihnen sogar Geld zahlt, ist ebenso ungewöhnlich wie ein aktueller Kommentar in der "Volkszeitung". In dem Parteiorgan wurde Verständnis für die gegen ihre Ausbeutung demonstrierenden Taxifahrer bekundet.

–   Die Zeitung riet ihnen sogar, eine eigene Gewerkschaft zu gründen, um "ihre Interessen besser zu schützen".

–   Hinter Chinas Wandel verbergen sich keine neuen Experimente mit politischen Reformen, sondern nüchternes Kalkül. Peking treibt die Sorge um, dass die globale Finanzkrise auch die politischen Verhältnisse im Land destabilisieren könnte.

–   Offen erklärt der Allchinesische Gewerkschaftsbund auf seiner Webseite, warum es für die "politische und soziale Stabilität" Chinas gut sei, wenn die mehr als eine Million Taxifahrer in China "beschleunigt" eigene Gewerkschaften gründen. Taxifahrer seien eben eine besondere Berufsgruppe: "Sie treffen ständig mit anderen Menschen zusammen." Wenn sie landesweit streikten, könnten sie zum Vorbild "von anderen Massenprotesten werden, die dem Aufbau einer harmonischen sozialistischen Gesellschaft schaden".

–   Peking ist auf der Hut. Chinas Ministerium für Arbeitsfragen und soziale Sicherheit forderte am Dienstag von allen lokalen Behörden "aufzupassen, wo immer sich mögliche Massenentlassungen entwickeln und große Arbeitskonflikte entzünden könnten", meldete die Nachrichtenagentur Xinhua. Sie müssten Notfallpläne aufstellen, etwa wenn bankrotte Unternehmen Arbeiter um Löhne prellen.

–   Die Lokalregierung von Dongguan sprang Anfang November ein, um den 7000 Arbeitern in den Spielzeugfabriken der Hongkonger Smart-Union[e]-Gruppe 24 Millionen Yuan (2,8 Millionen Euro) ausstehender Löhne zu zahlen. Der Besitzer der Fabriken war über Nacht verschwunden.

–   Auch die Stadt Shenzhen musste 3,7 Millionen Yuan an 800 Arbeiter der in Konkurs gegangenen Changyi-Spielzeugfabrik zahlen.

–   Mehrere Provinzen haben Verbote erlassen. In Shandong und in der Provinz Hubei dürfen Unternehmen keine Entlassungen ohne Genehmigung der Arbeitsbehörden oder Betriebsgewerkschaften vornehmen.

–   Sie müssen die Behörden einen Monat im Voraus informieren, wenn sie mehr als 40 Mitarbeiter entlassen. Pekings Führung hat erkannt, wie anfällig die reale Wirtschaft und die arbeitsintensiven Billigunternehmen von der Schuhherstellung, über Textilien bis zur Elektronik auf Exporteinbrüche reagieren und wie leicht daraus Sozialkonflikte entstehen.

–   So stellten in Südchinas Küstenprovinz Guangdong im vergangenen Jahr noch mehr als 4800 Firmen Spielzeug für den Export her, Ende September dieses Jahres waren es nur noch 1554.

–   Hunderttausende Wanderarbeiter kehrten inzwischen in ihre Bauerndörfer zurück. Millionen werden ihnen folgen. Allein Hunan rechnet mit 2,8 Millionen im kommenden Jahr.

Mit gigantischen Konjunkturprogrammen versucht Chinas Regierung, die schlimmsten Folgen zu mildern, Konflikte zu entschärfen und neue Arbeitsplätze zu schaffen. Am Dienstag erhielten Exportunternehmen zum dritten Mal in zehn Tagen für mehr als 3770 Ausfuhrprodukte Steuererleichterungen, um ihre Abgaben zu verringern. Zugleich wurde eine geplante Anhebung der Mindestlöhne um ein Jahr ausgesetzt, um arbeitsintensive Unternehmen zu entlasten. Doch die Krise geht weiter. Pekings Wirtschaftszeitschrift "CBN Weekly" fragte die Autoindustrie ab und erfuhr, dass alle Konzerne Entlassungen planen. Die "China Business Times" warnte: "Guo Dong" (über den Winter kommen) sei das Wort der Stunde. "Es geht nicht nur um den kommenden Winter. Sondern, um eine Kälteperiode, die ein bis zwei Jahre dauert."

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Le Figaro        081116

La crise attise le ressentiment social en Chine

Arnaud de La Grange

14/11/2008 | Mise à jour : 21:01 | Commentaires 31

Devant l’augmentation alarmante du chômage, les autorités redoutent une explosion des «incidents de masse».

–   Le grand patron de la sécurité chinoise a pris les devants. Face à un horizon économique chahuté et les convulsions sociales qui peuvent en découler, Meng Jianzhu, ministre de la Sécurité publique, a donné ses consignes. Dans les colonnes du journal du Parti, Qiushi, il vient de reconnaître que les « incidents de masse » augmentaient et risquaient de se multiplier. Le technocratique terme d’«incident de masse» recouvre les milliers d’émeutes qui se produisent chaque année en Chine, le plus souvent en réaction à l’incurie et la corruption des cadres locaux du parti.

–   Ces poussées de fièvre sont pour la plupart motivées par des expropriations abusives, sur fond de collusion entre promoteurs et gouvernements locaux. Le ministre de la Sécurité exhorte ses troupes à tout faire pour «apaiser ces conflits», «éviter l’escalade et que la situation ne devienne hors de contrôle ». Et éviter à tout prix toute effusion de sang».

Abus de pouvoir et corruption

Bien sûr, cette Chine de la protestation violente n’est pas nouvelle, et le pays n’est pas porté soudainement au bord du chaos.

–   Mais Pékin redoute que ces étincelles ne mettent le feu à un tissu social tressé de millions de nouveaux chômeurs, mis notamment sur le carreau par l’impact de la crise financière sur les exportations.

–   Un récent rapport estime que 9 000 des 45 000 usines de la région de Canton, dans le Sud, pourraient fermer d’ici à janvier 2009, avec une demande étrangère baissant d’un bon tiers. Et plus de 2,7 millions d’emplois pourraient être emportés par cette vague de faillites. Déjà, plusieurs émeutes se sont produites ces derniers mois dans des sites industriels du Sud.

–   Et Chongqing, l’une des plus grandes villes du centre du pays, vient d’être ébranlée par une inhabituelle et violente grève menée par plusieurs milliers de chauffeurs de taxi. La plupart du temps, les autorités mettent la main au portefeuille pour éteindre l’incendie.

–   Dans le même numéro de Qiushi, le premier ministre, Wen Jiabao, a lui aussi averti que les tensions dues au ralentissement de la croissance risquaient d’ébranler « la stabilité sociale ». Les autorités chinoises considèrent généralement que la « ligne rouge » se situe autour des 8 % de croissance, à l’aune des 15 millions d’emplois à créer chaque année. Or, on vient de quitter le traditionnel score à deux chiffres pour atteindre les 9 %, et les choses pourraient empirer malgré le plan de relance de 460 milliards d’euros. Le FMI vient de rabaisser ses prévisions pour la Chine en 2009 de 9,3 % à 8,5 % de croissance. Et Credit Suisse évoque même désormais une progression de seulement 7,2 % en 2009.

Dans les provinces, les abus de pouvoir et la corruption des cadres locaux, l’arbitraire d’une manière plus générale, ne sont tolérés par la population que si celle-ci recueille un peu les fruits de la croissance. Tant que l’emploi suit, que le niveau de vie augmente, même de manière inégale. Si cette croissance freine trop, les fissures de la « société harmonieuse » risquent de s’élargir sérieusement.

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Le Monde       081120
Touchée par la crise, la Chine s’inquiète pour sa paix sociale

LEMONDE.FR avec AFP et Reuters | 20.11.08 | 16h24 • Mis à jour le 20.11.08 | 16h48

–   Face à la montée de la précarité due à la crise économique, la Chine, soucieuse de préserver la paix sociale, a annoncé, jeudi 20 novembre, des mesures en faveur des chômeurs, en avertissant que la situation de l’emploi était "critique". Conséquence directe de l’affaiblissement des exportations, 10,2 millions de chômeurs supplémentaires ont été enregistrés sur les dix premiers mois de l’année, soit 2 % de plus que ce qu’anticipait le gouvernement pour l’ensemble de l’année, selon le ministre des ressources humaines, Yin Weimin. Le chômage devrait rester contenu à 4,5 % en fin d’année, contre 4 % actuellement, mais augmenter l’année prochaine, selon les autorités.

–   Après des décennies d’une croissance économique robuste, la Chine se heurte à l’inconnu avec le recul de la consommation du "Made in China", qui a provoqué de nombreuses fermetures d’usine, des manifestations et désormais des inquiétudes concernant de possibles troubles sociaux. Pékin a donc annoncé jeudi un train de mesures favorables à ses citoyens les plus fragiles. Selon ces projets, les ouvriers licenciés devraient désormais bénéficier d’une aide pour trouver un nouvel emploi ou d’une formation s’ils choisissent de rentrer chez eux.

DEUX JOURS D’ÉMEUTES

–   Mais afin de maintenir une société "harmonieuse", le gouvernement a aussi appelé la police à faire preuve de retenue dans son exercice de maintien de l’ordre en cas de grogne sociale.

–   Le ministre de la sécurité publique, Meng Jianzhu, a ainsi demandé à la police de rester "pleinement consciente des défis apportés par la crise financière internationale" et d’éviter les "mesures excessives lorsqu’elle est face à des incidents de masse". Ces déclarations du ministre, jeudi dans le quotidien China Daily, interviennent dans un contexte social tendu, alors que se multiplient les manifestations d’ouvriers licenciés dans le sud et l’est du pays. En début de semaine, après deux jours d’émeutes dans le Nord-Ouest, des milliers de personnes ont été dispersées par la police.

Pékin estime qu’une croissance supérieure ou égale à 8 % est nécessaire à la création d’emplois en nombre suffisant pour absorber les nouveaux entrants sur le marché du travail et garantir la stabilité sociale. Or la dégradation de l’environnement économique international pourrait amener la Chine à repasser sous ce chiffre fatidique.

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Faz      081119

China – Randale gegen die Regierung

Von Petra Kolonko, Peking
19. November 2008

–   Es begann mit einer Petition und endete mit einem Angriff auf die Parteizentrale. Mehr als zweitausend Menschen stürmten in der nordchinesischen Stadt Longnan in der Provinz Gansu den örtlichen Parteisitz. Sie zerschlugen Fenster, legten Feuer, verprügelten Polizisten und Funktionäre. Die Demonstranten seien von einer kleinen Zahl Krimineller aufgewiegelt worden, berichteten am Mittwoch chinesische Zeitungen unter Berufung auf örtliche Behörden.

–   30 Demonstranten waren am Montag mit einer Petition zum Parteiamt gezogen. Sie beschwerten sich darüber, dass ihre Häuser wegen des geplanten Neubaues des örtlichen Verwaltungsgebäudes abgerissen wurden und mahnten die ihnen zustehenden Entschädigungen und Beihilfen an. Nach anderen Berichten hatte sich in Longnan auch das Gerücht verbreitet, dass die Verwaltung vorhabe, einen großen Teil der Stadt umzusiedeln, weil die Umgebung vom Erdbeben des Sommers betroffen war.

Die Parteikader verfügen über das Land

–   Immer mehr Menschen strömten zusammen, und bis zum Abend hatten sich an die zweitausend Personen vor dem Parteisitz versammelt. Der Parteichef rief die Menge auf, sich zu zerstreuen, und bot an, Sprecher der Bittsteller zu empfangen, doch die Antwort war eine Attacke: Mit Steinen, Ziegeln, Blumentöpfen, Stöcken, Ketten und Haken ging die Menge gegen die Funktionäre und Sicherheitskräfte vor, 60 Menschen wurden verletzt. Die Demonstranten stürmten in das Parteigebäude, zerschlugen Fensterscheiben, plünderten Bürogerät und setzten Autos und Motorräder im Hof in Brand. Auch am Dienstag dauerten die Demonstrationen an. Mittlerweile sei die Lage unter Kontrolle, heißt es in offiziellen Stellungnahmen.

–   In diesem Jahr gab es in China schon eine ganze Reihe von Zwischenfällen, die in Zusammenstößen zwischen der Polizei und Demonstranten endeten.

–   Die größten Ausschreitungen wurden im Juni aus der Stadt Weng’an in der Provinz Guizhou gemeldet, wo tausende wütende Menschen Regierungsgebäude plünderten und in Brand setzten. Grund für Proteste, Petitionen und Demonstrationen sind vor allem Abrisse von Häusern und Landdispute.

–   Seit Jahren schon werden wegen Chinas Bauboom in vielen Orten Bauern von ihrem Land vertrieben und dabei übervorteilt und betrogen. Das Ackerland gehört in der Volksrepublik nicht den Bauern, sondern einem Kollektiv, meist einem Dorf oder einer Kleinstadt.

–   Die Bauern verfügen nur über Landnutzungsrechte, die das Kollektiv ihnen überschreibt. Über die Nutzung des Landes bestimmen die lokalen Parteikader meist wie über privates Eigentum, obwohl sie eigentlich verpflichtet wären, die Meinungen des Kollektivs zu hören. Die Funktionäre lassen Ackerland gern zu Bauland deklarieren, verkaufen es, und mit den Profiten füllen viele nicht nur die Kassen ihrer Verwaltungen, sondern auch ihre privaten Schatullen.

Demonstrationen als letzter Weg

–   Die Bauern werden vom Land und aus den Häusern vertrieben und meist nur mit minimalen Beträgen entschädigt, die weit unter dem Marktwert der Grundstücke liegen. Das führt jedes Jahr zu unzähligen Protesten. Immer häufiger setzen die Bauern sich jetzt auch zu Wehr, klagen, reichen Petitionen ein oder demonstrieren. Allein in der ersten Hälfte des Jahres 2006 gab es 17.000 Fälle von ländlichen Protesten mit 400.000 betroffenen Bauern.

–   Die Regierung gab nach den vielen Protesten eine Untersuchung in Auftrag. Die brachte zu Beginn dieses Jahres zu Tage, dass bei 50 Prozent des Landes, das zur Bauerschließung im Jahr zuvor freigegeben worden war, gegen Bestimmungen und Gesetze verstoßen wurde, in einigen Kreisen waren es sogar mehr als 90 Prozent.

–   Die lokalen Behörden übervorteilen nicht nur die Bauern, sie halten sich auch oft nicht an Vorgaben der Zentralregierung zur Landnutzung und dem Schutz von Ackerland.

–   Immer wieder werden ohne Genehmigung von oben neue Industriezonen oder Wohngebiete angelegt.

–   Die vertriebenen Bauern, die weder über die Mittel noch über genügend Rechtskenntnisse verfügen, um eine Klage anzustrengen, nutzen meist das Recht auf Petitionen, doch da diese nur selten Erfolg haben, sind schließlich Demonstrationen der letzte Weg, um Aufmerksamkeit für ihre Anliegen zu erringen.

Minister: Opfer vermeiden

Die chinesische Regierung ist beunruhigt. Chinas Polizeiminister Meng Jianzhu sah sich vor Kurzem sogar veranlasst, im Parteimagazin „Suche nach Wahrheit“ die Polizei dazu aufzurufen, mit den „Massenzwischenfällen“, wie die Proteste im offiziellen Jargon heißen, vorsichtig umzugehen. Die Polizei müsse auf jeden Fall zurückhaltend sein und eine Eskalation vermeiden, schrieb der Minister. Unter allen Umständen solle sie vermeiden, dass die Lage außer Kontrolle gerate und Menschen verletzt oder getötet würden. Der Minister empfahl den Polizisten, die Gefühle der Menschen und die Stimmung im Volk vor Einsätzen einzuschätzen.

Protestaktionen könnten gerade jetzt, da auch Chinas Wirtschaft die Auswirkungen der globalen Finanzkrise spürt, viele Nachahmer finden.

–   In den letzten Wochen streikten erstmals in mehreren Großstädten Chinas die Taxifahrer. Die Schließung tausender Fabriken vor allem in Südchina führte zu Protesten entlassener Arbeiter. Das verlangsamte Wirtschaftswachstum und die jüngsten Preissteigerungen stellen laut Polizeiminister Meng eine Herausforderung für die soziale Stabilität in hina dar.

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