Missione Afghanistan – Le truppe tedesche avranno altri 500 uomini + Wsws + Faz

Welt, 4,5,7,8,14.2.08,
Bundeswehr – Klose (SPD) per una missione di guerra in tutto l’ Afghanistan/ Missione Afghanistan – Le truppe tedesche avranno altri 500 uomini
●    A seguito della pressione Nato sul governo tedesco,[1] i presidenti dei gruppi CDU/CSU e SPD, Kauder e Struck, il ministro Esteri SPD, Steinmeier, e il ministro Difesa CDU, Jung, avrebbero deciso di inviare almeno altri 500 soldati in Afghanistan, modificando il mandato per la Bundeswehr, e superando il tetto di 3500 soldati.
o   Finora il mandato del Bundestag tedesco per la partecipazione alle truppe Nato Isaf consentiva per il Sud solo un intervento di emergenza a tempo determinato e non missioni di guerra di lungo periodo.
●    Da metà 2008 una forza di intervento rapido di circa 200 uomini, parte della brigata corazzata 21 (di stanza nella Caserma Maresciallo Rommel di Augustdorf), sostituirà quella dei norvegesi in missione da due anni, sotto il comando tedesco del comando regionale del Nord.
●    L’esperto per gli Esteri SPD, Klose, è il primo socialdemocratico a dirsi a favore di una missione militare tedesca che comprenda tutto l’Afghanistan:
o   La Germania dovrebbe mettere in campo una propria Forza di reazione rapida (FRR) in grado di essere impegnata in caso di emergenza in tutto il paese, Sud compreso.
●    A favore dell’impegno nel Sud l’ex ispettore generale della Bundeswehr, Klaus Naumann:
o   altrimenti la Germania potrebbe perdere credito nella Nato;
o   i politici non hanno chiarito a sufficienza che in Afghanistan in caso di necessità la Bundeswehr deve anche combattere.
●    L’organizzatore della Conferenza sulla sicurezza di Monaco, Teltschik: possibile il fallimento della missione Nato in Afghanistan;
●    L’incaricato delle relazioni tedesco-americane, Voigt: con un nuovo presidente USA, probabilmente democratico, aumenterà la pressione per un maggior impegno militare europeo in Afghanistan.
●    Il vice presidente del gruppo parlamentare dell’Union, Schockenhoff, preferirebbe limitare l’intervento della FRR al Nord, per non sovraestendere e sovraccaricare le truppe tedesche.
– Jung, 7.2: dà la notizia tanto attesa: I circa 200 soldati delle Truppe di reazione rapida combatteranno dove scoppia un incendio, per un tempo determinato e dietro autorizzazione del ministero tedesco della Difesa anche al Sud, con le stesse regole d’ingaggio di inglesi e canadesi; i soldati tedeschi operano al Nord, e in caso di emergenza anche al Sud; sono in tal modo responsabili di un territorio ampio quanto al Germania;
– Sarà rafforzato il campo di Kundus, dove ci sono attualmente 450 soldati tedeschi, sempre più bersagliato da lanci di missili.
– Kundus, aerea di missione soprattutto di tajiki e uzbeki, è una enclave Pashtun; i talebani nel Sud reclutano da questa etnia la maggioranza dei loro seguaci.
– Esperta per la Difesa dei liberali (FDP): ai tedeschi in Afghanistan mancano elicotteri, veicoli corazzati e attrezzature di trasmissione
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Wsws 080206
Joschka Fischer chiede che vengano inviate truppe per combattere nel Sud Afghanistan
Stefan Steinberg
●    L’ex ministro Esteri tedesco, il Verde Joschka Fischer, (in un’intervista a Die Zeit) si è dichiara per l’invio di unità della Bundeswehr in appoggio alle truppe Usa in Sud Afghanistan:
o   in gioco «la vittoria o la sconfitta sul terreno» e di conseguenza «il futuro stesso della Nato».; «la Germania rischia di essere vista come il principale responsabile di un eventuale fallimento in Afghanistan».
●    Un fallimento della coalizione sarebbe per la Germania un danno massimo.
●    Riconoscendo la forte impopolarità tra i tedeschi (Da un sondaggio di Financial Times Deutschland quasi 2/3 sarebbero contrari alla missione in Afghanistan), Fischer si appella alla Cancelliera Merkel perché raccolga la maggioranza parlamentare necessaria per un nuovo mandato.
o   In qualità di ministro Esteri (1998-2005), Fischer fu cruciale per il primo intervento delle truppe tedesche all’estero dopo la Seconda guerra mondiale, nel 1998, nel quadro della guerra Nato contro la ex Iugoslavia. Ha avuto un ruolo di primo piano nell’invio delle truppe tedesche in Afghanistan, nel 2001, da presidente della Conferenza di Pietroburgo che designò Karzai a capo dell’Autorità provvisoria afgana, come lacchè degli USA.
o   Con le sue dichiarazioni a Die Zeit, Fischer ha fatto pressione sulla Grosse Koalition perché modificasse la propria posizione allineandosi apertamente con gli USA;
o   Fischer ha criticato la «riluttanza europea» a farsi coinvolgere in Afghanistan, mette in guardia dal rischio di frattura all’interno della UE sulla politica di sicurezza;
o   Germania, Francia e GB dovrebbero accordarsi per lo sviluppo di forze militari europee. Da qualche tempo Fischer sottolinea la necessità di una politica militare e della sicurezza europea coordinata, con la Germania alla testa.
●    Fischer si è posto in prima linea assieme agli ex generali Klaus Naumann e Harold Kujat, che in recenti interviste hanno sostenuto che non esiste alternativa all’invio di truppe da combattimento in Afghanistan,
o   Con questo si è posto alla destra della coalizione SPD-CDU-CSU, con il ministro della Difesa e degli Esteri che avevano respinto la richiesta americana, pur giustificando la permanenza militare tedesca in Afghanistan.
●    L’ex pacifista Fischer ha di volta in volta addotto giustificazioni diverse all’intervento militare tedesco all’estero:
o   Ex-Iugoslavia: prevenire un nuovo olocausto;
o   Afghanistan e Congo: diffondere pace e democrazia;
o   Ora, per il rafforzamento dell’intervento tedesco in Afghanistan, parla chiaramente di interessi strategici della classe dominante tedesca.
●    La riluttanza del governo tedesco a piegarsi alla pressione americana e canadese esprime
o    da una parte la crescente tensione tra i paesi europei della Nato e gli Usa sulla condotta della guerra in Afghanistan,
o   Dall’altra la volontà della Germania, che sta ampliando le sue operazioni in Afghanistan, di non sottomettersi ciecamente al dictat americano.
●    L’assunzione della responsabilità della missione della Forza di Reazione Rapida (FRR) rappresenta già di per sé un nuovo livello di intervento della Germania.
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– La Germania fornisce 3200 soldati, il 3° maggior contingente ISAF (37 paesi), dopo USA e GB.
– Nel Nord la Bundeswehr funge anche da coordinatore regionale Isaf;
– Il mandato corrente del Bundestag consente l’intervento militare nel Sud solo per emergenza.
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Faz, 8.2.08, Afghanistan, occasione perduta
●    Pro maggiore impegno tedesco in Afghanistan:
o   Invece di respingere in blocco la richiesta americana di più truppe tedesche, Berlino dovrebbe  cogliere l’occasione per aprire un dibattito sulla missione tedesca in Afghanistan.

[1] Welt, 8.2.08: Il ministro Difesa USA, Gates, ha ammonito contro il rischio di una frattura della Nato. Il segretario generale Nato, Hoop Scheffer, non vede rischi di frattura, rispetta le limitazioni poste dal parlamento tedesco, loda l’impegno dei 3200 soldati tedeschi in Afghanistan, irragionevole la richiesta di truppe tedesche al Sud.
Die Welt          080214
14. Februar 2008, 07:54 Uhr
Afghanistan-Einsatz – Bundeswehr-Truppe wird um 500 Mann verstärkt
Der Druck der Nato-Partner auf die Bundesregierung zeigt Wirkung. Führende Koalitionspolitiker sind jetzt offenbar bereit, die mehr Bundeswehrsoldaten nach Afghanistan zu schicken. Mindestens 500 weitere Soldaten sollen demnächst an den Hindukusch verlegt werden. Damit wird das bishereige Bundestags mandat ausgehebelt.
Die Kritik des amerikanischen Verteidigungsministers Robert Gates, der von Deutschland mehr militärisches Engagement in Afghanistan verlangt, zeigt Wirkung. Führende Koalitionspolitiker sollen laut einem Zeitungsbericht die Veränderung des Bundeswehrmandats für Afghanistan in einer Vierer-Runde vorbereiten.
–   Nach Informationen der „Frankfurter Rundschau“ werden dazu die Fraktionsvorsitzenden von CDU/CSU und SPD, Volker Kauder und Peter Struck, mit Außenminister Frank-Walter Steinmeier (SPD) und Verteidigungsminister Franz Josef Jung (CDU) zusammentreffen. Der Zeitung zufolge soll die Bundeswehrtruppe um mindestens 500 Mann aufgestockt werden. In Koalitionskreisen werde ausgeschlossen, dass die gegenwärtige Obergrenze von 3500 Soldaten zu halten sei, berichtete das Blatt weiter.
Das Verteidigungsministerium hatte kürzlich Meldungen zurückgewiesen, es plane eine Aufstockung der Truppe um 1000 Mann. „Die Regierung muss klar sagen, was sie für nötig hält, um Aufgaben zu erfüllen, die zusätzlich anfallen“, forderte SPD-Verteidigungsexperte Rainer Arnold im Gespräch mit der „Frankfurter Rundschau“. Grünen-Fraktionschef Fritz Kuhn verlangte ebenfalls rasche Aufklärung. „Je länger halbgare Gerüchte über eine mögliche Änderung des Afghanistan-Mandats durch Ministerien und Koalitionsfraktionen wabern, desto mehr Vertrauen wird verspielt“, sagte er der Zeitung.
US-Verteidigungsminister Robert Gates hatte am vergangenen Wochenende auf der Münchner Sicherheitskonferenz stärkere Anstrengungen der NATO-Bündnispartner in Afghanistan eingefordert. Gleichzeitig hatte er aber den deutschen Einsatz im Norden des Landes gewürdigt.
Bundeswehr bereitet sich auf Einsatz der Schnellen Eingreiftruppe vor
–   Die Bundeswehr verstärkte unterdessen die konkreten Vorbereitungen für den Einsatz der schnellen Eingreiftruppe im Norden Afghanistans. Von Mitte 2008 an sollen Teile der Panzerbrigade 21 im lippischen Augustdorf den Auftrag übernehmen, teilte das Presse- und Informationszentrum des Heeres am Mittwoch in Koblenz mit.
–   Die schnelle Eingreiftruppe (Quick Reaction Force) soll im Rahmen der Internationalen Schutztruppe Isaf den seit zwei Jahren von Norwegen gestellten Verband ablösen. Insgesamt ist nach Angaben aus Heereskreisen von gut 200 Soldaten die Rede.
Die Bundeswehrsoldaten der Eingreiftruppe sollen den Angaben zufolge dem unter deutscher Führung stehenden „Regional Command North“ unterstellt werden. Die Panzerbrigade 21 ist in der Generalfeldmarschall-Rommel-Kaserne in Augustdorf beheimatet. AFP/DPA/FSL
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Wsws 080206
Joschka Fischer demands German combat troops be sent to southern Afghanistan
By Stefan Steinberg
6 February 2008
●    The former German foreign minister and leading member of the Green Party, Joschka Fischer, has used his weekly column in the newspaper Die Zeit to vehemently argue for the deployment of German troops (Bundeswehr) in southern Afghanistan.
–   The German government currently provides the third largest contingent of troops in Afghanistan—some 3,200 soldiers—as part of the 37-nation, NATO-led International Security Assistance Force. German soldiers have been mainly involved in security operations and civilian support projects in the relatively peaceful north of Afghanistan where the Bundeswehr also acts as ISAF regional coordinator. The current parliamentary mandate only allows the Bundeswehr to intervene in southern Afghanistan to provide emergency aid to its allies in exceptional situations.
–   As foreign minister in the Social Democratic Party-Green coalition (1998-2005) Fischer was instrumental in implementing the first-ever foreign intervention by German troops since the Second World War as part of the NATO war against the former Yugoslavia. Now Fischer is going one step further and calling for the sending of Bundeswehr units to support US troops in the thick of the bloody fighting against insurgent Taliban forces in the south of Afghanistan.
Well aware that two thirds of the German population are opposed to the German military mission in Afghanistan, the grand coalition in Berlin (Social Democratic Party—Christian Democratic Union—Christian Social Union) has thus far resisted repeated demands by the US and Canadian governments that it to deploy troops to the war-torn south.
–   Fischer’s latest appeal in Die Zeit is directly aimed at influencing the coalition to change its position and openly side with the US in its “war against terror” in southern Afghanistan. Fischer’s stance places him in the front line together with two former Bundeswehr generals—Klaus Naumann and Harold Kujat—who have also argued in recent interviews that the German government has no alternative but to send combat troops to Afghanistan. At the same time Fischer’s call puts him to the right of the vast majority of the SPD-CDU-CSU parliamentary groupings and the free-market Free Democratic Party, which all warn against the dangers of deploying German troops to the south.
Last week, US Defence Secretary Robert Gates used unusually blunt language to criticise the US’s European allies for failing to send combat troops to the south. Addressed directly to German Defence Minister Franz Josef Jung, Gates’s letter requesting an additional 3,200 troops was seen as an attempt to emphasise American displeasure with Germany.
–   At a hastily called press conference last Friday, the German defence minister rejected Gates’s demand while justifying the continuing presence of German troops in Afghanistan: “We need to keep our point of focus in northern Afghanistan,” he said. Jung’s rejection of Gates’s call for assistance was backed on the same day by the German foreign minister and vice chancellor, Frank-Walter Steinmeier (SPD).
–   A spokesman for Chancellor Angela Merkel (CDU), Ulrich Wilhelm, declared there were currently “no thoughts” about making a change to the existing mandate for the Bundeswehr’s deployment in Afghanistan, and that the chancellor rejected Gates’s demand. In all of her talks, Wilhelm continued, the chancellor has repeatedly made clear that the scope of the current mandate is “not up for discussion”—and that remains the government’s “firm position.”
–   Joschka Fischer has now responded to this concerted rejection of the US demand by the German government with his own personal appeal to Chancellor Merkel. Against a background of intensified fighting and a growing toll of casualties amongst US and Canadian troops in the south, Fischer argues in Die Zeit that what is at stake in Afghanistan is “victory or defeat on the ground,” and therefore “the very future of NATO.” He added, “Germany risks the danger of being seen as primarily responsible for a possible failure in Afghanistan in a conflict which has been brewing under the surface for some time.”
Should the allied mission in Afghanistan fail, Fischer continues, the result for German foreign policy would be maximum damage—Maximalschaden. Fischer goes on to acknowledge that the German mission in Afghanistan is deeply unpopular at home and that a fresh mission by German combat troops in the south of the country would require a new mandate by the German parliament.
The job of securing such a parliamentary majority, Fischer argues, rests with the chancellor. Continued vacillation over this issue can no longer be tolerated. Through vigorous leadership and the demonstration of her convictions, he adds, the chancellor must confront popular opposition and the qualms of her parliamentary colleagues to ensure that German soldiers can participate in the bloody fighting in southern Afghanistan.
This is nothing less than the unsullied voice of German militarism. It echoes the concerted campaign by leading military experts and former generals for the central political leadership to overcome public hostility to the role of the German army as a combat force. German troops must be bloodied in battle, and the German public must be prepared to accept the spectacle of body bags returning home.
–   The German government confronts massive opposition within Germany to the presence of its troops in Afghanistan. These concerns were summed up in a recent editorial in the Financial Times Deutschland:
–   “On the other hand, the popular support for a German role in Afghanistan is slipping away. Polls show that nearly two-thirds of citizens don’t support the idea of German troops in Afghanistan. And a former Social Democratic Party leader, Klaus Bölling, a former top aid to former Chancellor Helmut Schmidt, has dismissed the fight there as pointless butchery and urged a withdrawal. The more it becomes obvious that the Bundeswehr can’t just act as a sort of technical assistance force in olive-drab, the harsher the critiques will get.”
In addition to widespread public opposition the reluctance by leaders of the German government to bow to US and Canadian pressure expresses growing tensions between European members of the NATO alliance and the US over the conduct of the war in Afghanistan, as well as broad misgivings over US policy throughout the Middle East.
At the same time, the opposition by the German government to the dispatch of German troops to southern Afghanistan has nothing to do with any reluctance on its part to utilise military force as part of its own imperialist policy. The grand coalition government is expanding its operations in Afghanistan, but is not prepared to blindly follow the dictates of its allies in the US and the NATO High Command.
While making clear that it rejected Gates’s latest request, which would effectively put German troops in the south under American command, the German Defence Ministry has indicated that Germany would respond to a call by NATO to reinforce the so-called Quick Response Force (QRF) in Afghanistan. The move means that Germany will provide a contingent of 250 rapid reaction troops who will be stationed at Mazar-e-Sharif, replacing the Norwegian force, which will withdraw this summer.
–   Until now, the German government has emphasized the role of the Bundeswehr as a force providing support for military training and civilian reconstruction, but it is already clear that taking over responsibility for the QRF mission represents a new dimension in Germany’s intervention. Included in the QRF mandate, for example, is the provision of emergency support to troops in the north hunting “terrorists” and dealing with kidnappings in the country.
Despite claims by government spokesmen and Defence Minister Jung to the contrary, it is evident that sending a highly trained rapid reaction force of elite soldiers to the north amounts to sending men into combat and therefore violates restrictions laid down by existing parliamentary mandates.
–   Nonetheless, for former foreign minister Fischer the cautious moves by the grand coalition to increase its military presence in Afghanistan are inadequate. In his Die Zeit article Fischer criticises “European reluctance” to get involved in Afghanistan and warns of the danger of division between the main European powers with regard to security policy.
–   According to Fischer, the three main European powers—Germany, France and Britain—have to act in unison to ensure the development of Europe’s own military forces. For some time now, Fischer has been emphasising the necessity of a coordinated European military and security policy—with Germany playing the leading role—as both a complement and potential future alternative to US military power.
–   Fischer’s repeated appeals for a coordinated European foreign policy and the development of a powerful European military force are drawn from his own experiences as German foreign minister. In addition to orchestrating Germany’s intervention in Yugoslavia in 1998, Fischer also played a leading role in sending German troops into Afghanistan.In 2001, he then chaired the Petersburg Conference, which tapped Hamid Karzai to head the Afghan Interim Authority as a lackey for the US government.
–   Fischer’s shift from pacifist-style politics as a long-time leader of the Greens into a mouthpiece for the interests of the German military and the most aggressive sections of the German bourgeoisie is symptomatic of the political evolution of an entire layer of former radicals and Green activists.
In 1999, Fischer justified German intervention in Yugoslavia based on the supposed necessity of preventing a new Holocaust. German involvement in Afghanistan and the Congo was then justified on the basis of spreading “peace and democracy.” Now, Fischer speaks out openly on behalf of the strategic interests of the German ruling elite and is wilfully prepared to risk the lives of German youth in a new imperialist military venture.
Aware of the extent of resistance to such a move Fischer expressly calls upon the conservative German chancellor to show “leadership” and oppose, not only the popular consensus against the war, but also those defending the existing parliamentary mandate for Bundeswehr operations. Fischer’s latest comments on the Afghan war reek of contempt for democratic process and the popular will. He now speaks on behalf of a layer of radicals who are prepared to support a “strong state” in order to ensure the pursuit of German imperialist interests.
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Die Welt          080205
5. Februar 2008, 07:16 Uhr
Afghanistan – Ex-General Naumann für Bundeswehr im Süden
–   Der frühere Generalinspekteur der Bundeswehr, Klaus Naumann, fordert eine Entsendung deutscher Truppen in den umkämpften Süden Afghanistans. Sonst könnte Deutschlands Ansehen in der Nato leiden. Auch der Organisator der Münchner Sicherheitskonferenz warnt vor Krach in der Nato.
–   Im Streit um eine Ausweitung des Bundeswehr-Einsatzes in Afghanistan hat der ehemalige Generalinspekteur der Bundeswehr und Ex-Vorsitzende des Nato-Militärausschusses, Klaus Naumann, erneut die Entsendung von deutschen Truppen in den Süden des Landes gefordert. „Lasten, Risiken und Verantwortung werden solidarisch und gemeinsam getragen, Sonderrollen gibt es nicht“, sagte Naumann der „Bild“-Zeitung. „Scheitert die Nato im Süden, dann ist die relative Ruhe im Norden beim Teufel!“, fügte er hinzu. Der ehemalige Vier-Sterne-General fürchtet, dass der Einfluss Deutschlands im Bündnis „gegen Null“ tendieren werde, wenn sich das Land weiterhin den Aufgaben im Süden entziehe.
–   Klaus Naumann bemängelte, dass die Politik nicht ausreichend klargemacht habe, dass die Bundeswehr in Afghanistan zu Not auch kämpfen müsse. „Es wird verniedlichend von humanitärem Einsatz gesprochen. Das Wesen von Streitkräften ist die Anwendung von Gewalt zum Schutz der Bürger und zur Durchsetzung der von Parlament und Regierung gesetzten politischen Ziele“, sagte Naumann.
–   Der Organisator der Münchner Sicherheitskonferenz, Horst Teltschik,hält ein Scheitern des Nato-Einsatzes in Afghanistan für möglich. „Die Befürchtung ist leider berechtigt“, sagte der frühere Politiker und Industriemanager der in Hannover erscheinenden „Neuen Presse“. Er befürchte, dass es über das Thema am Wochenende bei der Konferenz zum Krach komme, sagte er.
Die Partner müssten sich fragen, ob sie sich nicht auf ein Abenteuer eingelassen haben, das am Ende das Bündnis in seinen Grundfesten erschüttert. Wenn sie den Einsatz fortsetzen wollten, müssten dafür auch die notwendigen Mittel zur Verfügung gestellt werden. „Es ist völlig klar, dass das internationale Engagement nicht ausreichend ist – also auch das deutsche nicht“, sagte der 67-Jährige der Zeitung. Daher solle auch ein deutscher Einsatz im Süden des Landes erwogen werden.
Die Nato-Partner müssten gemeinsam entscheiden, ob sie Mut und Kraft hätten, lange genug zu bleiben, fügte Teltschik hinzu. „Derzeit sehen alle noch eine Chance, Afghanistan zu befrieden.“ Dann müssten die Partner aber auch die notwendigen Ressourcen zur Verfügung stellen.
Die Bundesregierung hatte zuletzt trotz massiven Drängens von Nato und USA ihr Nein zu Bundeswehr-Einsätzen im umkämpften Süden Afghanistans bekräftigt. Verteidigungsminister Franz Josef Jung (CDU) will sich am Mittwoch zu dem Thema äußern. Am Donnerstag kommen die Nato-Verteidigungsminister im litauischen Vilnius zusammen. Am Wochenende diskutieren dann Minister und Militärexperten auf der weltweit beachteten Münchner Sicherheitskonferenz, die von Teltschik geleitet wird.
–   Der Beauftragte für deutsch-amerikanische Beziehungen der Bundesregierung, Karsten Voigt, erwartet steigenden Druck aus den USA zum Einsatz der Bundeswehr im Süden Afghanistans. Unter einem neuen US-Präsidenten, der möglicherweise von den Demokraten gestellt werde, könnte sich der vorhandene Druck noch verstärken, sagte Voigt der „Frankfurter Rundschau“. „Die Amerikaner wollen, dass Europa sich militärisch, aber auch beim Aufbau der Polizei sowie im zivilen Bereich stärker engagiert“, sagte Voigt. Er sage seinen amerikanischen Gesprächspartnern allerdings immer, dass es im Bundestag keine Mehrheit für einen solchen Einsatz deutscher Soldaten gebe und auch nicht geben werde, wird der SPD-Politiker zitiert.
AFP/AP/Reuters/cn
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Die Welt          080208
7. Februar 2008, 18:42 Uhr
Von Christiane Buck
Isaf-Mission – Dicke Luft bei Nato-Verteidigungsministern
Beim informellen Treffen der Bündnispartner in Litauen erneuerten die USA ihre Forderung nach deutschen Kampftruppen für den Süden Afghanistans. Bundesverteidigungsminister Jung bleibt weiter hart – und trifft damit bei vielen Partnern auf Verständnis.
–   Amerikanischer Druck auf Deutschland und andere Nato-Staaten, Kampftruppen in den Süden Afghanistans zu entsenden, dominierte das informelle Treffen der Nato-Außenminister im litauischen Vilnius. US-Verteidigungsminister Robert Gates hatte kurz zuvor sogar vor einer Spaltung des Bündnisses gewarnt. Bundesverteidigungsminister Franz Josef Jung blieb trotz massiver Kritik standhaft und lehnte die geforderte Entsendung der Bundeswehr in den Süden rundum ab. Er machte keine Zugeständnisse über die 200 Mann starke Schnelle Eingreiftruppe hinaus, die im Norden – also im deutschen Einsatzgebiet – norwegische Nato-Soldaten ablösen soll.
–   Nato-Generalsekretär de Hoop Scheffer widersprach der Einschätzung, der Allianz drohe die Spaltung. „Ehrlich, nein, das glaube ich nicht“, sagte er und lobte vielmehr das Engagement der rund 3200 deutschen Soldaten.
De Hoop Scheffer zeigte Verständnis für die deutsche Haltung: „Ich weiß, dass der Bundestag enge Beschränkungen möchte.“
–   Es sei dennoch wichtig, dass die Nato in Afghanistan möglichst flexibel operiere. Beobachter fragen sich, warum die USA die politischen Realitäten in Deutschland immer noch verkennen. Auch wenn der Ruf nach einer fairen Lastenverteilung nachvollziehbar ist, sei die Forderung nach deutschen Kampftruppen für den Süden unvernünftig. US-Außenministerin Condoleezza Rice und Verteidigungsminister Robert Gates werden in Deutschland nicht an der Grenze dessen vorbeikommen, was im parlamentarischen Raum durchsetzbar ist. Ein Kampfeinsatz im Süden ist es derzeit offenbar nicht.
Jung will keine Zugeständnisse machen
Beim Lunch trafen die Verteidigungsminister zu einem ersten klärenden Treffen zusammen; für Jung eine schwierige Aufgabe, weil er sich harscher Kritik auch aus Kanada und Polen aussetzen musste. Für ihn aber war die Linie bereits klar abgesteckt, und er machte keine Zugeständnisse über die von der Bundeswehr ab Juli gestellte 200 Mann starke Eingreiftruppe im Norden hinaus. „Ich bin und bleibe der Auffassung, dass wir den Auftrag so erfüllen sollten, wie es das Mandat jetzt im Hinblick auf unseren Schwerpunkt im Norden vorsieht.“ Dass die deutschen Soldaten der Eingreiftruppe sich auch aufs Kämpfen und Töten vorbereiten müssen, stellte der bisherige norwegische Kommandeur der Eingreiftruppe in Masar-i-Scharif klar. Oberstleutnant Kjell Inge Bækken sagte: „Wenn es notwendig ist, müssen sie darauf vorbereitet sein, Leben zu nehmen.“
–   Das Mandat des Bundestages für die Beteiligung an der Nato-Schutztruppe Isaf erlaubt keine dauerhaften Kampfeinsätze im Süden, nur kurzfristige Nothilfe. Die 3200 Soldaten sind bisher im Norden stationiert, und dabei soll es auch bleiben. Die Amerikaner haben das Treffen in Vilnius medial und politisch gut vorbereitet: Rice war gestern bei Premierminister Gordon Brown in London, der sich an ihre Seite stellte und ebenfalls eine „faire Lastenverteilung“ forderte. Heute war Rice mit ihrem britischen Kollegen, Außenminister David Milliband, zu einem Überraschungsbesuch in Kabul und Kandahar eingetroffen. Sicherlich wird es kein Wunder sein, dass die dort stationierten Kommandeure und Soldaten den Medien die Botschaft vermitteln werden, die Rice transportieren möchte: dass zusätzliche Soldaten ebenso fehlten wie Hubschrauber. Sie holt sich damit auf dem Nebenschauplatz Kandahar glaubwürdige Aussagen in die Medienberichterstattung – das ist diplomatisch geschickter, als selbst auf die Verteidigungsminister einzuprügeln.
"Dunkle Wolke" über der Nato
–   Kandahar ist sicherlich nicht zufällig ausgewählt: Dort sind auch die Kanadier stationiert, die einer der Verbündeten der USA im Kampf für mehr Lastenverteilung sind. Ernsthafte Drohungen kamen vom kanadischen Premierminister Stephen Harper: Die 2300 kanadischen Soldaten würden mittelfristig abgezogen, wenn nicht andere Nato-Länder 1000 Soldaten in den Süden schickten.
Doch die harte amerikanische Intervention hat Konsequenzen, die weit über die Afghanistan-Mission hinausgehen: Rice sagte, dass der Einsatz die Nato auf eine harte Bewährungsprobe stelle. Die USA hatten gehofft, dass die Entsendung von 3200 Marines in den Süden auch andere Länder dazu bewegen würde, mehr Soldaten zu stellen. Diese Hoffnung hat sich bisher nicht erfüllt. Über die Zurückhaltung hat sich auch Verteidigungsminister Gates erzürnt, der alle Nato-Verteidigungsminister brieflich dazu aufgefordert hatte, mehr Truppen bereitzustellen.
–   „Ich bin sehr besorgt, dass aus der Allianz ein zweigeteiltes Bündnis wird, in dem manche Partner bereit sind, für den Schutz der Menschen zu kämpfen und zu sterben, und andere nicht“, sagte Gates während einer Senatsanhörung. Er sprach auch von einer „dunklen Wolke“, die er über der Zukunft des Bündnisses sehe. Mit solchen Kommentaren bringen Rice und Gates laut Beobachtern nicht nur die Afghanistan-Mission, sondern das Bündnis in Gefahr.
In Vilnius wird aber vor allem diskutiert. Da es ein informelles Treffen ist, werden die harten Entscheidungen erst beim Nato-Gipfel Anfang April in Bukarest fallen.
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Faz      080208
Afghanistan – Verpasste Chance
Von Horst Bacia
08. Februar 2008
Wer geglaubt hat, einer Debatte über das deutsche militärische Engagement in Afghanistan weiterhin ausweichen zu können, wird schnell eines Besseren belehrt.
–   Die Entscheidung des Verteidigungsministers, 250 kampfbereite Infanteriesoldaten zusätzlich im Norden des Landes zu stationieren, schafft jedenfalls keine Ruhe an der Diskussionsfront.
Einen nachhaltigen Eindruck wird Minister Jung mit seiner Zusage, die er erst nach viel unnützem öffentlichen Vorgeplänkel gegeben hat, weder beim Treffen der Nato-Verteidigungsminister in Vilnius noch bei der sicherheitspolitischen Konferenz am Wochenende in München hinterlassen. Die meisten Verbündeten in der Nato sehen es ohnehin als eine Selbstverständlichkeit an, dass die Bundeswehr, die im Regionalkommando Nord die Verantwortung hat, jetzt wenigstens diese Aufgabe übernimmt. Eine Geste der Großzügigkeit, mit der sich weitergehende Forderungen abwehren ließen, ist dieses Angebot nicht.
–   Sicher ließen sich Möglichkeiten finden, den Partnern entgegenzukommen
–   Verteidigungsminister Gates hat an Jung und die Kollegen in anderen Mitgliedstaaten Briefe geschrieben, in denen er darum bat, schon jetzt darüber nachzudenken, wie im Herbst etwa dreitausend amerikanische Soldaten im gefährlichen Süden Afghanistans ersetzt werden könnten. Er hatte ihrer Entsendung zähneknirschend zugestimmt, nachdem kein anderer Nato-Staat willens oder in der Lage war, die Forderung der Nato-Militärs nach dringend benötigten Truppen zu erfüllen.
Es gehört aber zu den Grundsätzen einer auf Solidarität und das Prinzip der Teilung des Risikos gegründeten Allianz, dass Bündnispartner, deren Soldaten im Süden bei Anschlägen und Kämpfen mit den aufständischen Taliban hohe Verluste erleiden, nicht alleingelassen werden. Bei einer Anhörung im amerikanischen Senat hat es Gates pointiert jetzt so formuliert: Den Widerspruch, dass die einen bereit sind, für die gemeinsame Sicherheit zu „kämpfen und zu sterben“, die anderen aber nicht, hält die Nato auf Dauer nicht aus.
–   Statt die Anfrage von Gates pauschal abzuwehren, hätte man sie in Berlin zum Anlass nehmen können, endlich mit der überfälligen Debatte über den deutschen Einsatz in Afghanistan zu beginnen. Sicher ließen sich auch Möglichkeiten finden, den Partnern entgegenzukommen, ohne das Leben deutscher Soldaten leichtfertig aufs Spiel zu setzen. Diese Chance ist erst einmal verpasst worden.
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Die Welt          080207
6. Februar 2008, 17:56 Uhr
Von Peter Müller
Bundeswehr – Jung schickt Einsatztruppe nach Afghanistan
Die deutsche Bundeswehr wird sich in Afghanistan künftig stärker engagieren: Verteidigungsminister Jung will Kampftruppen in den Norden des Landes schicken. Ein Signal an die Bündnispartner, die die Deutschen stärker einbinden wollen. In weiten Teilen blieb der Plan des Ministers aber vage.
Da redet Verteidigungsminister Franz Josef Jung (CDU) eine fast geschlagene Stunde in aller Ausführlichkeit darüber, was die Deutschen alles tun in Afghanistan, und am Ende droht fast alles vergeblich zu sein. „Die Menschen fragen sich: Wo sind die Deutschen?“, sagt ein holländischer Journalist dem Minister ins Gesicht, „die Menschen in Kanada, den USA, den Niederlanden“. Die Menschen, deren Armeen im Süden kämpfen und daher deutlich mehr Tote in Afghanistan zu beklagen haben als die Bundeswehr, könnte der Mann hinzufügen – tut es aber nicht.
–   Eine Stunde lang hatte Jung detailreich erklärt, warum die Beschränkung des Einsatzes auf den Norden richtig sei, und warum seine Soldaten schon heute Großes leisten. Eine Stunde hatte er sich den Fragen der Bundespressekonferenz gestellt, zum ersten Mal seit er im Amt ist. Doch nach einer Stunde hieß es: Zurück auf Los.
Wo sind die Deutschen? Im Norden, sagt Jung. Und notfalls, aber eben nur notfalls auch im Süden. Und damit verantwortlich für ein „Gebiet halb so groß wie die Bundesrepublik“. Künftig wird die Bundeswehr auch noch eine schnelle Eingreiftruppe QRF (Quick Reaction Force) stellen, eine Art Feuerwehreinheit, die dort kämpfen soll, wo es brennt. Lange war erwartet worden, Deutschland werde diese Aufgabe ab Sommer von den Norwegern übernehmen. Um dies offiziell zu verkünden, war Jung vor die versammelte Berliner Hauptstadtpresse getreten.
Der Minister mag solch ein Signal für dringend nötig halten. Denn ungeachtet der innenpolitischen Debatte, die jede kleine Ausweitung der Afghanistan-Mission auslöst, hält der Druck der Nato-Partner weiter an. Deutschland solle auch im Süden kämpfen. In drastischen Worten hat dies US-Verteidigungsminister Robert Gates jüngst an seinen Amtskollegen „Dear Minister Jung“ geschrieben, in einem Brief, der offenbar mit der Bush-Regierung nicht abgestimmt war.
Vor diesem Hintergrund ging Jung in die Offensive. „Wir sind bereit, die schnelle Eingreiftruppe zu stellen, damit keine Lücke entsteht“, sagte er.
–   Ungefähr 200 Mann stark werde diese Kampftruppe sein. Für sie gelten die gleichen Einsatzregeln wie für Engländer oder Kanadier bei ihren Gefechten im Süden. Zeitlich befristet und mit Genehmigung Jungs im Einzelfall kann die Truppe auch dort eingesetzt werden.
In Ausnahmefällen kämpfen Deutsche im Süden
–   Zusätzlich werde das Feldlager Kundus verstärkt, sagte Jung, ohne Einzelheiten zu nennen. Hier haben die Deutschen etwa 450 Mann stationiert, die immer wieder Raketenbeschuss ausgesetzt sind. Vergangenes Jahr waren hier zudem drei Soldaten bei einem Anschlag ums Leben gekommen. Kundus ist im überwiegend von Tadschiken und Usbeken besiedelten Einsatzgebiet eine Enklave der Paschtunen. Aus dieser Bevölkerungsmehrheit rekrutieren die Taliban im Süden das Gros ihrer Anhänger.
–   Schließlich werde Deutschland Lücken schließen, die die Verlegung dänischer und tschechischer Truppen aus Nordafghanistan in den Süden aufreißen würden. All das solle im Rahmen der Mandatsobergrenze von 3500 Soldaten möglich sein. Natürlich will Jung die Deutschen Stück für Stück darauf vorbereiten, dass die Bundeswehr ebenfalls, Stück für Stück noch stärker als bislang in Afghanistan zum Einsatz kommen wird – und dass weitere Tote die Folge sein könnten. „Es ist ein riskanter Einsatz, das ist wahr.“ Kämpfen gehöre eben zum Auftrag der Bundeswehr. Das schließe in Ausnahmefällen auch Einsätze im Süden mit ein, wie etwa die Luftaufklärung durch deutsche Tornado-Flugzeuge. „Wenn Freunde in Not sind, werden wir sie unterstützen“, so der Minister.
Bemerkenswerterweise lässt Jung die Frage offen, ob es bei der Verlängerung der Bundestagsmandate im Herbst bei der bisherigen Obergrenze von 3500 Soldaten bleiben sollte. „Im Herbst gibt es gegebenenfalls Diskussionen, inwieweit es zu Veränderungen kommt.“. Ein typischer Jung-Satz. Wer den Minister kennt, weiß, dass er das deutsche Mandat für zu eng bemessen hält – wie SPD-Außenminister Frank-Walter Steinmeier übrigens auch. Wechseln heute die Kontingente, liegt die Zahl der Soldaten schon drüber. Mit den Tornadopiloten, den Mannschaften und QRF dürfte das Erreichen der Obergrenze daher bald zum Regelfall werden.
Den Soldaten fehlt ausreichende Ausstattung
–   Selten wird Jung konkret. Fragen etwa, welche Einheiten die Eingreiftruppe stellen werden, will er nicht beantworten. Fragen nach der Ausstattung ebenso wenig. Sicher, Jung sagt deutlich, dass die Deutschen nur sechs gepanzerte Hubschrauber in Afghanistan im Einsatz hätten. Doch ein Problem für die QRF mag er darin offenbar nicht erkennen. Hier setzt die Opposition ein. „Wir halten die Entscheidung, eine schnelle Eingreiftruppe zu entsenden, nur dann für verantwortbar, wenn die Ausstattung dafür ausreichend ist. Es fehlt an gepanzerten Fahrzeugen, Hubschraubern sowie bei der Fernmeldeausrüstung“, sagte die FDP-Verteidigungsexpertin Birgit Homburger WELT ONLINE.
Weder diese Diskussion noch die internationale Debatte wird Jungs Auftritt beenden können. Im Gegenteil: Morgen wird er sich bei einem Treffen mit seinen Nato-Verteidigungsministerkollegen in Wilna wieder anhören müssen, dass die Deutschen zu wenig täten. Und am Samstag wird es auf der Münchner Sicherheitskonferenz auf ganzer Breite zur Sache gehen. Gemeinsam mit Nato-Generalsekretär Jaap de Hoop Scheffer und dem republikanischen Präsidentschaftskandidaten John McCain, wird er über die Zukunft der Nato diskutieren. Im Zentrum steht dabei freilich nur ein Thema: Wie geht es weiter in Afghanistan? Und: Wo bleiben die Deutschen?
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Die Welt          080204
4. Februar 2008, 09:15 Uhr
Bundeswehr – Klose (SPD) für Kampfeinsatz in ganz Afghanistan
–   Der SPD-Außenexperte Hans-Ulrich Klose spricht sich als erster Sozialdemokrat dafür aus, dass die Bundeswehr in ganz Afghanistan Kampfeinsätze absolvieren kann. Damit würde Deutschland seine Solidarität innerhalb der Nato zeigen, so Klose. Die CDU dagegen warnt davor, deutsche Truppen zu überfordern.
–   Die Diskussion über die mögliche Entsendung eines Kampfverbandes der Bundeswehr nach Afghanistan reißt nicht ab. Nach dem Willen des SPD-Außenexperten Hans-Ulrich Klose (SPD) sollen Kampfeinsätze der Bundeswehr künftig in ganz Afghanistan möglich sein. Es könne Situationen geben, in denen es unvermeidbar sei, zu kämpfen, sagte der stellvertretende Vorsitzende des Auswärtigen Ausschusses im Bundestag der „Bild“-Zeitung.
–   Deutschland solle die Schnelle Eingreiftruppe (Quick Reaction Force, QRF) übernehmen und sie „stark genug machen, dass sie im Notfall in ganz Afghanistan eingesetzt werden kann – auch im Süden“. Die Nato sei eine Allianz, die auf Solidarität aufbaue: „Das bedeutet: Jeder trägt das gleiche Risiko“, sagte Klose.
–   Der stellvertretende Unions-Fraktionsvorsitzende Andreas Schockenhoff unterstützte die Aufstellung eines Kampfverbandes, beschränkte dessen Einsatz in der „Berliner Zeitung“ aber auf den Norden des Landes. Um eine Überdehnung und Überforderung der Bundeswehr auszuschließen, müsse der Einsatz auf den Norden begrenzt bleiben.
Die Diskussion über die von der Nato angefragte Einsatztruppe der Bundeswehr wurde in den vergangenen Tagen vor allem mit der Forderung von US-Verteidigungsminister Robert Gates nach Ausdehnung des Bundeswehreinsatzes nach Süd-Afghanistan neu entfacht. Auch Nato-Generalsekretär Jaap de Hoop Scheffer spricht sich für eine Ausdehnung des Bundeswehr-Engagements aus. Den in Deutschland oft als schroff empfundenen Brief von Gates kritisierte er aber als wenig hilfreich.
–   Verteidigungsminister Franz Josef Jung (CDU) lehnt eine Entsendung deutscher Truppen in den umkämpften Süden Afghanistans ab. Er wies aber wiederholt auf eine Notfallsituation hin: „Wenn Freunde in Not kommen, werden wir ihnen helfen. Darum machen wir beispielsweise die Luftaufklärung mit unseren Tornados für ganz Afghanistan“, sagte er am Wochenende.
Schockenhoff sagte, die Bundeswehr sei bereit, sich im Norden stärker zu engagieren. Sie sei dort auf Kampfeinsätze vorbereitet. Die FDP-Verteidigungspolitikerin Birgit Homburger warf de Hoop Scheffer vor, die Debatte anzuheizen. dpa/AFP/cn

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