Finita la missione a Nassiriya – FINE DI UN´OCCUPAZIONE

Ultima fase del ritiro delle truppe italiane. Un caporale
muore in un incidente d´auto


Passaggio di consegne in
Iraq. Parisi: l´impegno continua

NASSIRIYA – «La missione è compiuta, il contingente italiano
rientra, ma il nostro Paese non volge le spalle all´Iraq». Davanti al premier
iracheno Al Maliki, e di fronte a quello che sarà l´esercito del dopo Saddam,
il ministro della Difesa Arturo Parisi ha consegnato la responsabilità della
sicurezza nelle mani delle autorità irachene della provincia di Dhi Qar. Dopo
poco più di tre anni, si chiude così il sipario su "Antica
Babilonia". La gioia per la fine della missione italiana è stata però
turbata dalla morte di un giovane soldato, il caporal maggiore Massimo
Vitaliano, rimasto ucciso ieri mattina all´alba in un incidente automobilistico
a pochi chilometri da Nassiriya. I militari italiani che hanno perso la vita in
Iraq sono così saliti a 33.
REPUBBLICA FABIO
MINI

FINE DI UN´OCCUPAZIONE

La nostra missione in Iraq si è conclusa con una
cerimonia di «trasferimento del controllo della sicurezza agli iracheni».
Affinché non sorgano «casi» internazionali e nazionali sarebbe opportuno
precisare che cosa è stato trasferito. Se veramente si è trattato del
controllo della sicurezza si deve ammettere che la nostra missione era in
regime giuridico di «occupazione»
. Infatti, secondo i Regolamenti dell´Aja
annessi alle Convenzioni di Ginevra l´occupazione si manifesta quando truppe
straniere assumono il controllo della sicurezza di tutto o parte del territorio
di un altro Stato in sostituzione delle autorità locali
. E´ ininfluente il
motivo per cui le truppe si trovano lì e l´occupazione non è necessariamente
legata alla belligeranza. L´occupazione prevede forti responsabilità per
l´occupante, quali la garanzia della sicurezza e della sussistenza della
popolazione, e minori responsabilità per l´occupato che è tenuto a non usare la
violenza, fatto salvo il diritto di liberarsi, nei modi prescritti,
dell´occupante.
A occupazione finita dovremmo chiederci: abbiamo ottemperato ai nostri doveri?
E gli iracheni hanno ottemperato ai propri? Dai toni della cerimonia
sembrerebbe di sì, ma bisognerebbe farlo sapere anche alle nostre vittime di
Nassirya e a quelle, italiane e irachene, delle «battaglie dei ponti»
.
Anche se giuridicamente impossibile, possiamo politicamente «rifiutare
energicamente» di essere stati «occupanti», ammettendo così di non aver mai
assunto il controllo del territorio né di diritto né di fatto. Dovremmo allora
chiederci cosa siamo stati a fare tre anni in Iraq con armi, pattuglie e morti
alla modica spesa di un miliardo di euro all´anno. Senza impelagarsi in
improbabili «trasferimenti», forse sarebbe più corretto dire che ci stiamo
sfilando da un impegno assunto con alleati ai quali non riconosciamo più la
legittimità di aver fatto la guerra. E gli alleati ci possono ringraziare col
classico «thanks for nothing» dicendo che la nostra uscita è ininfluente, come
lo è stata la nostra presenza
. O forse bisognerebbe dire che il
«trasferimento del controllo» è un modo per attribuire agli iracheni la
capacità di badare a se stessi. Loro sono contenti e noi pure. Ma sulla base di
che cosa?

GIAMPAOLO CADALANU

Avviato il ponte aereo-navale: partenze scaglionate da
Kuwait city e dall´aeroporto di Tallil

Tutti a casa prima di fine anno

Partita l´operazione: da
rimpatriare 60 mila tonnellate di materiali
Alle forze armate locali resteranno le strutture di Camp Mittica, ma niente
armi

Iraq addio, tutti via entro
fine anno. Ci vorrà ancora qualche mese, ma a Nassiriya la smobilitazione va
avanti. Se ieri la responsabilità della sicurezza per la provincia di Dhi Qar è
stata trasferita formalmente agli iracheni, le chiavi di Camp Mittica
passeranno di mano solo a fine novembre: in tempo per rispettare le indicazioni
del Parlamento, che appunto prevedevano di cominciare il 2007 affidando
all´archivio l´operazione Antica Babilonia
. Nel frattempo il massiccio ponte aereo-navale che chiuderà l´avventura
irachena delle forze armate italiane è avviato.
«Abbiamo già portato a casa circa 2500 metri lineari di materiali», dice
Francesco Tirino, responsabile della Pubblica informazione per il contingente
italiano. I militari calcolano appunto in "metri lineari" i materiali
da riportare in Italia: «Per capirci: se schierassimo attrezzature e armamenti
in fila indiana, l´intera base di Nassiriya sarebbe lunga 12 chilometri». Secondo
ufficiali esperti di logistica, l´impegno del trasloco è pari
– in termini
forse più comprensibili – a 60 mila tonnellate.
C´è da impacchettare e riportare nel nostro paese sei elicotteri (i
multiruolo HH-3D e gli A-129G d´attacco "Mangusta"), 543 veicoli
cosiddetti logistici (cioè macchine asfaltatrici, ruspe speciali, autocisterne,
gru caricacontainer, eccetera), 227 veicoli "tattici" (mezzi
propriamente militari, come i furgoncini Vm 90, Vfm, i carri armati Ariete, i
cingolati Dardo, i blindati Puma e Centauro) e 160 "shelter", cioè
uffici trasportati su camion
.
Prime a partire saranno le attrezzature danneggiate o quelle non più
necessarie: ma la scelta dei materiali sarà legata alle ovvie esigenze di
autodifesa. In altre parole: la fine di ogni missione è considerata dai
militari il momento più delicato, quello in cui si rischia di esporre il fianco
agli attacchi. «Il ritiro verrà realizzato con convogli di modeste dimensioni,
che porteranno via terra i materiali da Nassiriya a Kuwait City
. Saranno
convogli protetti anche dall´alto, con la sorveglianza garantita dagli aerei
senza pilota Predator», dice il tenente colonnello Tirino.
A Kuwait City materiali e armamenti pesanti verranno imbarcati sulle navi
Ro/Ro, cioè in grado di sbarcare i mezzi attraverso rampe di carico. Ne saranno
impiegate otto: sei capaci di imbarcare da mille metri lineari e due in grado
di arrivare a 2800 metri lineari. Le navi faranno rotta verso i porti di Gioia
Tauro o Salerno. I soldati, invece, potranno essere rimpatriati per via aerea,
direttamente dalle piste di Tallil verso Pisa, Roma o Napoli: per questo le
forze armate italiane fanno affidamento su voli messi a disposizione da società
private, che impiegheranno 15 vettori aerei
.
Sulla polvere di Nassiriya resterà comunque la struttura fondamentale di
Camp Mittica, destinata a diventare una base delle forze armate irachene:
saranno i 1072 "moduli abitativi", più le strutture collettive,
mense, bagni, uffici. Un "regalo" al nuovo Iraq, reso quasi
obbligatorio dal fatto che smontare e portar via queste strutture costerebbe di
più che comprarle ex novo. Discorso opposto per gli armamenti: né quelli
pesanti (che andranno via con le navi) né le armi leggere (che ogni militare
porterà con sé) resteranno in Iraq. Per motivi economici, ma anche, com´è
ovvio, per non violare la legislazione sul traffico d´armi
.
Oltre ai casotti di legno e alluminio, che cosa resterà di italiano nella
provincia di Dhi Qar? I ricordi: l´odio per le battaglie dei ponti e la
nostalgia per gli aiuti, il rimpianto per l´ospedale aperto a tutti e il dolore
per la strage del 2003. Resteranno anche tredicimila poliziotti e quasi
tremila soldati addestrati dai militari italiani
: su procedure di
perquisizione e sulle tecniche per i posti di blocco, sul riconoscimento delle
mine antipersona e sulla teoria dell´antiterrorismo. E con loro resteranno
forse quelle raccomandazioni di prudenza investigativa e di tutela dei fermati
– leggi: il rifiuto della tortura – che ai tempi di Saddam Hussein non erano
contemplate.

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