Inghilterra contro Scozia, la devolution va in crisi

Guido
Santevecchi

I conservatori vogliono togliere ai deputati eletti nel
Nord della Gran Bretagna il diritto di voto sulle materie locali: «E’
reciprocità»

Il governo allarmato: «Rischiamo
la disintegrazione». Brown media, ma Cameron lo attacca

LONDRA – È cominciata come un
gioco
: il First Minister scozzese Jack McConnell che augurava a Trinidad e
Tobago di battere l’Inghilterra. Il nuovo ragazzo prodigio del tennis
britannico Andy Murray che prometteva di «tifare per chiunque non fosse
inglese» e si è trovato il sito intasato di insulti al «maleducato e dannato
Scot». Mentre lo scozzese Gordon Brown, nell’interminabile attesa di diventare
premier del Regno Unito, giurava e spergiurava di sognare la coppa per Beckham
e compagni. Ma il sogno del calcio mondiale è finito e quella che poteva
sembrare ruggine tra tifosi sta diventando una questione costituzionale. Una
grande rissa sulla devolution.
I conservatori vogliono portare la questione a Westminster: vogliono
togliere ai parlamentari scozzesi il diritto di voto sulle materie che
riguardano l’Inghilterra. Sostengono che è pura reciprocità visto che con la
devoluzione del 1998 Edimburgo ha ottenuto poteri esclusivi nel campo
dell’istruzione, della sanità e dei trasporti
. Il leader Tory David Cameron
ha fatto sapere all’ Observer: «Non faremo retromarcia, anche se
naturalmente cercheremo di non provocare stupide liti nazionalistiche».

È un siluro al laburista Gordon Brown che ha il collegio in Scozia. Ed è
soprattutto un calcolo politico: i Tory sono praticamente inesistenti a nord
del Border (il confine): un solo deputato conservatore a Westminster
viene dalla Scozia, contro 41 per il Labour
. Evidente il vantaggio per i
conservatori se la rappresentanza scozzese ai Comuni di Londra fosse privata di
molti poteri di voto.
L’offensiva dei conservatori può contare sull’appoggio dell’opinione
pubblica
: un sondaggio ha appena rilevato come la metà dei cittadini del
Regno ritenga ingiusto che i deputati scozzesi possano ancora votare su
questioni che riguardano l’Inghilterra. Il 23 per cento vorrebbe addirittura un
Parlamento solo inglese. In più, il 52 per cento dei britannici (inglesi,
gallesi, scozzesi e nordirlandesi) crede che uno scozzese non dovrebbe mai
diventare primo ministro di Gran Bretagna.
I giornali vicini ai Tory soffiano sul risentimento inglese per il fatto che
nel governo laburista ci sono attualmente sette ministri scozzesi
. Oltre a
Brown, che da nove anni domina le Finanze (ed è accusato di aver messo a
bilancio per i connazionali del Nord 1.406 sterline di spesa pubblica procapite
più che per gli inglesi), c’è agli Interni John Reid e alla Difesa Des Browne.
I ministeri più importanti. «McMafia» li ha battezzati il Daily Mail,
giornale popolare della Middle England.
Gordon Brown che aveva fiutato l’aria, sta facendo di tutto per ripulirsi
l’immagine dalla Scottishness
: ha cominciato a parlare di
«britannicità», ha annunciato che l’anno prossimo farà coniare una moneta per
celebrare l’Act of Union del 1707 che portò nel Regno Unito i vecchi nemici
Inghilterra e Scozia.
Sfoggia l’incredulità nazionale di fronte alla «maledizione dei rigori» che ha
spezzato il volo verso Berlino. Naturalmente nessuno è disposto a credere che
in cuor suo sia davvero tifoso dell’Inghilterra.
È andata meglio ad Andy Murray che ha fatto subito abiura dicendo che era solo
uno scherzo e che la sua fidanzata è inglese e che «beh, si può almeno tifare
per l’arbitro?». Ma nel suo caso il perdono è stato obbligato, perché il
ragazzo è arrivato agli ottavi di Wimbledon e la gente sta aspettando da
settant’anni l’erede di Fred Perry. Quindi «Go Andy» anche se è un dannato
Scot.
Ci sono stati anche fattacci. Un bambino di sette anni che giocava a
pallone in un parco di Edimburgo, felice per la maglietta rossa
dell’Inghilterra regalo della mamma è stato aggredito. Un tizio, al grido
«Siamo in Scozia qui, non nella tua fucking England » gli ha
tirato un pugno. Ad Aberdeen è stato picchiato un certo mr Smith che aveva appeso
all’auto la bandiera inglese. I due casi sono trattati dalla polizia come «atti
di razzismo».
Episodi marginali, certo. Gli scozzesi sono invidiosi dei successi calcistici
dell’ Auld Enemy e il Portogallo li ha vendicati. Ma la Commissione di
Westminster sugli Scottish Affairs ha pubblicato un rapporto sulla
«minaccia per il Regno Unito» rappresentata dalla devoluzione di poteri del
1998. Quattro le ipotesi formulate: dissoluzione del Regno Unito, devoluzione
anche all’Inghilterra, drastica riduzione del numero dei parlamentari scozzesi
a Londra, voto solo agli inglesi su questioni inglesi.
Siamo di fronte a volgari liti tra tifosi? Vecchie rivalità da campanile?
Cinico gioco elettorale dei conservatori? David Cairns, sottosegretario per lo
Scotland Office, è preoccupato: «Se cominciamo a balcanizzare il Parlamento
catalogando i nostri deputati in base alla provenienza, ci mettiamo su un asse
inclinato verso la disintegrazione del Regno Unito».
È cominciata per gioco. Ma una volta allo stadio nelle partite contro squadre
scozzesi, gli inglesi cantavano «They don’t like us, we don’t care», non gli
piacciamo, non c’importa. Quando scendono in campo i politici la partita può
farsi pericolosa.

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