«Hamas può riuscire dove Arafat ha fallito»

Davide Frattini

Halevy, ex capo del
Mossad: «Sì al dialogo, se rinunciano alla violenza. Non sono Al Qaeda»

L’ex capo del Mossad: potremmo dover accettare Hamas (ed
Hezbollah); mentre Al Qaeda non ha bisogno dell’organizzazione di ISRAELE, Hamas
è un’organizzazione territoriale; non serve un riconoscimento immediato.

TEL AVIV – Il piccolo studio nel grattacielo che
guarda sul mare di Tel Aviv è quello di un pensionato fuori dal comune. Una
fotografia con dedica di Yitzhak Rabin, un ritratto di re Hussein di Giordania
(«a un fratello»), una medaglia della Cia. Sull’altra parete, le memorie non
ancora libere dal segreto di Stato: un calendario elenca in codice le
operazioni del Mossad, un’immagine presa con un visore notturno lascia intravvedere
le macerie di una casa.
Efraim Halevy ha lasciato i servizi segreti israeliani nel 2002, dopo un
trentennio e quattro anni al vertice
. Non ha rimorsi per gli ordini – di
vita e di morte – impartiti, solo la nostalgia per non essere diventato macchinista
di treni, come sognava a Londra da bambino. Custodisce i suoi segreti, ai
passaggi a livello del Medio Oriente, e non rivela che cosa abbiano scattato le
forze speciali con i loro mirini agli infrarossi.
I resti di un omicidio mirato, forse appesi al muro. E’ Halevy a definire la
tattica delle elimina-zioni all’inizio della seconda intifada ed è lui a
coordinare con Ariel Sharon l’assedio che rin-chiude Yasser Arafat nel ridotto
della Mukata, fino alla morte. Da allora la strategia israeliana ruota attorno
al concetto «non c’è nessuno per dialogare», slogan ripreso dal governo di Ehud
Olmert, almeno per la metà dell’Autorità palestinese rappresentata da Hamas
.


«Dobbiamo giudicare il movimento fondamentalista non per quello che dice ma
per quello che fa», ripete Halevy, 72 anni
. L’ala militare aveva ripreso
sabato scorso i lanci dei rudimentali e micidiali razzi Qassam e solo un
intervento del premier Ismail Haniyeh avrebbe fermato gli attacchi. Sono i
segni che l’ex capo del Mossad attendeva. «Hamas deve dimostrare di poter
diventare una leadership credibile per i palestinesi. Da organizzazione
terroristica a forza di governo. Possono riuscire, loro gli estremisti, dove
Arafat ha fallito. Il raìs non si preoccupava per la sua gente, Hamas vuole eliminare
la corruzione, migliorare le scuole e gli ospedali. E’ chiaro che per questi
obiettivi deve rinunciare alla violenza»
.
Gli israeliani, con il sostegno degli Stati Uniti e dell’Europa, chiedono
che Hamas riconosca l’esistenza dello Stato ebraico
, un passo che i
dirigenti si sono rifiutati di compiere. «Su questo punto bisogna essere
pragmatici, senza dare retta alla retorica fondamentalista. Haniyeh ha dato
ordine ai suoi ministri di cooperare sulle questioni tecniche. Israele
esiste, è un fatto irrefutabile, non serve il loro riconoscimento. E’ vero il
contrario: Hamas ha bisogno di ottenere il riconoscimento di Israele e della
comunità internazionale. E per conquistarlo deve disarmare le milizie, fermare
gli attacchi terroristici e accettare gli accordi firmati in passato»
.
Israele – spiega Halevy – è ancora troppo implicata nella gestione quotidiana,
il governo di Hamas non può fare a meno di questa collaborazione. «E’
un’organizzazione territoriale. Il suo successo politico, anche se per ora stanno
fallendo, dipende da quanto riuscirà ad amministrare bene, da quanto i
palestinesi staranno meglio rispetto a prima». E’ questa la grande differenza
con Al Qaeda. «L’obiettivo del terrorismo fondamentalista internazionale è
distruggere il sistema sociale americano o europeo. Con Osama e i suoi
luogotenenti non si potrà mai scendere a patti
. E’ la terza guerra mondiale
e finirà solo quando i nemici saranno distrutti».
Una guerra con qualche alleato a sorpresa. Halevy è convinto che Hamas
trasformato in movimento politico possa giocare un ruolo importante nel mondo
musulmano. «Osama ha cercato di avvinghiarli nel suo abbraccio e loro hanno
risposto "no grazie, siamo diversi"»
. Come scrive negli ultimi
capitoli dell’autobiografia Man in the Shadows (L’uomo
delle ombre): «Hamas e l’Hezbollah sono esempi del tipo di partner che le
società libere potrebbero essere costrette ad accettare
. Non sono due
opzioni ideali, ma non c’è mai una situazione perfetta. Alla fine dovremo
andare a cena con il diavolo, vigilando perché non ci avveleni il calice».

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